Italiener. Registri e star del cinema italiano in Germania negli anni venti

“Dopo i russi gli italiani rappresentano la colonia cinematografica più forte di Berlino”, osserva Ferruccio Biancini su Kines alla fine degli anni Venti1. Qualche mese prima Raul Quattrocchi scriveva sul medesimo foglio: “I buoni film attualmente prodotti in Germania sono il 95% dovuti a régisseurs italiani”. E’ palese l’esagerazione ed è facile cogliere nell’osservazione un sottotono nazionalistico e provocatorio, in cui è avvertibile un riflesso del dibattito che si sviluppa animoso sul finire del decennio intorno alla rinascita del cinema italiano. Al tempo stesso l’osservazione rimanda a un fenomeno che contrassegna significativamente la vicenda del cinema italiano lungo gli anni Venti, al quale la storiografia complessivamente si è poco interessata2. Lungo gli anni ’20 sono numerosi i registi, gli attori, i tecnici che si trasferiscono all’estero; l’elenco è vasto e comprende molti fra i principali esponenti della produzione d’anteguerra. Il fenomeno è un riflesso della crisi in cui il settore precipita all’indomani della Grande Guerra, dopo il prestigio di cui il cinema italiano godeva nel mondo durante gli anni ’10.
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Per una storia politica dell’emigrazione

Cittadini del mondo? Gli esuli italiani del 1820-1821

1. Premessa

È il 19 maggio del 1843 e nel cimitero fuori dalla porta di Ninove, a Bruxelles, una folla muta compresa di dolore dà l’addio ad un esule italiano che si è suicidato in un canale. La salma è quella di Carlo Bianco, la folla è composta da belgi, italiani, polacchi e esuli di altre nazionalità. Carlo Bianco1 è una figura ben conosciuta del nostro Risorgimento, note sono le sue opere ma sulla sua fine le opinioni sono diverse e le motivazioni del suicidio vengono fatte risalire al malessere per l’ingratitudine della famiglia (e in particolare ad un difficile rapporto con il figlio Alessandro poi ufficiale dell’esercito sabaudo2) o alla difficile situazione economica, al sentirsi sommerso dai debiti3.
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