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Nazionalismo da esportazione: la guerra di Libia sulla stampa italiana in Argentina e Brasile

Il Cinquantenario dell’Unità d’Italia (1911) e l’emigrazione

a cura di Giovanni Pizzorusso

 

Federica Bertagna

 

Nazionalismo da esportazione: la guerra di Libia sulla stampa italiana in Argentina e Brasile

 

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Il 29 settembre 1911 l’Italia dichiarò guerra alla Turchia con l’obiettivo di annettersi la Tripolitania e la Cirenaica, due aree costiere del Nord Africa ritenute strategiche, e del resto le uniche ancora libere dopo che in luglio un accordo tra Francia e Germania aveva assegnato alla prima il protettorato sul Marocco1. Il mutamento degli equilibri nel Mediterraneo meridionale che venne così a determinarsi fu il pretesto dell’aggressione, ma le mire italiane sulle province dell’Impero ottomano, dopo essere rimaste per trent’anni congelate e consegnate al lavoro della diplomazia, almeno dall’inizio del 1911 non erano più un segreto per nessuno2.

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Stampa migrante. Giornali della diaspora italiana e dell’immigrazione

Interviste

 

Federica Bertagna intervista Pantaleone Sergi

 

Stampa migrante. Giornali della diaspora italiana e dell’immigrazione

 

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Pantaleone Sergi, per più di venti anni inviato speciale del quotidiano “La Repubblica”, fondatore e direttore del “Quotidiano della Calabria” e della rivista trimestrale “Comunicando – Osservatorio sull’Informazione nel Sud”, è Deputato di Storia Patria della Calabria e docente di Storia del giornalismo all’Università della Calabria.

È autore di numerose monografie, tra cui La “Santa” violenta (Premio Sila 1991); Le mie Calabrie (1993); Quotidiani desiderati. Giornalismo, editoria e stampa in Calabria (2000); Il quotidiano dei 57 giorni (2001); Gli anni dei Basilischi. Mafia stato e società in Basilicata (2003); L’informazione in Basilicata (2003, con Concetta Guido); Pane, Pace e Costituente. Una “Voce” socialcomunista in Puglia 1945-1947 (2004); Stampa e società in Calabria (2008); Storia del Giornalismo in Basilicata (2009). Con Ferdinando Cordova ha curato il volume Regione di confino. Calabria 1927-1943 (2005).

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Stampa migrante. Giornali della diaspora italiana e dell’immigrazione. Intervista a Pantaleone Sergi

Stampa migrante. Giornali della diaspora italiana e dell’immigrazione
Intervista a Pantaleone Sergi


 stampamigrantePantaleone Sergi, per più di venti anni inviato speciale del quotidiano “La Repubblica”, fondatore e direttore del “Quotidiano della Calabria” e della rivista trimestrale “Comunicando – Osservatorio sull’Informazione nel Sud”, è Deputato di Storia Patria della Calabria e docente di “Storia del Giornalismo” all’Università della Calabria.

È autore di numerose monografie, tra cui La “Santa” violenta (Premio Sila 1991); Le mie Calabrie (1993); Quotidiani desiderati. Giornalismo, editoria e stampa in Calabria (2000); Il quotidiano dei 57 giorni (2001); Gli anni dei Basilischi. Mafia stato e società in Basilicata (2003); L’informazione in Basilicata (2003, con Concetta Guido); Pane, Pace e Costituente. Una “Voce” socialcomunista in Puglia 1945-1947 (2004); Stampa e società in Calabria (2008); Storia del Giornalismo in Basilicata (2009). Con Ferdinando Cordova ha curato il volume Regione di confino. Calabria 1927-1943 (2005).

Negli ultimi anni le sue ricerche si sono estese anche alla stampa italiana all’estero, su cui, oltre a lavori dedicati in particolare a giornali stampati in Argentina (come i saggi Fascismo e antifascismo nella stampa italiana in Argentina: così fu spenta “La Patria degli Italiani”, “Altreitalie”, 35, 2007, e Tra coscienza etnica e coscienza di classe. Giornali italiani anarco-comunisti in Argentina “Giornale di storia contemporanea”, 1, 2008; e la monografia di prossima pubblicazione La Patria di carta. Un grande quotidiano e il giornalismo etnico in Argentina), nel 2010 ha pubblicato, per i tipi di Rubbettino, Stampa migrante. Giornali della diaspora italiana e dell’immigrazione in Italia. A proposito di quest’ultimo volume abbiamo rivolto allo studioso alcune domande.

 

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Per una storia politica dell’Emigrazione

L’emigrazione fascista e neofascista nel secondo dopoguerra (1945-1985)

1. Premessa
Fino ad alcuni anni fa in una rassegna sull’emigrazione politica italiana l’inclusione di un saggio dedicato agli espatri dei fascisti dopo il 1945 e al ruolo da essi svolto all’estero, nelle comunità di connazionali, sarebbe probabilmente stata considerata una bizzarria.

Dei fascisti emigrati si erano infatti perse completamente le tracce già pochi anni dopo la conclusione della seconda guerra mondiale, quando la vittoria democristiana del 18 aprile 1948 sancì la definitiva chiusura della resa dei conti con il fascismo in tutte le sue articolazioni legali e non (giustizia sommaria, processi per collaborazionismo, epurazione degli apparati dello stato). L’anticomunismo divenne la cifra dei nuovi governi centristi e l’antifascismo fu costretto sempre più sulla difensiva. Le responsabilità e le colpe individuali erano già state cancellate, in nome della pacificazione nazionale, dall’amnistia del giugno 1946; quelle collettive del paese durante il fascismo furono rimosse.
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La frontiera immaginata. Profilo politico e sociale dell’immigrazione italiana in Argentina nel secondo dopoguerra

La frontiera immaginata

Lucia Capuzzi, La frontiera immaginata, prefazione di Emilio Franzina, Milano, Franco Angeli, 2006, 351 pp.

 La frontiera immaginata. Profilo politico e sociale dell’immigrazione italiana in Argentina nel secondo dopoguerraUn paese, l’Argentina, di lunghissima tradizione immigratoria dalla penisola, al quale in circa dieci anni, tra il 1947 e la seconda metà degli anni Cinquanta, approdano oltre 400.000 italiani; una nuova fase, quella postbellica, nella storia delle migrazioni internazionali, caratterizzata dall’intervento massiccio dello stato nella gestione dei flussi; una documentazione ricca e in larga misura inedita, proveniente da archivi pubblici e privati, argentini e italiani. Sono gli ingredienti che consentono a Lucia Capuzzi di sbozzare questo originale “profilo politico e sociale dell’immigrazione italiana in Argentina nel secondo dopoguerra”, che ha il merito non piccolo di costituire il primo studio organico su una vicenda migratoria sin qui quasi trascurata dalla storiografia, nonostante la vicinanza temporale (o forse proprio a causa di essa, come suggerisce Emilio Franzina nella prefazione).

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