L’emigrazione friulana in Francia tra le due guerre

L’altra Tavagnacco. L’emigrazione friulana in Francia tra le due guerre, a cura di Javier Grossutti e Francesco Micelli, Tavagnacco, Comune di Tavagnacco, 2003, 238 pp.

L’altra Tavagnacco raccoglie gli Atti della giornata di studio tenutasi nel marzo 2000 presso l’Auditorium comunale di Feletto Umberto. Il titolo rimanda all’idea di una comunità all’estero, richiamando in tal senso il concetto delle “couples migratoires” di Pierre George, e sottolinea l’associazione tra area di partenza e una di arrivo. Nel caso degli emigrati di Feletto la cittadina di Montrouge, nella periferia sud di Parigi, rappresenta l’altro termine. La cosiddetta “Zone” era un’area libera, creata dall’abbattimento delle antiche fortificazioni a sud della Porte d’Orléans, dove s’insediarono i felettiani che lasciarono l’Italia attorno al 1926.
Nel libro la storia dell’emigrazione tra le due guerre è affrontata sotto diversi aspetti. L’argomento è trattato nella sua complessità, seguendo l’intrecciarsi delle strategie più specificatamente economiche e delle scelte politiche. Infatti, in questa comunità, l’emigrazione entre-deux-guerres si caratterizza per la forte presenza e lo stretto legame dell’elemento politico: è questo uno dei tratti di originalità colto dagli autori. Come spiega Emilio Franzina nell’introduzione: “nel mondo variegato degli studi sull’emigrazione si stanno facendo strada, di questi tempi, alcuni modelli o schemi interpretativi che sembrano dotati, e forse in parte lo sono, di un certo fascino, ma, soprattutto, di una carica innovativa meritevole di attenzione anche se in apparenza dirompente rispetto alla tradizione consolidata di analisi più familiare agli storici attivi, a voler essere prudente nella stima, durante l’ultimo mezzo secolo”.
Le duecentoquaranta pagine de L’altra Tavagnacco appaiono strutturate su più piani: una presentazione di ampio respiro sull’emigrazione friulana e italiana nel suo complesso, con particolare attenzione al panorama politico e allo stato dell’arte, ed uno studio di carattere più specifico sulle scelte migratorie locali, approfondito da interviste. La trattazione si apre con un’analisi di Antonio Becchelloni sull’intreccio tra movimento migratorio e costruzione del movimento operaio, cui segue uno studio di Mariella Colin sull’immigrazione in Normandia fra le due Guerre. Becchelloni mette in rilievo come il ciclo migratorio verso la Francia sia dotato di una sua specificità. Riunisce infatti tre elementi distintivi. L’emigrazione di massa, caratteristica dell’ultimo quarto dell’ottocento, emerge come trasformazione di una mobilità già presente e ormai consolidata e perdura – quasi ininterrottamente – per circa un secolo fino agli inizi degli anni sessanta del novecento. Altresì, queste migrazioni dell’era industriale  iniziano in una fase delicata del rapporto tra Italia e Francia che, nel corso degli anni, diverrà più teso a causa delle rivalità e delle ambizioni dei due Stati e che, di conseguenza, influirà anche sul rapporto tra le popolazioni dei due paesi. L’ultima particolarità che contraddistingue quest’emigrazione di massa è che – malgrado una piccolissima sfasatura temporale – essa coincide con l’apparizione e l’affermarsi del movimento operaio organizzato.
L’articolo di Micelli introduce la situazione friulana in Francia presentando gli aspetti demografici, le congiunture economiche e le vicende migratorie friulane tra le due guerre attraverso un bilancio della letteratura sull’argomento. La prima guerra mondiale ha ridotto il Friuli in condizioni pessime e chiuso le tradizionali mete del lavoro migrante, Austria e Germania, al contrario la nuova meta francese si distingue per la possibilità di integrazione e di miglioramento della vita. Emigrare in Francia manifesta così un desiderio di muovere verso un paese più libero e rispecchia una diversa coscienza dei propri bisogni e delle proprie aspettative. Se prima del conflitto la stampa cattolica, studiata da Cristina Burchieri, non ha adottato particolari politiche, successivamente, davanti alle profonde trasformazioni sociali introdotte dalla guerra e accelerate dall’emigrazione, il clero ricorre a nuove strategie e a strumenti quali il Segretariato del Popolo e l’Opera Bonomelli.
Il saggio di Marco Puppini sull’antifascismo friulano dall’esodo in Francia alla guerra civile spagnola narra della alla guerra di Spagna. Tra i volontari spiccano intellettuali e dirigenti politici dei partiti antifascisti in esilio, ma la componente più cospicua di arruolati è di estrazione popolare: muratori, braccianti e contadini, che hanno vissuto le lotte del primo dopoguerra e hanno poi subito le violenze fasciste. La percentuale dei volontari italiani, stabilita sui residenti, fa emergere il Friuli come sede del maggior numero di arruolati rispetto alle altre regioni: 145 antifascisti diretti in Spagna su 755.732 residenti al censimento del 1921. Molti dei friulani che partecipano a questa guerra erano già emigranti in Francia sia per motivi economici, sia per sfiducia nei confronti dell’esperienza fascista. In questo senso il caso di Tavagnacco è rivelante. Testimonia infatti che, fin dall’inizio del Novecento, esisteva una forte organizzazione socialista, probabilmente dovuta alla prevalente estrazione operaia e contadina della popolazione. L’attività sindacale era animata dalla Lega Edile, guidata da Pietro Feruglio − detto Masut − personalità di spicco in tutta la Provincia. Dopo essere emigrato in Francia nella primavera del 1924, Masut organizzò nuove cooperative di lavoro con i compaesani: spesso infatti, una volta oltralpe, i legami familiari o di amicizia agiscono come collante e rafforzano una comune identità, talvolta anche politica.
La parte che riguarda più strettamente la storia locale poggia su una solida base documentaria frutto di una scrupolosa ricerca nell’Archivio comunale, incrociata con l’esame di alcuni fascicoli personali del Casellario Politico Centrale. L’utilizzo di questi due tipi di fonti è discusso rispettivamente nei saggi di Sabrina Francescatto (Le fonti archivistiche di Tavagnacco e la ricerca sull’emigrazione tra le due guerre) e Ariella Verrocchio (Emigrazione politica friulana in Francia durante il fascismo. Il caso Tavagnacco). La trattazione dei dati, ottenuti dall’incrocio tra fonte archivistica, orale e letteraria, e la considerazione di questi in relazione al contesto sociopolitico dell’epoca − friulano e nazionale −  è invece affidata a Javier Grossutti (Le scelte migratorie a Tavagnacco, Feletto Umberto e Pagnacco: fra Francia e Argentina (1919-1939)). L’indagine sulle schede del censimento, condotta dalla Francescatto e da Grossutti, ha evidenziato come nel decennio 1921-31 le migrazioni permanenti all’estero dal Comune di Tavagnacco, che allora contava più di 8.000 abitanti, fossero cresciute a 1.142 persone. Questa cifra, in proporzione ai 19 fascicoli del Casellario, fa capire che non tutti gli emigrati del Comune militassero attivamente nella sinistra. Anche se non possono spiegare tutta l’emigrazione da Tavagnacco, i fascicoli rimangono comunque un documento fondamentale per comprendere l’esperienza dell’inserimento nel tessuto economico parigino dei politicizzati felettani e friulani in genere. L’informatizzazione dei dati forniti dal CPC restituisce infatti 1.730 schedati nati nella provincia di Udine ed emigrati all’estero tra le due guerre.
In conclusione possiamo quindi dire che l’emigrazione tra le due guerre presenta una volontà di emancipazione che il caso di Feletto mette efficacemente in luce, grazie all’atteggiamento attivo – e politicizzato- dei suoi protagonisti.