Anteprima nazionale di SORTINO SOCIAL CLUB, STORIE DI UNA COMUNITÀ SICILIANA EMIGRATA IN AUSTRALIA

Anteprima nazionale di
SORTINO SOCIAL CLUB, STORIE DI UNA COMUNITÀ SICILIANA EMIGRATA IN AUSTRALIA

di Giusy Buccheri

il 28 febbraio 2010 alle 19.00 si svolgerà a Roma l’anteprima nazionale del film documentario Sortino Social Club, Storie di una comunità siciliana emigrata in Australia.

La proiezione si terrà al Nuovo Cinema Aquila (via L’Aquila, 68 Roma) alla presenza della regista Giusy Buccheri e del produttore Federico Schiavi.

A presentare il film sarà il giornalista Alessandro Sortino. Seguirà un rinfresco e il saluto in musica della Titubanda Streetband, che ha eseguito le musiche del film.

L’evento, organizzato con il contributo della Presidenza del Consiglio Provinciale di Siracusa e del Comune di Sortino, è patrocinato da:
– Ambasciata Australiana
– Presidenza del Consiglio regionale del Lazio
– Provincia di Roma
– Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione del Comune di Roma
– Biblioteche di Roma
– Assessorato Regionale dei Beni Culturali e della Identità Siciliana
– Unione dei Comuni “Valle degli Iblei” 
– Ice, Istituto per il commercio con l’estero
E’ stato inoltre richiesto il patrocinio del Ministero dei Beni Culturali e del Ministero degli Affari Esteri.

Alla manifestazione, organizzata dall’Associazione culturale Pragmata, da Grió sinergie culturali e da Suttvuess, saranno presenti: l’Onorevole Nino Randazzo, Senatore eletto nella circoscrizione dell’Oceania, il Presidente del Consiglio Provinciale di Siracusa Michele Mangiafico, Francesca Alderisi, conduttrice e autrice del programma di Rai International Gran Sportello Italia, i rappresentanti degli enti patrocinatori, le associazioni di categoria italo-australiane, associazioni di emigranti, docenti ed esperti delle migrazioni.

IL FILM DOCUMENTARIO:
Sortino Social Club, Storie di una comunità siciliana emigrata in Australia
Sortino, Sicilia Orientale. Da qui più di 4000 persone sono emigrate in tutto il mondo dagli anni Trenta a oggiAggiungi un appuntamento per oggi. Circa la metà sono andati in Australia. Il 15 febbraio del 1954 si imbarcava Vastianina, con le due figlie, Sarina e Maria, per raggiungere il marito emigrato due anni prima in cerca di fortuna. Partiva per stare pochi anni, invece in Sicilia non è più tornata. Come lei tanti altri. Sortino Social Club è la storia degli emigranti sortinesi e della piccola comunità da loro costituita nei dintorni di Melbourne.

“Sono passati pochi decenni da quando gli emigranti eravamo noi. Migliaia di persone hanno lasciato il mio paese per cercare fortuna,moltissimi in Australia. Ogni Sortinese ha a Melbourne un pezzo della famiglia. Fra loro c’era la sorella di mia nonna. “Ma soru”, mia sorella, diceva spesso lei. Ne parlava come se fosse partita il giorno prima, e non la vedeva da quasi cinquant’anni. I suoi racconti hanno acceso in me la voglia di conoscere la storia di quella Sortino dall’altra parte dell’oceano, e di raccontarla”

Il film, presentato in anteprima nazionale al Nuovo Cinema Aquila, rientra nel progetto permanente AltreVisioniMondo, lo strumento con cui il Nuovo Cinema Aquila poggia il suo sguardo sui paesi e le cinematografie più lontane, o meno frequentate.

Migrazioni in area ticinese, tra pratiche transnazionali e geometrie identitarie (XVI – inizio XX secolo)

Migrazioni in area ticinese, tra pratiche transnazionali e geometrie identitarie (XVI – inizio XX secolo)

 

Luigi Lorenzetti, Università della Svizzera italiana, Mendrisio

 

 

 

1. Emigrazioni e transnazionalismo: le prospettive della storia alpina

 

Negli ultimi anni, un innumerevole numero di studi ha individuato nel transnazionalismo il tratto distintivo delle migrazioni contemporanee[1]. Connesse al processo di globalizzazione e alla diffusione dei moderni mezzi di comunicazione, esse avrebbero acquisito forme e contenuti inediti rispetto alle migrazioni del passato e in grado di esprimere forme identitarie fondate sulla bifocalità e sullo sviluppo di campi sociali che collegano in modo sempre più diretto i paesi di partenza e quelli di arrivo.

La prospettiva transnazionale, ampiamente seguita dai sociologi delle migrazioni, non ha mancato di suscitare riserve e critiche. Tra gli storici, in particolare, è stata più volte messa in dubbio la portata euristica del concetto, come pure la pretesa originalità storica del transnazionalismo di molte migrazioni contemporanee. In particolare, oltre ad evidenziare la difficoltà a definire i contorni e i contenuti delle identità transnazionali[2], sono stati evidenziati i rischi di “de-storicizzazione” della sociologia del transnazionalismo e la necessità di una più marcata attenzione alle somiglianze e alle differenze che caratterizzano i vari periodi storici[3]. D’altra parte, è stato sottolineato che nelle realtà migratorie non esistono (e non sono mai esistiti) soggetti definibili come transnazionali; il “transnazionalismo” si definisce e di esplica infatti attraverso “pratiche” espresse e messe in atto dal basso, dai comportamenti individuali, familiari e comunitari.

In breve, più che illustrare i contenuti storicamente inediti delle migrazioni contemporanee, il transnazionalismo, costituisce una chiave di lettura utile a mettere in risalto rotture e scarti nella storia delle pratiche migratorie[4] analizzando le diverse forme di relazione che collegano gli spazi di emigrazione e di immigrazione. In tale ottica, la lettura transnazionale può costituire un utile strumento per mettere in rilievo i fenomeni di lunga durata che costellano le migrazioni umane. Lo dimostrano gli svariati contributi che negli ultimi anni hanno portato nuova linfa agli studi sull’emigrazione alpina e al suo evolvere tra la prima età moderna e il XX secolo. Proprio dalle Alpi – area a cui appartiene il territorio ticinese oggetto di questa analisi – sono d’altronde scaturiti, in anni recenti, alcuni importanti impulsi alla storia delle migrazioni europee; impulsi che hanno alimentato il dibattito attorno alle connessioni – a volte esplicite, a volte più sottili e impalpabili – tra emigrazione e demografia[5], o a quelle tra emigrazione e organizzazione sociale[6], ma soprattutto attorno alla natura delle migrazioni che il ben noto assunto braudeliano aveva qualificato quali espressione della povertà e del sovrappopolamento.

Questi impulsi hanno inoltre permesso di mettere in rilievo molti aspetti inerenti i contenuti transnazionali di numerose esperienze migratorie alpine. Basti pensare all’intima relazione che lega i luoghi di approdo e di lavoro alle comunità di partenza dei migranti e, più specificatamente, alla stretta connessione economica e affettiva che sottende la divisione dei compiti fra gli uomini che partono e le donne che restano[7] o ai movimenti di ritorno che, come le partenze, sono scandite dagli innumerevoli progetti migratori e dalla loro connessione con le logiche della riproduzione familiare[8].

Su tale prospettiva, i flussi migratori sviluppatisi in area ticinese tra il XVI e il XIX secolo costituiscono un campo di analisi particolarmente esemplificativo. Pur accomunandosi in larga misura alle pratiche migratorie presenti in gran parte dell’area alpina italiana, in questa regione esse si caricano di particolari implicazioni, dettate dal suo percorso politico-identitario. Infatti, nonostante la dominazione elvetica – debole e superficiale – non abbia intaccato l’ordinamento politico e giuridico locale costituitosi in epoca comunale, le terre ticinesi dell’epoca moderna appaiono come un territorio “intermedio”; un’area italiana nello spazio svizzero, alla quale si sovrappongono delle identità composite, modellate dall’emigrazione e segnate dalla frammentazione e dai molteplici localismi. In questo contesto, partenze e ritorni concretizzano un “transnazionalismo integrato”[9] in cui il senso di appartenenza ai luoghi di origine è nutrito dai ritorni e dalle rimesse. È d’altronde attorno a queste ultime che si esemplifica con maggior chiarezza il diffuso transnazionalismo proprio dei flussi migratori alpini[10]. Una gestione che, lungi dal riguardare unicamente l’equilibrio (micro)economico delle unità familiari e delle comunità locali, mette in gioco anche i processi identitari e di autorappresentazione individuali e collettivi. Tale aspetto permette quindi di affrontare il tema del transnazionalismo delle pratiche migratorie mettendo a fuoco i legami, non sempre lineari, tra le pratiche transnazionali e lo “spazio vissuto” degli emigranti[11].

Prima di addentrarci più dettagliatamente nella questione, è tuttavia opportuno delineare i tratti essenziali del sistema migratorio dell’area ticinese e la sua evoluzione tra il XVI e l’inizio del XX secolo.

 

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