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Beyond Barbed Wire – The Italian Question

 

Recentemente la casa editrice Guernica ha pubblicato un volume di racconti sull’internamento degli italiani come possibile quinta colonna nemica durante la seconda guerra mondiale (Behind Barbed Wire). Tale volume è accompagnato da e soprattutto è gratuitamente scaricabile in formato e-pub assieme a il suo gemello Beyond Barbed Wire. Quest’ultimo non raccoglie testimonianze letterarie, ma testimonianze documentarie accompagnate da saggi di taglio storico. Gli autori sono quindi chiamati a confrontarsi più strettamente con un dibattito storiografico che ha già più volte segnalato come l’internamento degli italiani non può essere sfruttato con tanta facilità per assicurare la patente di vittima agli immigrati italiani in Canada. Molti studiosi hanno da tempo dimostrato come la gran parte degli arrestati fosse effettivamente legata ai movimenti fascisti, magari per interessi materiali e non per scelta ideologica, e soprattutto come quelli che hanno lasciato memoria degli avvenimenti non fossero soltanto legati genericamente alle autorità consolari fasciste, ma informatori o agenti dell’OVRA.

Nel volume si cerca di scapolare rispetto a tali prese di posizioni e si afferma, da un lato, quanto fosse comunque ingiusta la sospensione dei diritti civili subita dagli immigrati e dall’altro, quanto questi fossero trattati con eccessiva durezza. A entrambe le obiezioni si potrebbe ribattere che in ogni caso erano cittadini di un paese nemico e che ben altra fu la durezza subita dagli internati tedeschi durante la prima e la seconda guerra mondiale e soprattutto dai giapponesi in quest’ultima. Tuttavia non vale la pena di impegnarsi in questa diatriba, anche perché il livello di molti degli interventi è straordinariamente lontano da qualsiasi pretesa scientifica.

Invece è interessante osservare come una parte degli italo-canadesi cerchi di avvalersi di quanto offerto da una società che vuole riparare le sofferenze di chi è stato ingiustamente accusato (al proposito si vedano i saggi raccolti da Martin Pâquet in Faute et réparation au Canada et au Québec contemporains. Études historiques, Québec, Nota bene, 2006). In particolare si deve seguire la ricostruzione di una memoria storica, che come tutte le memorie è al contempo “falsificata” e ulteriormente “falsificabile”, e il processo per il quale il passato è letta (anzi forzato) con gli occhi del presente, sovrapponendo 1940 i pregiudizi e gli interessi del nostro decennio alla comprensione degli avvenimenti e delle mentalità degli anni. Al proposito è notevole come alcuni autori del volume si rendano conto di quello che cercano di fare e quindi cerchino di pararsi le spalle invocando i principe eterni (e perciò atemporali) della morale, mentre altri non lo capiscano o forse se ne freghino altamente. In questo modo finiscono per corroborare quanto Giose Rimanelli ha scritto in Biglietto di terza (Milano, Mondadori, 1958) a proposito della comunità italiana in Canada rimasta nel suo cuore brutalmente fascistizzante e interessata soltanto ai più minimi vantaggi materiali e quindi della difficoltà di difenderla dagli attacchi dei razzisti canadesi.

In realtà il quadro non è poi così nero, o meglio non tutti gli intellettuali canadesi di origine italiana hanno queste tendenze. Al proposito ci soccorrono le interviste e i documenti raccolti in The Italian Question, sotto la regia di Sun-Kyung Yi e sulla base della ricerca archivistica di Judy Ruzylo e Luca De Franco. Qui le spinte per la revisione di questa vicenda italo-canadese sono inquadrate e criticate da studiosi più attenti alla vicenda storica (Gabriele Scardellato, Roberto Perin, Franca Iacovetta e Bruno Ramirez). Inoltre è ricostruita tutta la peculiare vicenda italo-canadese prima e dopo la crisi della seconda guerra mondiale, in modo da permetterne una migliore comprensione. L’attento progetto documentario è infine ulteriormente arricchito dai materiali presentati in un sito web trilingue: http://italianquestion.com. In effetti rispetto allo stucchevole revisionismo di una parte della cultura italo-canadese bisogna oggi rivolgerci a una generazione di cineasti e documentaristi capaci di darci un’altra prospettiva, ben più ricca e intelligente. La profondità anche storiografica di The Italian Question trova, per esempio, un notevole pendant nel precedente Ho fatto il mio coraggio di Giovanni Princigalli (produzione Héros Fragiles 2009), dove la vita degli italiani di Montréal dopo la seconda guerra mondiale è illustrata grazie alle interviste di lavoratori e lavoratrici di una certa età o già in pensione. Questi testimoni ci raccontano non soltanto il loro sforzo per guadagnare, ma anche il loro impegno politico, dalle lotte in fabbrica al volontario odierno, e soprattutto il loro indefettibile rifiuto di qualsiasi simpatia per il fascismo.