Un’economia aperta alla prova della grande guerra: i rimpatri degli emigranti nella fase di neutralità

1. Gli studi sul primo conflitto mondiale e sui suoi effetti sulle economie nazionali ne segnalano senza eccezioni il carattere di evento in grado di alterare le strutture economiche e sociali, modificando profondamente la direzione dello sviluppo e l’evoluzione politica dalla scala locale a quella internazionale .
Il caso dell’Italia è particolarmente interessante perché mostra come quella che all’epoca era decisamente, nonostante il protezionismo, una “economia aperta” , abbia visto mutare completa-mente le condizioni internazionali che ne consentivano non solo lo sviluppo, ma la stessa sopravvivenza economica, di fronte al coinvolgimento nel conflitto della maggior parte dei paesi con cui intratteneva relazioni di scambio commerciale, finanziario e migratorio. La scelta di neutralità inizialmente perseguita non resse agli sviluppi delle trattative diplomatiche, da un lato, ma anche e soprattutto agli effetti indiretti del conflitto sugli equilibri sociali interni.
Assieme all’afflusso di capitali esteri, soprattutto tedeschi, e alle spese dei turisti, le rimesse degli emigrati, come è noto, costituivano uno degli assi portanti che garantivano l’equilibrio della bilancia dei pagamenti dell’Italia giolittiana, impegnata nella prima fase del suo sviluppo industriale e costretta a importare non solo tecnologia e materie prime, ma anche beni alimentari, data l’incapacità dell’agricoltura nazionale di soddisfare la domanda interna di cereali. Accanto al flusso di denaro fresco garantito dall’emigrazione definita “permanente” verso i paesi transatlantici e verso mete più lontane , non trascurabile appare il ruolo di sostegno economico garantito a intere comunità nelle ampie regioni di confine caratterizzate da un’agricoltura povera dall’emigrazione cosiddetta “temporanea” .
Nei decenni precedenti la guerra, in molte zone di confine il fenomeno dell’emigrazione temporanea verso altri paesi europei era diventato strutturale. Questi migranti stagionali partiva-no spesso, con tempi segnati dai diversi mestieri, in primavera, per tornare di norma nel tardo autunno. L’effetto del conflitto sugli emigranti e sulle loro comunità di provenienza fu pesantis-simo, anche se fortemente diversificato a seconda di quanta e quale era l’emigrazione temporanea verso i paesi in guerra. La stagione migratoria, avviata come di consueto nella primavera del 1914 e già interrotta dalla mobilitazione in vista della guerra sin dal luglio, fu definitivamente chiusa dalle espulsioni successive alle dichiarazioni di guerra. Dal Belgio invaso, dalla Francia, dalla Germania, dall’Impero asburgico, dai paesi balcanici e dalla Russia, centinaia di migliaia emigranti ritornarono in anticipo nelle loro case, creando un problema di disoccupazione che non aveva precedenti nelle aree da cui provenivano . Più corretto è anzi dire che i rimpatri fecero emergere una disoccupazione fino ad allora nascosta dall’emigrazione temporanea . L’arrivo dell’inverno e l’aspettativa di una guerra breve contribuirono a creare un clima di attesa, che tuttavia non poteva durare a lungo. Quando la mancanza di reddito si sommò all’aumento dei prezzi del pane legato alle difficoltà di importazione dei cereali, le tensioni si esacerbarono, per sfociare infine in violente proteste nella primavera del 1915, quando avrebbe dovuto aprirsi la nuova stagione migratoria.
I tentativi delle istituzioni di comprendere e tenere sotto controllo una situazione che si era fatta rapidamente esplosiva sfociarono nella produzione di dati statistici utili a quantificare il fenomeno e a governarlo. Tali dati, sebbene costruiti seguendo procedure di elaborazione non ancora ben definite, fornirono in quel frangente alle istituzioni stesse la base per elaborare le loro strategie di risposta e contribuirono a diffondere l’idea interventista per cui l’Italia stesse soffrendo i disagi legati alla guerra senza poter eventualmente godere poi dei suoi frutti. Alla luce di tali dati e del degenerare della situazione, le classi dirigenti e la burocrazia modificarono infatti radicalmente, nel corso dei mesi che vanno da agosto del 1914 fino al maggio del 1915, le loro opinioni sulle soluzioni possibili. La crescente percezione di una situazione di emergenza sociale da parte delle autorità locali le spinse dapprima a chiedere l’intervento dello Stato e ben presto a considerare sotto una luce diversa la scelta di neutralità, predisponendole ad accettare l’entrata in guerra, e la conseguente militarizzazione dei territori di confine, come provvedimento necessario a uscire da una situazione fattasi intollerabile.
Nei paragrafi che seguono si prendono in esame i dati statistici pubblicati nella primavera del 1915 relativi agli emigranti italiani rimpatriati nei mesi immediatamente successivi allo scoppio della prima guerra mondiale. Questi dati fotografano una situazione eccezionale ed estremamente fluida, in cui inediti problemi di disoccupazione si ponevano ad una struttura amministrativa e istituzionale che non era preparata ad affrontarli. Qui le ragioni primarie dello sforzo di rilevazione condotto dall’Ufficio del Lavoro, sui cui intenti ed esiti si intende qui gettare un po’ di luce a partire da uno studio già pubblicato in precedenza .
Se l’iniziativa della rilevazione aveva carattere nazionale, è d’altra parte evidente che il fenomeno non fu territorialmente omogeneo, ed ebbe un’incidenza estremamente differenziata a livello locale: la geografia dei rimpatri mette in evidenza come questi fossero ben più massicci nelle provincie piemontesi, lombarde e venete più vicine ai confini del Regno. A partire dai molti studi locali si avanzano infine alcune ipotesi, che ulteriori ricerche potranno forse verificare, sulle trasformazioni di lungo periodo innescate dalla guerra nei territori dove più frequenti furono i rimpatri.

2. Come si è anticipato sopra, le dichiarazioni di guerra incrociate dei primi giorni dell’agosto 1914 tra Austria, Serbia, Russia, Germania, Francia e Inghilterra, l’invasione tedesca del Belgio e l’attacco francese in Lorena ebbero l’immediato effetto di creare il panico nell’attività economica, provocando un blocco della produzione industriale e gravi crisi di disoccupazione non solo nei paesi coinvolti nel conflitto, ma anche in quelli rimasti neutrali ma che, come l’Italia, intrattenevano intensi rapporti economici e commerciali con i belligeranti.
Nelle nazioni in guerra, la mobilitazione generale, che comportò il richiamo sotto le armi di un’ampia porzione della popolazione maschile in età lavorativa, ebbe l’effetto di rendere meno evidenti i problemi di occupazione creati non solo dal panico iniziale, ma anche dall’esigenza di riconvertire rapidamente la produzione a scopi bellici. La temporanea sospensione dei servizi ferroviari, utilizzati per esigenze militari, non poté d’altra parte che ritardare di poco più di una settimana il rimpatrio degli operai italiani ivi emigrati. Costoro in tempi normali in quei paesi “trovavano occupazione comunemente temporanea, più stabile in molti casi; alcuni di essi rimpatriarono perché impauriti dalla piega degli avvenimenti imprevisti, altri a causa della gravità della depressione economica che contrassegnò il primo periodo della guerra” .
Giuseppe Falciani, direttore generale dell’Ufficio del lavoro e dell’Ufficio di statistica, è molto esplicito nel presentare al ministro di agricoltura industria e commercio, Giannetto Casavola, il volume di dati statistici sui rimpatriati per causa di guerra e sulla disoccupazione pubblicato dall’Ufficio del lavoro nella primavera 1915. L’ondata di profughi, riversandosi sul mercato del lavoro “nel momento più critico di generale depressione economica, sconvolgeva i consueti equilibri, e coinvolgeva il nostro paese nelle conseguenze non meno disastrose, sebbene incruente, dello stato di guerra” . In queste circostanze, l’Ufficio del lavoro del Ministero di agricoltura e commercio (Maic) si trovò a fronteggiare una gravissima crisi dell’occupazione senza avere la possibilità di esercitare direttamente alcuna azione mediatrice di collocamento dei disoccupati, che avrebbe esorbitato dai limitati compiti di indagine e di studio assegnatigli . Quel che si poté fare fu avviare immediatamente una “rapida rilevazione di tutte le notizie sul fabbisogno di manodopera industriale e agricola”, la cui segnalazione potesse risultare “idonea a dirigere verso utile impiego le correnti dei disoccupati”. I dati raccolti furono pubblicati nel Bollettino quindicinale dell’Ufficio del lavoro.
L’intento di “cogliere nei momenti dinamici l’avvicinamento della domanda e dell’offerta di lavoro, al fine di esercitare possibilmente un’influenza mitigatrice dello stato di disoccupazione”, eliminando le possibili viscosità dovute a carenza d’informazione, era sottolineato da Falciani nella presentazione del volume dell’Ufficio del lavoro . Tale affermazione appare in continuità con la retorica liberale secondo la quale l’informazione statistica poteva da sola dare sollievo alla mancanza di lavoro, che altro non era che un fenomeno “frizionale”. Tuttavia Falciani segnala nel testo anche il “proposito di illuminare gli organi competenti nella determinazione dei provvedimenti da prendere e dell’azione da svolgere” in maniera da rendere efficace la lotta contro una disoccupazione che ora assumeva carattere di emergenza . Si tratta chiaramente di un discorso che, nel tentativo di dare senso a un lavoro fatto in condizioni di emergenza, mescola la retorica ben nota sul ruolo informativo dei dati statistici con un nuovo linguaggio che prevede un ruolo ben più attivo delle amministrazioni pubbliche.
Gli eventi dei mesi precedenti avevano infatti costretto l’Ufficio ad affrontare questioni inedite con strumenti inventati al momento. Cos’era accaduto?
Ben presto era apparso evidente che le notizie che il Bollettino quindicinale dell’Ufficio del Lavoro veniva pubblicando avevano carattere saltuario e limitato e soprattutto, provenendo da fonti diverse, non erano comparabili: l’insufficienza di simili rilevazioni per una valutazione attendibile della disoccupazione emerge chiaramente già nel riassunto sintetico bimestrale pubblicato nel Bollettino del 1 ottobre 1914. Per poter dare un’idea delle “condizioni di squilibrio del lavoro determinato dalla guerra europea” era necessario procedere ad una rilevazione apposita. L’Ufficio del lavoro organizzò dunque direttamente “un’inchiesta statistica sui rimpatriati allo scopo di ottenere i dati relativi al numero dei medesimi, alla loro distribuzione geografica, alla loro classificazione per sesso e per categorie professionali e alla loro condizione nei riguardi dell’occupazione” .
Ai Prefetti venne affidato l’incarico di distribuire “nei comuni in cui si aveva ragione di credere che esistessero rimpatriati a causa delle perturbazioni politiche internazionali, dei moduli, appositamente predisposti”, nei quali i funzionari di ciascun Comune dovevano indicare le cifre aggregate degli emigrati rimpatriati nel periodo compreso tra il 15 agosto e il 30 settembre 1914. I moduli furono poi riuniti ed elaborati presso l’Ufficio stesso. Accanto a questa, fu predisposta un’indagine complementare volta a quantificare in maniera indicativa anche il numero dei disoccupati per cause indipendenti dal rimpatrio e si raccolsero dati sulla spesa preventivata al 1 febbraio 1915 per opere pubbliche destinate ad ovviare alle conseguenze della disoccupazione . I dati raccolti furono infine pubblicati nel volume, già più volte citato, cui l’Ufficio del lavoro attribuiva valore di attualità ma anche “utilità prospettiva” in vista del momento in cui, “a pace compiuta, si vorranno studiare gli effetti della conflagrazione europea sul nostro bilancio economico-sociale” .

3. La responsabilità dell’elaborazione e del coordinamento del volume è attribuita nell’introduzione a Rafaele Pilotti, segretario presso l’Ufficio del lavoro . Ma la presentazione poco formale rivela quanto la sua compilazione dovette impegnare fortemente le energie e la reputazione dell’intero Ufficio. Fondato nel 1903, questo organismo aveva svolto una decennale azione di indagine e di informazione, sulla cui base il Consiglio superiore del lavoro aveva potuto stilare numerose proposte di legge e di riforma, il cui iter legislativo non aveva però nella maggior parte dei casi avuto esito positivo . Da questo punto di vista, anche il caso dell’indagine sui rimpatriati e sulla disoccupazione per causa di guerra non fa eccezione. Ispirata dalla consapevolezza di quanto l’emigrazione fosse stata nei decenni precedenti la vera valvola di sfogo per il sistema economico nazionale, caratterizzato da un strutturale squilibrio tra popolazione e risorse, la rilevazione ambiva anche, come si è visto, a fare il punto sui provvedimenti adottati.
A trarne spunto per suggerimenti relativi ad ulteriori azioni da intraprendere fu il presidente del Consiglio superiore del lavoro, Mario Abbiate, in un memoriale per il ministro steso poco dopo l’entrata in guerra . Tra le soluzioni prospettate in quel documento, centrale era il ruolo assegnato a una vera politica di collocamento della manodopera, che avrebbe potuto essere condotta con risultati efficaci solo in seguito all’istituzione di una rete di uffici circondariali e provinciali di collocamento, coordinati da un ufficio centrale posto alle dipendenze dello stesso Ufficio del lavoro. Fondamentale sarebbe stato poi il carattere tecnico del personale assegnato a tali uffici, che avrebbe dovuto essere costituito da dipendenti dell’Ufficio stesso e degli Ispettorati del lavoro.
La sottolineatura non era casuale: sin dallo scoppio della guerra europea nell’estate del 1914, per l’esecuzione dei provvedimenti riguardanti il lavoro, così come per altre questioni che di norma erano di stretta competenza degli organismi tecnici cresciuti durante l’età giolittiana, il governo aveva sistematicamente preferito ricorrere ai prefetti, cui era affidata l’interpretazione delle indicazioni legislative. Prevaleva insomma, nell’emergenza, il criterio “politico” su una prassi amministrativa che, sia pure recente, poteva ormai ritenersi consolidata.
La proposta di Abbiate cadde nel vuoto. Il Consiglio non si riunì più fino alla fine della guerra. Ma soprattutto, con l’entrata in guerra dell’Italia, la situazione era profondamente cambiata. Superata, grazie alla mobilitazione e alle esigenze di approvvigionamento e munizionamento dell’esercito, la grave disoccupazione che aveva contrassegnato l’autunno e l’inverno 1914, nonché la primavera del 1915, l’“alta congiuntura bellica” faceva passare in secondo piano i problemi del lavoro di fronte allo sforzo militare e produttivo della nazione .
La scarsa diffusione del volume di statistiche sui rimpatri pubblicato dall’Ufficio del Lavoro si può dunque collegare soprattutto al fatto che, poco più di un mese dopo la sua pubblicazione, l’emergenza legata alla disoccupazione fu superata dagli eventi . L’entrata in guerra dell’Italia, il 24 maggio 1915, poneva nuovi e più urgenti problemi all’amministrazione statale. Pochi studiosi tentarono di seguire l’evoluzione di aspetti specifici del fenomeno o di fare il punto sugli spostamenti demografici causati dallo scoppio del conflitto . Nel dopoguerra, gli eventi della seconda metà del 1914 furono messi in secondo piano dall’ottica dominante, concentrata sul problema di una stima più generale degli effetti soprattutto demografici del conflitto e dei trattati di pace sulle economie nazionali .
Non va tuttavia sottovalutato il ruolo che la mobilitazione per la raccolta e l’elaborazione di quei dati statistici, nonché la loro circolazione all’interno degli apparati pubblici, giocò nell’immediato, rafforzando indirettamente gli effetti della propaganda interventista sulle élites amministrative. Furono in particolare i prefetti, come già sottolineato sopra, a farsi carico dello sforzo di indagine e di interpretazione del fenomeno. Molte delle loro relazioni inviate al ministro nell’aprile 1915 segnalano infatti il nesso tra rimpatri, disoccupazione e tensioni sociali, e suggeriscono l’intervento in guerra come possibile via d’uscita . La tempestiva quantificazione ufficiale degli effetti della guerra europea sul mercato del lavoro nazionale contribuì a far percepire come disastrose le possibili conseguenze di una politica neutralista, che sembrava negare al paese gli eventuali vantaggi della vittoria senza preservarlo dai danni sociali ed economici derivanti dalla guerra.

4. Per lo storico, i dati statistici sui rimpatriati e sulla disoccupazione prodotti dall’Ufficio del lavoro appaiono interessanti anche in quanto risultato di un tentativo di cogliere nel momento stesso del loro verificarsi fenomeni di cui si avvertiva l’“importanza storica come episodi iniziali della nuova economia del lavoro nel periodo di guerra”, a prescindere dal fatto che l’Italia entrasse o meno militarmente nel conflitto . Si tratta inevitabilmente, data l’urgenza con cui fu compilata la pubblicazione, di dati poco elaborati. Di qui l’aspetto estremamente disaggregato con cui si presentano le cifre relative ai rimpatriati (divisi per sesso e per professione) nei compartimenti statistici (in gran parte coincidenti con le future regioni costituzionali), nelle provincie e nei circondari del regno.
Particolare attenzione veniva ovviamente prestata al fatto che i rimpatriati stessi avessero o meno trovato occupazione al 30 settembre 1914, data della rilevazione fatta a livello comunale. Proprio quest’ultimo dato appare tuttavia il più soggetto a mutare di significato a seconda dell’intervallo preso in considerazione. Se, nell’autunno del 1914, la disoccupazione dei rimpatriati appariva più elevata nell’industria che nell’agricoltura, nei primi mesi del 1915, “quando l’economia nazionale ebbe avuto l’agio di riaversi dalla crisi del primo momento e s’intensificò la preparazione militare” la proporzione finì per invertirsi completamente, come si sottolineava nell’introduzione al volume .
Le tabelle sono poi accompagnate da alcuni elementari termini di paragone, come la popolazione totale presente nelle località interessate dai rimpatri al censimento del 1911 e il numero di emigranti europei e transoceanici dalle medesime località nel 1913. A questi è parso opportuno aggiungere qui il confronto con un’ulteriore informazione tratta dal censimento del 1911: il numero degli assenti fuori dai confini del Regno al 10 giugno di quell’anno, data appunto del censimento. Questo dato rivela infatti una forte correlazione con l’entità dei rimpatri a livello territoriale, e suggerisce come la scelta stessa di rimpatriare fosse nella maggior parte dei casi l’anticipazione obbligata del rientro periodico di chi comunque manteneva forti legami con il territorio di provenienza, attestati dalla conservazione della residenza.
I dati raccolti nell’inchiesta dell’Ufficio del lavoro appaiono perciò interessanti non solo in quanto occasione per misurare l’entità di un importante fenomeno demografico di origine “politi-ca”, ma soprattutto perché consentono una valutazione disaggregata a livello territoriale del fenomeno stesso, che appare fortemente differenziato. In questa prima analisi delle cifre contenute nel volume si è appunto preferito privilegiare l’ottica geografica, concentrando l’attenzione sull’area veneto-friulana, meglio nota a chi scrive e di fatto la più interessata dal fenomeno (il 35, 8 % del totale dei rimpatriati rientra nelle provincie venete, Udine compresa).
Il diverso peso dei rimpatri, e la loro maggiore o minore prevedibilità, diventa evidente a un esame ravvicinato dell’importanza dimensionale del fenomeno dell’emigrazione e delle “assenze” dei residenti, dei rimpatri stessi e della conseguente disoccupazione in ambito circondariale.
Come la tabella in appendice illustra bene, un forte afflusso di rimpatriati nel 1914 appare correlato molto più con un’alta quota di assenti rispetto alla popolazione presente nel 1914 piuttosto che con un alto numero di emigranti verso i paesi europei nel 1913 . Questo dato suggerisce che i rimpatriati potessero essere per la maggior parte emigranti “temporanei” (che mantenevano la residenza nel comune di origine e che ritornavano periodicamente) piuttosto che emigranti “veri e propri” il cui espatrio fosse anche recente.
La guerra europea sembrerebbe dunque aver portato un danno decisamente maggiore a quelle economie locali connotate da un forte “pendolarismo”, laddove gli emigranti “temporanei” apportavano direttamente risorse, piuttosto che a quelle aree in cui l’emigrazione si configurava (a prescindere dall’importante fenomeno delle rimesse) semplicemente come un alleggerimento del rapporto tra popolazione e risorse, dove i rimpatri appaiono più contenuti. In prospettiva, i dati relativi agli assenti all’estero nel 1911, che il censimento presenta disaggregati a livello di frazione, potrebbero consentire di stimare a un livello più fine il significato del fenomeno, presupponendo una corrispondenza tra località connotate da forti assenze temporanee e zone di rimpatrio allo scoppio della guerra. Tale ipotesi risulta peraltro confermata da altre fonti, laddove si proceda a un’indagine più ravvicinata. Nei circondari di Bassano, Marostica e Asiago, in provincia di Vicenza, ad esempio, l’alto numero di rimpatri sembrerebbe poter essere quasi esclusivamente attribuito alla fortissima emigrazione temporanea che caratterizza i comuni della Valsugana e dell’altopiano di Asiago, fatti salvi i casi in cui i rimpatriati si concentrano in comuni diversi da quelli di residenza, che probabilmente offrono un primo riparo a chi non disponeva di un alloggio in famiglia . Lo stesso fenomeno sembra caratterizzare il circondario di Feltre, così come altre aree comprese nelle provincie alpine di Belluno, Udine, Novara, Como, Sondrio e Bergamo, nonché nelle provincie appenniniche di Pesaro e Urbino, Forlì e Macerata.
Da un lato, appare evidente l’impatto dei rimpatri sulle aree montane del paese. Peculiare a causa degli eventi successivi risulta peraltro la trasformazione che investe tutta la fascia di confine allora caratterizzata, senza soluzione di continuità, da intensi scambi di manodopera con i vicini territori dell’Impero austro-ungarico, ma anche con la Germania, attraverso questi o la Svizzera. L’interruzione di questi flussi stagionali a causa dello scoppio della guerra non fu altro che il primo di una serie di eventi che tra 1914 e 1918 vennero a sconvolgere un’economia locale tutta particolare, che trovava nel confine una risorsa polivalente (basti pensare, oltre all’emigrazione, al contrabbando). Da questo punto di vista, la storia delle Alpi trova certo nella prima guerra mondiale un fattore di forte discontinuità . A questo proposito, quel che appare più interessante è forse proprio il nesso tra la percezione dei fatti e le loro conseguenze. La percezione a livello nazionale, sia politico che amministrativo, degli effetti locali dello scoppio del conflitto europeo, mediata dalle pratiche di quantificazione messe in gioco dall’Ufficio del lavoro, influenzò in qualche misura la scelta interventista, i cui effetti sull’economia e sulla società delle aree di confine furono certo ben più pesanti e irreversibili.

APPENDICE:

Rimpatriati e disoccupati per causa di guerra nel 1914-15, emigranti nei paesi europei nel 1913, popolazione presente e assente nel 1911 nelle province italiane. Fonte: Ufficio del Lavoro, Dati statistici sui rimpatriati per causa di guerra e sulla disoccupazione, Roma, Tip. L. Cecchini, 1915.

Provincia Rimpatri Disocc. Pop. 1911 Em.eur. Em.trans. Em.1913 %rimpatri %emigr.
BL 27502 20683 235328 16536 2254 18790 11, 69% 7, 98%
UD 66880 44030 726445 33708 10345 44053 9, 21% 6, 06%
VI 26047 13258 520235 14268 5145 19413 5, 01% 3, 73%
BG 25467 16551 539491 13837 1810 15647 4, 72% 2, 90%
PU 11583 7372 276359 5279 3988 9267 4, 19% 3, 35%
CO 24849 18620 650976 15647 4276 19923 3, 82% 3, 06%
NO 25804 15618 781528 18839 5768 24607 3, 30% 3, 15%
TV 15680 8056 508161 9750 2091 11841 3, 09% 2, 33%
FO 9157 4854 308008 6743 2152 8895 2, 97% 2, 89%
MC 6345 3640 221860 2502 2467 4969 2, 86% 2, 24%
SO 3742 1164 140642 5248 1413 6661 2, 66% 4, 74%
TO 29957 11124 1226050 16053 11467 27520 2, 44% 2, 24%
PM 3713 1530 155000 953 323 1276 2, 40% 0, 82%
AR 6967 3840 292070 4698 1669 6367 2, 39% 2, 18%
PC 5982 3074 272061 2700 1930 4630 2, 20% 1, 70%
PD 10679 5720 528970 8877 1658 10535 2, 02% 1, 99%
VR 9663 4094 486274 9902 2308 12210 1, 99% 2, 51%
PG 12611 5555 712778 12469 5382 17851 1, 77% 2, 50%
BS 10191 5969 610447 10205 2047 12252 1, 67% 2, 01%
AQ 6888 2346 456931 4339 16344 20683 1, 51% 4, 53%
CU 9695 4693 673730 6446 6437 12883 1, 44% 1, 91%
PR 4517 3248 332111 4660 2087 6747 1, 36% 2, 03%
AN 4271 2961 328728 3323 4038 7361 1, 30% 2, 24%
FI 12207 4722 1009938 12343 2365 14708 1, 21% 1, 46%
MO 4325 2812 365584 2733 1681 4414 1, 18% 1, 21%
BO 6226 4551 586082 4969 932 5901 1, 06% 1, 01%
RE 3222 1294 318658 3321 1095 4416 1, 01% 1, 39%
CG 5344 4944 529862 2935 2468 5403 1, 01% 1, 02%
VE 4555 2850 467157 3149 529 3678 0, 98% 0, 79%
CR 3411 1794 353579 2972 519 3491 0, 96% 0, 99%
ME 5097 2845 545974 492 20252 20744 0, 93% 3, 80%
SR 4201 1867 504025 694 20087 20781 0, 83% 4, 12%
RC 3560 2251 470400 370 16865 17235 0, 76% 3, 66%
TE 2451 1730 327463 790 13377 14167 0, 75% 4, 33%
MN 2543 1198 353006 3446 1632 5078 0, 72% 1, 44%
SS 2427 1602 338319 2136 4735 6871 0, 72% 2, 03%
CS 5795 3498 829705 2334 28210 30544 0, 70% 3, 68%
PI 2356 1581 346559 2955 2141 5096 0, 68% 1, 47%
GR 997 491 148122 526 1259 1785 0, 67% 1, 21%
RA 1646 1215 247602 1993 343 2336 0, 66% 0, 94%
CB 2563 650 390135 408 13504 13912 0, 66% 3, 57%
MA 1777 1189 272719 1278 5963 7241 0, 65% 2, 66%
CL 2044 1045 355868 143 15256 15399 0, 57% 4, 33%
MI 9586 8272 1742764 11140 4882 16022 0, 55% 0, 92%
BA 4951 3571 918539 2023 24174 26197 0, 54% 2, 85%
RO 1355 537 261771 2265 1068 3333 0, 52% 1, 27%
CN 2734 2339 532725 238 19872 20110 0, 51% 3, 77%
CT 3958 1359 802535 880 19265 20145 0, 49% 2, 51%
PA 3130 2526 819391 1158 22364 23522 0, 38% 2, 87%
FG 1555 846 474736 319 10567 10886 0, 33% 2, 29%
LU 1098 959 339874 1153 8849 10002 0, 32% 2, 94%
SA 1876 995 588489 775 15374 16149 0, 32% 2, 74%
GE 3205 2336 1041786 1861 6291 8152 0, 31% 0, 78%
SI 678 175 244724 938 310 1248 0, 28% 0, 51%
AG 1057 223 413400 84 19830 19914 0, 26% 4, 82%
AP 591 164 267199 896 7304 8200 0, 22% 3, 07%
LI 293 281 133197 1155 269 1424 0, 22% 1, 07%
CH 850 273 400555 84 13192 13276 0, 21% 3, 31%
CZ 928 317 522620 172 18393 18565 0, 18% 3, 55%
RM 2142 767 1306514 1661 24301 25962 0, 16% 1, 99%
PV 771 347 517589 1889 6170 8059 0, 15% 1, 56%
TP 526 446 370562 730 24826 25556 0, 14% 6, 90%
AL 1120 408 819972 2226 11427 13653 0, 14% 1, 67%
LE 968 506 778229 1315 3439 4754 0, 12% 0, 61%
PZ 585 115 485911 429 15724 16153 0, 12% 3, 32%
FE 369 206 310210 1227 568 1795 0, 12% 0, 58%
NA 518 453 1309361 1306 7693 8999 0, 04% 0, 69%
AV 165 42 425334 90 13526 13616 0, 04% 3, 20%
BV 40 20 272121 49 9276 9325 0, 01% 3, 43%

Rimpatriati e disoccupati per causa di guerra nel 1914-15, emigranti nei paesi europei nel 1913, popolazione presente e assente nel 1911 nei circondari appartenenti alle province venete e friulane. Fonte: Ufficio del Lavoro, Dati statistici sui rimpatriati per causa di guerra e sulla disoccupazione, Roma, Tip. L. Cecchini, 1915.

Circondari Prov Rimpatri 1914 Disocc.
1914 Emigr.
eur.1913 Pop. pr.
1911 Assenti
1911 %
Rimpatri %
Em.eur. %
Assenti %
Disocc.
Agordo BL 4977 4159 2571 30046 6466 16, 56% 8, 56% 21, 52% 13, 84%
Belluno BL 9624 7730 5717 66800 11691 14, 41% 8, 56% 17, 50% 11, 57%
Feltre BL 7972 5564 4901 78894 13464 10, 10% 6, 21% 17, 07% 7, 05%
Longarone BL 1263 1165 1251 14622 2058 8, 64% 8, 56% 14, 07% 7, 97%
Pieve di C. BL 3665 2115 2095 44966 8856 8, 15% 4, 66% 19, 69% 4, 70%
Camposampiero PD 1029 477 17 61770 929 1, 67% 0, 03% 1, 50% 0, 77%
Cittadella PD 996 483 17 49860 1427 2, 00% 0, 03% 2, 86% 0, 97%
Conselve PD 406 81 7 34088 633 1, 19% 0, 02% 1, 86% 0, 24%
Este PD 1934 917 32 54643 1916 3, 54% 0, 06% 3, 51% 1, 68%
Monselice PD 1057 507 18 43280 592 2, 44% 0, 04% 1, 37% 1, 17%
Montagnana PD 2913 1799 49 41717 2616 6, 98% 0, 12% 6, 27% 4, 31%
Padova PD 1567 1026 26 195218 697 0, 80% 0, 01% 0, 36% 0, 53%
Piove di S. PD 777 430 13 48394 792 1, 61% 0, 03% 1, 64% 0, 89%
Asolo TV 1515 497 25 42427 2469 3, 57% 0, 06% 5, 82% 1, 17%
Castelfranco V. TV 1114 494 18 45234 1673 2, 46% 0, 04% 3, 70% 1, 09%
Conegliano TV 2106 1088 34 63338 1977 3, 33% 0, 05% 3, 12% 1, 72%
Montebelluna TV 2153 1289 35 54017 3599 3, 99% 0, 06% 6, 66% 2, 39%
Oderzo TV 1356 623 22 66008 1807 2, 05% 0, 03% 2, 74% 0, 94%
Treviso TV 2571 1420 42 145902 371 1, 76% 0, 03% 0, 25% 0, 97%
Valdobbiadene TV 1524 845 25 31771 1775 4, 80% 0, 08% 5, 59% 2, 66%
Vittorio TV 3341 1800 54 56464 3375 5, 92% 0, 10% 5, 98% 3, 19%
Cividale del F. UD 3876 2208 3311 67102 5220 5, 78% 4, 93% 7, 78% 3, 29%
Codroipo UD 1996 1369 68 31928 3022 6, 25% 0, 21% 9, 47% 4, 29%
Gemona UD 7912 3453 270 41500 9168 19, 07% 0, 65% 22, 09% 8, 32%
Latisana UD 1366 1239 47 25327 1660 5, 39% 0, 18% 6, 55% 4, 89%
Palmanova UD 1253 793 43 34178 2355 3, 67% 0, 13% 6, 89% 2, 32%
Pordenone UD 10767 6915 8126 159306 11786 6, 76% 5, 10% 7, 40% 4, 34%
S. Daniele del F. UD 6921 4881 236 47595 9031 14, 54% 0, 50% 18, 97% 10, 26%
San Vito al T. UD 2393 1679 82 44523 4576 5, 37% 0, 18% 10, 28% 3, 77%
Spilimbergo UD 6639 5293 227 48000 10347 13, 83% 0, 47% 21, 56% 11, 03%
Tarcento UD 7382 4291 252 41288 7984 17, 88% 0, 61% 19, 34% 10, 39%
Tolmezzo UD 11099 8563 7891 81020 17877 13, 70% 9, 74% 22, 06% 10, 57%
Udine UD 5276 3346 180 104678 5338 5, 04% 0, 17% 5, 10% 3, 20%
Chioggia VE 98 32 113 64680 389 0, 15% 0, 17% 0, 60% 0, 05%
Dolo VE 782 401 6 49057 213 1, 59% 0, 01% 0, 43% 0, 82%
Mestre VE 103 72 1 38622 0 0, 27% 0, 00% 0, 00% 0, 19%
Mirano VE 340 202 3 40512 434 0, 84% 0, 01% 1, 07% 0, 50%
Portogruaro VE 2075 1295 17 54000 1488 3, 84% 0, 03% 2, 76% 2, 40%
San Donà di P. VE 969 726 8 47825 657 2, 03% 0, 02% 1, 37% 1, 52%
Venezia VE 188 122 2 172461 0 0, 11% 0, 00% 0, 00% 0, 07%
Arzignano VI 700 244 16 32689 1477 2, 14% 0, 05% 4, 52% 0, 75%
Asiago VI 5026 2519 116 31493 4629 15, 96% 0, 37% 14, 70% 8, 00%
Barbarano VI 846 274 20 23139 980 3, 66% 0, 08% 4, 24% 1, 18%
Bassano VI 5137 3629 119 64000 5317 8, 03% 0, 19% 8, 31% 5, 67%
Lonigo VI 1644 543 38 43821 1324 3, 75% 0, 09% 3, 02% 1, 24%
Marostica VI 2384 1213 55 46020 3364 5, 18% 0, 12% 7, 31% 2, 64%
Schio VI 3420 2098 79 69903 3042 4, 89% 0, 11% 4, 35% 3, 00%
Thiene VI 1484 628 34 39992 1865 3, 71% 0, 09% 4, 66% 1, 57%
Valdagno VI 715 393 17 37182 1284 1, 92% 0, 04% 3, 45% 1, 06%
Vicenza VI 4691 1717 108 131946 515 3, 56% 0, 08% 0, 39% 1, 30%
Bardolino VR 630 393 13 24779 1917 2, 54% 0, 05% 7, 74% 1, 59%
Caprino Ver. VR 427 200 9 17391 0 2, 46% 0, 05% 0, 00% 1, 15%
Cologna Veneta VR 1006 418 21 28167 1073 3, 57% 0, 07% 3, 81% 1, 48%
Isola della Scala VR 294 40 6 44317 0 0, 66% 0, 01% 0, 00% 0, 09%
Legnago VR 732 300 15 49130 540 1, 49% 0, 03% 1, 10% 0, 61%
San Bonifacio VR 1171 410 24 43222 1786 2, 71% 0, 06% 4, 13% 0, 95%
San Pietro in C. VR 1406 900 29 32146 1304 4, 37% 0, 09% 4, 06% 2, 80%
Sanguinetto VR 202 109 4 26226 205 0, 77% 0, 02% 0, 78% 0, 42%
Tregnago VR 769 460 16 26824 829 2, 87% 0, 06% 3, 09% 1, 71%
Verona VR 2512 627 51 164531 4116 1, 53% 0, 03% 2, 50% 0, 38%
Villafranca di V. VR 514 237 10 29541 149 1, 74% 0, 04% 0, 50% 0, 80%

Rimpatriati e disoccupati per causa di guerra nel 1914, popolazione presente e assente nel 1911 nei comuni della zona di Bassano. Fonti: Archivio comunale di Bassano del Grappa, Militare, 12, 1914; Censimento della popolazione del Regno al 10 giugno 1911: popolazione legale dei singoli Comuni del Regno (…) e popolazione di fatto, Roma, Tipografia delle Mantellate, 1912.

Comuni Rimpatriati Pop. 1911 Assenti 1911 %rimp/pop
San Nazario 1500 3340 2347 993 44, 9%
Varovina 350 1560 1309 251 22, 4%
Campolongo 200 1058 943 115 18, 9%
Enego 800 4678 3802 876 17, 1%
Foza 280 1680 1395 285 16, 7%
Lusiana 800 5511 4652 859 14, 5%
Crosara 400 3104 2880 224 12, 9%
Valstagna 600 4670 3770 900 12, 8%
Conco 700 5519 4422 1097 12, 7%
Pove 200 2221 1856 365 9, 0%
Solagna 200 2500 1251 1249 8, 0%
Asiago 500 6776 6534 242 7, 4%
Vallonara 200 2890 2502 388 6, 9%
Cismon 200 3273 2755 518 6, 1%
Gallio 200 3309 2789 520 6, 0%
Cartigliano 120 2235 2143 92 5, 4%
Romano 200 3802 3673 129 5, 3%
Tezze sul Brenta 250 5007 4853 154 5, 0%
Pianezze 50 1156 1091 65 4, 3%
Breganze 150 5408 5171 237 2, 8%
Cavaso 100 3900 3258 642 2, 6%
san Zenone degli Ezzelini 107 4389 4263 126 2, 4%
Nove 60 2538 2418 120 2, 4%
Pozzoleone 30 1966 1905 61 1, 5%
Marostica 80 5529 5403 126 1, 4%
Mason 40 2815 2613 202 1, 4%
Rossano 59 4223 4150 73 1, 4%
Bassano 126 17130 17161 -31 0, 7%
Mussolente 25 3415 3217 198 0, 7%