Documenti dell’Archivio Storico del Vicario sui cattolici delle regioni nordatlantiche in Roma

In questo contributo presento una rassegna di documenti dell’Archivio Storico del Vicariato di Roma su collegi, chiese, comunità religiose, famiglie e individui di origine nordatlantica[1]. È il risultato di un lavoro pionieristico, che certamente richiederà altri e più approfonditi sondaggi. Come si dirà nelle pagine seguenti, i documenti individuati sono in massima parte novecenteschi, a conferma che nella Roma italiana i soggetti di provenienza nordatlantica trovarono maggiori opportunità di radicamento e stabilità. Meno cospicue sono risultate, invece, le fonti dell’età moderna inerenti all’argomento e tale esiguità potrà essere confermata solo attraverso uno spoglio sistematico dei fondi dell’Archivio.

 

  1. I documenti dell’età moderna e dell’Ottocento

Il primo e più importante sondaggio compiuto ha riguardato i fondi maggiori: quelli delle scritture parrocchiali (battesimi, matrimoni, morti e stati delle anime)[2], degli incartamenti matrimoniali (interrogatori dei testimoni e posizioni dei richiedenti le nozze)[3], delle sacre ordinazioni[4] e dell’istituto denominato Pia Casa dei Catecumeni e Neofiti[5]. Per rendere l’idea dei risultati conseguiti, riporto alcuni esempi: l’8 settembre 1778, Marta figlia di Guglielmo Grini “anglicano” fu portata al fonte battesimale di S. Andrea delle Fratte[6]; il 13 settembre 1731 Giovanni Lenz dell’“Anglia” si unì in matrimonio con l’irlandese Grazia Comins a S. Marcello al Corso[7]; il 6 gennaio 1728 il venticinquenne Giovanni Valpole Smilison di Londra morì, fu registrato nel libro dei defunti di S. Lorenzo in Lucina e fu sepolto a S. Clemente[8]. Altri dati si ricavano dagli stati delle anime. Ad esempio il pittore inglese Guglielmo (riporto i nomi nella forma data dalla fonte) abitante nel 1625 al Babuino, fu censito dal parroco di S. Maria del Popolo[9], mentre il pittore inglese Pietro, residente a vicolo di S. Isidoro nel 1679, fu registrato dal parroco di S. Andrea delle Fratte[10]. Nomi, cognomi, provenienze, professioni e altre notizie di natura personale, si trovano poi nelle posizioni matrimoniali. Interessante fu la vicenda della dama inglese Pembrok Sceymar, che contrasse gli sponsali con Charles Davis per verba de futuro a Londra, venne a Roma nel 1700, abiurò la fede protestante e celebrò il matrimonio cattolico[11]. Anche il possidente londinese Tommaso Pilcker abiurò nel 1829 la fede protestante nella cappella dell’inquisitore generale, fu assolto dalla scomunica e sposò con rito cattolico[12]. Gli stessi dati possono essere ricavati nei libri delle sacre ordinazioni. Ad esempio, l’8 aprile 1719, nella Basilica Lateranense, divennero preti quattro ordinandi del Collegio Inglese e uno del Collegio Scozzese[13]. Per le conversioni avvenute nella Casa dei Catecumeni e Neofiti menziono il caso dell’ebreo Salomon proveniente da Gibilterra, che nel 1766 ricevette il battesimo in S. Lorenzo in Damaso[14].

Meritano di essere citate, anche, le raccolte dei Decreti e degli Atti della Segreteria del Tribunale del Cardinale Vicario. Vi si trovano le richieste dei sacerdoti non incardinati di poter celebrare la messa o degli ordinandi di essere ordinati in sacris dopo aver dimostrato di possedere l’indispensabile patrimonio. Segnalo le pratiche dell’irlandese Giuseppe Broughall di Kildare, che nel 1829 ottenne il rilascio della “pagella onde poter liberamente celebrare la santa messa”[15] e dell’inglese Henry, baronetto di Trelawney, nato nel Devonshire nella provincia di Cornwall, che costituì il suo patrimonio per l’ordinazione diaconale con i redditi del suo asse ereditario[16].

Altre informazioni si traggono da volumi, faldoni e fascicoli non direttamente attinenti alle comunità o agli istituti nazionali dell’area nordatlantica, ma riguardanti persone e paesi di quella regione, come nel caso del progetto di “réunion des Églises Gallicane et Anglicane” discusso nel 1722 dai dottori della Sorbona[17]. Nel volume che conserva il detto documento vi è una lettera del 17 aprile 1704 di Giovanni Clemente Gordon, vescovo scozzese “eretico” passato al cattolicesimo, con la quale si pose la questione se la sua ordinazione dovesse essere considerata valida (l’esito fu negativo)[18]. In un altro volume, invece, si trovano gli atti dell’inchiesta ordinata da Innocenzo XI nel 1682 sulla presenza degli eretici nelle parrocchie della città. Dei tanti resoconti stilati segnalo quello del parroco di S. Lorenzo in Lucina contenente la “nota delli luterani” compresi gli inglesi e gli scozzesi[19]. Sempre a riguardo dei depositi non direttamente attinenti all’argomento, si può menzionare il Fondo Reliquie, nel quale si trovano notizie su autentiche e donazioni di frammenti di corpi santi ritrovati nelle catacombe romane e consegnati alle diocesi. Come è stato recentemente affermato, nel 1881, una parrocchia di Boston ottenne le desiderate reliquie[20] e nel 1906 una signora americana vide soddisfatta la sua richiesta di un lembo di corpo santo, grazie all’interessamento di un’amica religiosa[21].

Nel Fondo Clero vi è un registro del 1806, nel quale si leggono i nomi dei sacerdoti residenti. Tra i presenti originari delle diocesi nordatlantiche (e del Sud America, come indicato in nota), furono registrati: l’inglese Giacomo Colli, ex segretario del cardinal Giovanni Rinuccini[22] e abitante a Palazzo Accoramboni in via della Scrofa, l’inglese Gioachino Connel, segretario giubilato del cardinal Rinuccini e anch’egli alloggiato in via della Scrofa, l’oriundo inglese Enrico Fermor, diacono beneficiato di S. Pietro in Vaticano, l’inglese Agostino Gefferson (più probabilmente Jefferson), abitante a via dello Stradone, l’irlandese Domenico Mc Donnauy (domenicano con abito di prete secolare), aio del conte Pappafava e abitante a via di S. Vincenzo, l’inglese Tommaso Mc Nallis (religioso secolarizzato), residente in via del Buon Consiglio, lo scozzese Paolo Mc Pherson rettore del Collegio Scozzese, lo scozzese Paolo Muxerson, anch’egli rettore del detto collegio, il londinese Alberto Smelt, ospite nel medesimo collegio e l’inglese Odoardo Waexs, canonico di S. Pietro[23]. Si veda, in successione, il “Registro de Preti Forastieri” del 1849-1856, nel quale furono annotati i sacerdoti secolari “per parte della Polizia”. Risiedettero o passarono a Roma 10 irlandesi, dei quali uno fu vescovo, 95 inglesi, uno scozzese, il vescovo di Vancouver Modesto Demers e 7 americani, tra i quali, anche in questo caso, uno fu vescovo[24]. Una certa sorpresa desta il registro dei “Sacerdoti domiciliati a Roma” tra il 1885 e il 1890, nel quale si incontrano pochissimi preti inglesi, irlandesi, scozzesi e americani domiciliati: il cardinale inglese Edoardo Howard, arciprete della Basilica Vaticana, gli inglesi Edmondo Stonor canonico in S. Giovanni in Laterano e William Whitmee rettore di S. Silvestro in Capite, gli irlandesi Giovanni Black studente, Michele Russel, Enrico O’Bryen professore, lo scozzese Giacomo Campbell (rettore del Collegio Scozzese), nonché il brasiliano Venanzio Ribeiro ospite al Caravita e l’americano Giuseppe Pomponey[25]. Va sottolineato, che si trattò di sacerdoti domiciliati, dunque stabilmente residenti.

Merita di essere menzionata la lettera del viceparroco di S. Maria ai Monti inviata il 5 aprile 1879 al segretario del Vicariato, nella quale è riportato l’esito dell’indagine compiuta sulla tipografia Alberto Chiera in via del Vantaggio 1/A, notoriamente a “servizio dei protestanti”. A corredo vi sono lettere di descrizione delle modalità di avvicinamento dei cattolici a scopo di conversione. Nel 1877 fu denunciato il caso di un individuo “condotto dai suoi amici in una adunanza dei protestanti”, convinto ad “apostatare la vera religione cattolica, apostolica, romana” per aderire “alla loro falsa ed eretica setta”. Considerato “come un vero socio, fu battezzato a seconda dei loro riti, partecipò alle loro cene, fu compagno nelle loro preghiere”, finché si pentì e chiese alla Sacra Penitenzieria di essere assolto dalle “censure nelle quali incorse”[26].

Nella serie degli Atti della Segreteria vi è un solo volume del Collegio Scozzese. Si tratta di un registro ottocentesco di entrate e uscite, dal quale si ricavano dati sulle proprietà, gli introiti, le spese, i rapporti e gli accordi economici intessuti dall’istituto con altri organismi, come l’Ordine di Malta, la Compagnia di Gesù, l’Accademia Teologica, le famiglie Borghese e Colonna[27]. Nel Fondo Clero, invece, vi è un faldone contenente un consistente mazzo di lettere, memorandum, appunti e prospetti sulle intenzioni di messe assegnate alla diocesi di Roma dall’Arcivescovado del Québec tra il 1910 e il 1923. Ogni mese il Vicariato, nella persona di monsignor Lodovico Schüller[28], prefetto dell’Ufficio IV “Amministrazione”, ricevette lettere di assegnazione delle elemosine e di cambio delle somme stabilite, firmate dal vicario generale del Québec monsignor Cyrille-Alfred Marois[29]. Di particolare interesse è la notizia data dal mittente canadese a monsignor Schüller il 19 luglio 1923, che un monumento avrebbe inneggiato “à la gloire du premier cardinal canadien, léminentissime cardinal Taschereau”[30]. Si può dire, che l’arcidiocesi del Québec venne a sostegno del clero romano e dunque della diocesi del papa con cospicui legati di messe[31].

 

  1. Le Visite apostoliche dei collegi nella prima metà del Novecento

Come è stato accennato, la maggior parte dei documenti individuati appartengono al Novecento. Si trovano perlopiù negli atti delle Visite apostoliche del 1904 e 1932[32].

Segnalo innanzitutto l’incartamento della visita compiuta dal domenicano Thomas Esser tra il 18 e il 26 gennaio 1906 del Collegio Inglese e del Collegio Beda[33]. Esser fu segretario della Congregazione dell’Indice e divenne visitatore apostolico per la sua padronanza dell’inglese: “condizione necessaria per ben disimpegnarsi” nell’incarico ricevuto[34]. La visita fu ritenuta indispensabile “per motivi assai gravi” denunciati dal cardinale protettore Serafino Vannutelli[35] e dal cardinale segretario di stato Rafael Merry del Val y Zulueta[36]. Nel corso dell’ispezione, il visitatore accertò che l’amministrazione dei beni era carente, che gli statuti erano antiquati, che gli ambienti erano insalubri, che il padre spirituale non vi dimorava, che il rettore monsignor Guglielmo Giles era inidoneo per l’età avanzata[37] e che gli alunni erano malcontenti. Il rettore sparse la voce che “il p. Esser era un cattivo visitatore”. Al termine della visita tutto restò come prima e anzi andò “peggio”. Il 30 maggio 1904, monsignor Giles rispose ai quesiti attinenti ai due collegi. Riassunse i dati storici essenziali: il Venerabile Collegium Anglorum de Urbe era stato eretto da Gregorio XIII nel 1579 con la bolla Quoniam Divina nella sede dell’ospizio-ospedale dei pellegrini inglesi[38]. Il Collegio Beda, invece, fondato da Leone XIII con motu proprio del 29 dicembre 1898, era nato in realtà nel 1852 per volontà di Pio IX nel Palazzo dei Convertendi, affinché si accogliessero i convertiti dall’anglicanesimo desiderosi di dedicarsi alle missioni nei propri paesi. Nel 1854/1855 l’istituto passò al Collegio Inglese e assunse il titolo di Collegio Pio[39]. Venne rifondato da Leone XIII sotto il patrocinio del Venerabile Beda. Alla data del questionario, il Collegio Inglese ebbe 26 studenti, mentre il Collegio Beda ne ebbe 14. Provennero da diocesi inglesi e si iscrissero al corso di filosofia al Collegio Romano. Gli alunni del Collegio Inglese vestirono sottana e soprana nera senza fascia e calzarono scarponcini senza fibbie, mentre quelli del Collegio Beda indossarono l’abito dei preti secolari. Tutti gli alunni del Collegio Inglese frequentarono le scuole della Gregoriana, mentre alcuni del Beda andarono a quelle di Propaganda Fide o dell’Apollinare. Usufruirono di una ricca biblioteca, che contò tra i 25.000 e i 30.000 volumi, dotata di cataloghi realizzati “per mezzo di cartoline”. I gradi accademici furono conseguiti alla Gregoriana, anche se per antico privilegio si poté riceverli in proprio. L’archivio restò secretato e il rettore tenne le chiavi. Per la sola parte antica vi fu “un dettagliato catalogo” (inventario) in 6 volumi in folio. Il confessore del Collegio Inglese fu il redentorista p. Luigi Palliola[40], di tanto in tanto sostituito da un religioso inglese o americano di Villa Caserta. Quelli del Collegio Beda scelsero liberamente il confessore. Il vitto fu salubre e la villeggiatura si svolse nella casa estiva di proprietà a Monteporzio Catone.

Altre informazioni si ricavano dai fogli dei legati di messe della chiesa di S. Tommaso degli Inglesi (di Canterbury)[41]. Ad esempio, risulta che il legato del cardinal Reginald Pole[42] fu fondato il 6 luglio 1565 dal cardinal Giovanni Girolamo Morone[43] nella veste di esecutore testamentario. Con la dote del legato, costituita da una casa in Borgo, poi venduta, fu eretta una cappellania con atto rogato da Simone Gugnetti, riconfermato da Nicola Rossi Angelini, entrambi notai del Tribunale del Cardinale Vicario[44]. Il cardinal Pole richiese la celebrazione di una messa quotidiana all’altare di s. Giovanni a suffragio della propria anima e di quelle dei suoi genitori[45]. Altri legati furono quelli del vescovo di Cassano all’Jonio monsignor Ludovico Audoeno (Lewis Owen, gallese), morto il 14 ottobre 1595[46] (negli atti della visita risulta che i 1.000 scudi del legato furono impiegati per acquistare il palazzo presso il collegio; l’esecuzione del legato fu fatta risalire al 22 gennaio 1597 e si dichiarò che ancora si celebrava l’anniversario il 14 ottobre), quello del vescovo di Worcester Richard Pates[47] (l’instrumento notarile relativo al legato recò la data del 17 aprile 1581, mentre l’anniversario si celebrò il 5 ottobre), quello del rettore don Luigi (Lodovico) English fondato il 28 luglio 1862 con l’obbligo di 23 messe annue per l’anima di Elisabeth Dalton e secondo l’intenzione di Isabel English, quello del cardinal Odoardo Farnese[48], reso esecutivo il 24 luglio 1626 in applicazione del testamento e con istrumento (il legato ascese a scudi 1.000 e l’anniversario fu celebrato il 21 febbraio, giorno della morte del cardinale nel 1626), quello di Alano Capi o Copi, risalente al 16 giugno 1579, istituito con atto del citato notaio Simone Gugnetti, con il quale fu donata una biblioteca et alia (l’anniversario della morte ricorse il 6 settembre), quello di Agnese Andreottinis del 1406 (con testamento legò tre case, poi alienate; si celebrò la messa nell’anniversario di morte il 19 ottobre), quello del re Giacomo III[49], fondato il 30 marzo 1726 con atto del notaio Quintili (non ebbe dote propria, ma rendite camerali; si celebrarono messe per l’anima del re e della consorte Maria Clementina Sobieska[50] e i suoi familiari all’altare del SS. Sacramento), quello della contessa Winefride de Nythesdale, risalente al 16 dicembre 1745. Nell’Ottocento gli oneri di messe furono ridotti.

La visita della chiesa di S. Tommaso di Canterbury avvenne il 23 novembre 1905 ad opera di monsignor Giovanni Battista Nasalli Rocca (futuro cardinale)[51], assistito dal cancelliere monsignor Giovanni Battista Menghini. Al termine dell’ispezione, il visitatore ordinò di porre sulla porta della chiesa lo stemma del papa regnante, di collocare il baldacchino pensile sopra l’altare maggiore, di rinnovare le sacre specie eucaristiche ogni otto giorni, di sistemare i banchi per gli alunni in forma di coro, di tenere l’olio per gli infermi in un apposito contenitore, di correggere la posizione dei sotto-quadri e dei quadri nel matroneo e nelle gallerie, di riunire le reliquie in una adeguata custodia e di attenersi alle disposizioni emesse per la tenuta e l’uso delle suppellettili. La chiesa appartenne al collegio (quella antica si trovò nel “medesimo sito rovinato poi dai Francesi” alla fine del Settecento). Il 6 febbraio 1866 Pio IX pose la prima pietra della nuova fabbrica eretta su progetto dell’architetto Virginio Vespignani[52] (subentrato a Edward Pugin)[53]. I fondi provennero principalmente dall’Inghilterra. Intanto, il collegio utilizzò “una graziosa e spaziosa” cappella, più tardi frequentata dagli alunni del Collegio Beda. Al termine dei lavori, la chiesa non fu consacrata, ma soltanto inaugurata[54]. Ebbe tre altari, mentre cinque si trovarono in galleria. L’altare maggiore, di legno, fu dedicato a s. Tommaso di Canterbury e al di sopra ebbe il quadro rappresentante la SS. Trinità, s. Tommaso e s. Edmondo (attribuito a Durante Alberti, estratto dall’antica chiesa). L’altare del Sacro Cuore, anch’esso ligneo, dorato e con tabernacolo, ebbe la propria immagine. L’altare dell’Immacolata, infine, come gli altri di legno e con doratura, ebbe pitture dedicate alla Beatissima Vergine. Secondo il questionario redatto dal monsignor Giles, nella galleria vi furono, come accennato, cinque altari: uno fisso e di marmo, quattro movibili con quadri e sotto-quadri, mentre nella cappella si trovò il solo altare dedicato al SS. Sacramento. L’organo, di manifattura inglese, fu posto nella galleria e fu “discretamente buono, benché un po’ vecchio”: Non vi furono sepolture, ma vi furono collocati i monumenti funebri traslati dalla chiesa antica (ad esempio i monumenti dedicati a Thomas Dereham[55] e al cardinal Christopher Bainbridge[56]; il rettore non citò quello di Martha Swinburne)[57]. Di rilevante portata storico-artistica furono i medaglioni di santi inglesi e gallesi e le riproduzioni dei quadri dipinti dal Pomarancio già esposti nella vecchia chiesa[58], incise in rame da Giovanni Battista Cavalieri nel 1584[59] (il documento parla erroneamente del 1583, realizzate cum privilegio Gregorii XIII “cagione principale della beatificazione di 54 martiri inglesi li 29 decembre 1886”). È noto, che furono esposte altre opere non citate nel documento[60]. Interessante è l’affermazione, che non essendoci balaustra, nel caso “rarissimo” che si desse “la comunione a donne”, si metteva “un banco fuori il coro”. Più condensate, ma ugualmente rimarchevoli sono le notizie fornite in seguito alla visita del 29 dicembre 1932[61]. Due anni dopo, il 29 maggio 1934, monsignor Paolo de Huyn, patriarca di Alessandria dei Latini, accompagnato dal convisitatore cancelliere monsignor Giulio Rossi, ripeté la visita del collegio. La cappella e la sacrestia furono trovate in ordine[62].

Il p. Esser entrò come visitatore anche nei Collegi Irlandese, Scozzese e Urbano di Propaganda Fide. Dall’istituto irlandese non pervennero lagnanze, anche se vi fu “qualche osservazione non favorevole”. Il rettore del Collegio Scozzese manifestò piena soddisfazione, mentre dal Collegio Urbano uscì un severo giudizio sull’operato del visitatore apostolico, che evidentemente si fece “influenzare dall’elemento anglosassone degli alunni più numeroso di ogni altra nazionalità”. Si diffuse il convincimento che il p. Esser non sapesse cogliere “le specialissime condizioni dell’istituto”, ragione per la quale non compì “una visita proficua”[63].

Rilevante fu la lettera che il 22 dicembre 1906 Esser scrisse a monsignor Michael O’Riordan, superiore del Collegio Irlandese in via Mazzarino[64]. Con essa, il visitatore dispensò elogi circa la pietà, la disciplina e gli studi degli alunni. Sotto la guida del rettore, gli alunni frequentarono con profitto le scuole di Propaganda Fide e approfondirono i loro studi nelle biblioteche interne: una grande accessibile su autorizzazione e una piccola con accesso libero. L’archivio fu ben custodito. Da notare, che ripetitore di filosofia e teologia fu il sacerdote romano e noto modernista Ernesto Buonaiuti[65].

La chiesa di S. Agata de’ Goti fu visitata il 31 maggio 1906 dal vescovo di Tebe monsignor Mauro Nardi, accompagnato dal cancelliere monsignor Roberto Marcucci, cerimoniere pontificio[66]. Consacrata secondo la tradizione da s. Gregorio Magno, non fu patronale. Il suo stato generale fu soddisfacente. All’interno vi furono tre altari: oltre al maggiore, vi furono quelli del SS. Sacramento e quello di s. Agata. Quest’ultimo ebbe l’effige della santa scolpita in legno dorato ed ebbe le reliquie di quattro sante martiri. Altre reliquie furono custodite separatamente e appartennero al collegio. Il visitatore ordinò il restauro delle pareti della chiesa e dell’altare di s. Agata e l’applicazione di una grata metallica al confessionale. Il 15 giugno 1934, monsignor de Huyn accompagnato dal cancelliere monsignor Rossi, visitò collegio e chiesa. Prescrisse interventi agli altari, la doratura di alcune suppellettili e l’autenticazione di diverse reliquie. Monsignor Francesco Beretti effettuò la visita di riscontro l’8 gennaio 1935[67].

Il p. Esser entrò nel Collegio Scozzese tra il 28 novembre e il 4 dicembre 1906. La storia del collegio cominciò il 5 dicembre 1600, quando Clemente VIII lo eresse con bolla In supremo per accogliere gli adolescenti scozzesi e formarli al sacerdozio[68]. Dall’Ottocento, il protettore fu il cardinale prefetto di Propaganda Fide. All’epoca della visita, il rettore fu lo scozzese monsignor Robert Fraser[69]. Il visitatore trovò 32 alunni divisi in 4 camerate. Vi entrarono con il consenso dei loro vescovi e generalmente provennero dal collegio di Blairs[70]. Vestirono una sottana paonazza con cintura rossa e soprana nera. Frequentarono i corsi della Gregoriana. Ebbero accesso alla biblioteca “secondo i termini della dispensazione data loro dalla S. Congregazione dell’Indice”. L’archivio fu ben custodito. Durante le vacanze, i seminaristi poterono tornare a casa oppure si recarono alla residenza estiva di Grottaferrata. Le rendite del collegio derivarono dall’affitto di una vigna a Marino, da un censo dell’Ordine Gerosolimitano, da vari luoghi di monte e da assegni della Congregazione di Propaganda Fide e dell’Elemosineria Apostolica.

La chiesa di S. Andrea degli Scozzesi in via delle Quattro Fontane fu visitata, invece, dal protonotario apostolico monsignor Pietro Piacenza[71], assistito dal cancelliere monsignor Menghini. Il 3 maggio 1906 monsignor Piacenza emise i decreti e diede disposizione che fosse decorata la facciata con lo stemma del pontefice regnante, che fosse fissato il tabernacolo dell’altare maggiore, che il baldacchino dell’altare fosse posizionato secondo le prescrizioni liturgiche vigenti, che il confessionale e gli altari della Beata Vergine e di s. Margherita fossero risistemati in modo conveniente. Definì soddisfacente lo stato generale della chiesa. Dalle “notizie e stato” dei legati risulta, che vi furono fondazioni di messe di don Alessandro Grant per le anime dei sacerdoti del collegio, del re Giacomo III per la sua anima e quelle della consorte e dei figli (legato del 21 marzo 1726), di Francesca Plummer per sé stessa (legato del 30 marzo 1864) e del sacerdote Michelangelo del Medico per l’anima del cardinal Charles Erskine[72] e di quella dei suoi parenti (legato del 12 giugno 1858). Il 9 aprile 1934, il citato monsignor de Huyn, sempre accompagnato dal cancelliere monsignor Rossi, entrò nella chiesa di S. Andrea Apostolo e nelle cappelle interne del collegio. Rilevò pochi interventi da compiere nelle cappelle e di adeguamento degli arredi sacri. Monsignor Beretti effettuò la visita di controllo il 12 gennaio 1935[73].

Segnalo a titolo informativo, che il Collegio Urbano di Propaganda Fide fu ispezionato dai detti visitatori il 13 aprile 1934, con accertamento in data 29 gennaio 1935[74].

Degli atti delle Visite apostoliche restano da richiamare quelli riguardanti il Collegio Canadese e il Collegio Americano del Nord. Nel 1906, in via delle Quattro Fontane, al numero 117, il visitatore monsignor Nasalli Rocca, assistito dal cancelliere monsignor Carlo Respighi, visitò il Collegio Canadese fondato dai sulpiziani di Montréal tra il 1885 e il 1888[75]. Il superiore dell’istituto fu il sulpiziano Georges Camille Clapin, nato a St. Hyacinthe nel Canada il 28 maggio 1857. Gli alunni frequentarono i corsi di filosofia e teologia a Propaganda Fide e di diritto canonico all’Apollinare. La chiesa del collegio, dedicata a s. Giuseppe, appartenne ai sulpiziani di Montréal, che la edificarono nel 1886 in via S. Vitale. Al di sopra vi fu la biblioteca, mentre al suo interno vi furono sette altari, reliquie e arredi sacri. Il visitatore dispose il consolidamento della “porticella” del ciborio all’altare maggiore, la collocazione del crismale su tutti gli altari, lo spurgo del “sacrario”, la sistemazione di piante e fiori, la decorazione della “scattola per l’ostia grande” sormontata da una crocetta e altri piccoli interventi. Nel 1934 (l’11 maggio), monsignor de Huyn accompagnato da monsignor Rossi ispezionò gli altari, i parati, gli arredi sacri e le reliquie trovandoli in condizioni soddisfacenti. Richiese lievi accorgimenti. Il 12 gennaio 1935 monsignor Beretti eseguì la visita di riscontro dell’esecuzione degli ordini emanati[76].

Il 16 febbraio 1905, il visitatore monsignor Giovanni Maria Zonghi[77], accompagnato dal cancelliere monsignor Alfonso Carinci[78], ispezionò la chiesa di S. Maria dell’Umiltà e il Collegio Americano del Nord[79]. La chiesa fu edificata a partire dal 1601 sulle pendici del Quirinale ad opera di Francesca Baglioni di Perugia[80], figlia di Pirro Baglioni e Caterina de’ Medici e vedova di Francesco Orsini. Ebbe annesso un monastero di monache domenicane, che lo lasciarono nel 1814 alle suore della Visitazione, costrette ad abbandonarlo nel 1849 durante la seconda Repubblica Romana. Nel 1859, per volontà di Pio IX, nel convento si insediò il Collegio Americano del Nord[81]. All’epoca della visita, il rettore fu monsignor Thomas Kennedy, protonotario apostolico, proposto dalla Commissione Amministrativa dei Vescovi d’America a Propaganda Fide e confermato da Leone XIII nel 1901[82]. Sotto la chiesa vi fu un antico cimitero murato e inaccessibile. Nell’unica navata si ersero quattro cappelle, ma gli altari non ebbero giuspatronato né reliquie e l’altare maggiore fu privilegiato perpetuo. Il visitatore stabilì che si dovesse modificare la lunetta per l’esposizione del SS. Sacramento, che si dovesse porre il crismale su tutti gli altari e che si sistemassero le suppellettili sacre secondo le disposizioni vigenti. All’ispezione della chiesa seguì la visita del collegio, che fu trovato “ben conservato”, pulito e con camere adeguate nella parte nuova verso piazza della Pilotta, mentre le camere dell’antico monastero della Visitazione, che formarono il nucleo principale del collegio, sembrarono “molto piccole”. Gli alunni furono 91 divisi in 9 camerate. Frequentarono le scuole di Propaganda Fide (cinque già sacerdoti studiarono al S. Apollinare e uno alla Minerva). La biblioteca detta antica fu costituita da volumi di teologia e filosofia e fu corredata da un catalogo manoscritto, arricchita da “altra grandissima biblioteca donata dal defunto sig. Heywood”[83]. Al termine dell’ispezione il visitatore dichiarò: “la chiesa è custodita con grande diligenza e proprietà. Gli arredi sono abbondanti ed in ottime condizioni. Gli alunni eseguiscono le funzioni con molta pietà ed esattezza anche nel canto”. Il 1 maggio 1934, monsignor de Huyn, ancora una volta accompagnato da monsignor Rossi, affermò che la chiesa di S. Maria dell’Umiltà era “tenuta con ordine esemplare e massima pulizia”. L’ispezione riguardò gli altari, la cappella dell’Immacolata, le cappelle secondarie. Del 12 gennaio 1935 fu la visita di controllo da parte di monsignor Beretti, accompagnato dal citato monsignor Rossi[84].

 

  1. La Visita apostolica delle case religiose e delle chiese del clero regolare

Agli inizi del Novecento il visitatore p. Luigi Palliola si recò alla sede delle Dame Inglesi di via 20 settembre[85]. La sua ispezione si concluse con un lusinghiero giudizio: “ottimo spirito religioso, perfetta regolarità, buon’armonia, saggio governo, e rigida osservanza dei voti. D’altra parte si ammira l’ardente indefaticabile zelo, con cui queste suore si dedicano a tante buone opere, per il bene spirituale soprattutto delle giovanette povere, che con edificante disinteresse senza ricompensa di sorta istruiscono nelle verità della fede, e nelle lingue estere salvandole così da lacci, che loro vengono tesi da protestanti”[86]. Le Dame Inglesi aprirono la loro casa il 13 novembre 1897 con autorizzazione della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari. Sita al primo piano di un edificio di proprietà dei signori Paolo e Francesco Calabresi, apparve tenuta “con semplicità religiosa”. Nella cappella non mancò nulla, le “cose di culto” furono giudicate in piena regola, le 9 coriste presenti provenienti dall’Inghilterra, Baviera e Svizzera e le 3 converse originarie della Baviera, si dichiararono soddisfatte della loro condizione, tanto che nessuna chiese mai “di uscire dall’istituto”. Pur essendo di “perfetta vita comune”, la congregazione non fu di clausura ed ebbe scopi di carattere educativo. Nel 1904, il protettore della casa fu il cardinal Andreas Steinhüber[87] (nominato da Leone XIII nel 1895). Nell’istituto, l’osservanza regolare non ebbe alcun “rilassamento”. Furono aperte 3 scuole: una per fanciulle di classi elementari e complementari con 70 alunne, una di lingue straniere, che riunì 120 allieve e una serale gratuita di lingue straniere per giovinette povere, iscritte in numero di 215. L’insegnamento fu esercitato dalle suore e da alcune donne esterne, nubili, coniugate, vedove. Obiettivo delle scuole di lingue fu quello di agire per “l’Opera della Preservazione della Fede”[88].

Palliola visitò, anche, le Domenicane Inglesi della SS.ma Eucaristia in via S. Martino ai Monti 17. La loro casa fu aperta nel 1893 da suor Maddalena McGhee, irlandese, “convertita dall’eresia anglicana”[89]. Poco dopo la conversione, la McGhee entrò nell’istituto delle suore dell’Assunzione, ma per ragioni di salute ne uscì per “ritornare nel mondo”. Alcuni anni dopo professò la regola delle Pallottine e diresse un asilo creato da p. William Whitmee[90], rettore di S. Silvestro in Capite, ma chiuso l’asilo per motivi finanziari, lasciò le Pallottine e fondò un suo istituto, che intitolò “Domenicane della SS.ma Eucaristia”. Aprì una casa a Roma e un’altra in Sabina, stabilì che la congregazione dovesse occuparsi dell’istruzione delle fanciulle povere e ottenne un’approvazione orale dal cardinale vicario Lucido Parocchi[91]. Dopo dieci anni di attività, l’istituto risentì dell’assenza di un decreto di fondazione rilasciato dall’ordinario diocesano o dalla Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari. Palliola osservò che dopo la morte del cardinale Parocchi venne meno il permesso ricevuto. Definì la McGhee donna di buona fede e riconobbe che “centinaia di fanciulle povere” avevano ricevuto beneficio dal suo zelo e dall’opera delle sue consorelle. Tuttavia, auspicò che “fossero approvate e poi dirette e coltivate nello spirito e nel governo domestico”.

Palliola andò, poi, in via S. Sebastianello 16, dalle Povere Ancelle della Madre di Dio (Poor Servants of the Mother of God). Il convento, detto “convento inglese” fu aperto nel 1886 dalla fondatrice della congregazione Madre Maddalena (Frances Margaret Taylor)[92]. Anche in questo caso l’autorizzazione ad aprire una casa a Roma venne data dal cardinale vicario Parocchi. Approvata definitivamente da Leone XIII il 19 luglio 1900, la congregazione ebbe come obiettivo principale quello “di condurre i suoi membri alla perfezione religiosa, di servire umilmente i poveri di Gesù Cristo e di adoperarsi in altre opere di zelo e di carità”[93]. Nell’anno della visita il protettore fu il cardinale Casimiro Gennari[94], nominato dalla Santa Sede nel 1901. Nella casa risiedettero 13 suore, tutte irlandesi, tranne un’inglese e un’italiana. Secondo le costituzioni, le novizie dovettero avere i seguenti requisiti: “buona sanità e riputazione, un certo talento, docilità, semplicità e riverenza verso i superiori”. La chiesa dove le religiose si riunirono fu quella di S. Giorgio e Martiri Inglesi (detta anche dei Santi Inglesi e delle Suore Inglesi), ispezionata da monsignor Nasalli Rocca. Eretta nel 1887 dall’architetto Carlo Busiri, non ebbe il rettore ma un cappellano, che all’epoca fu don Giuseppe Fiocchi, nominato dalle suore e approvato dal cardinale vicario. Di rilievo è la notizia, che si ricevettero donne protestanti desiderose di convertirsi alla Chiesa Cattolica. Palliola espresse giudizi solo parzialmente positivi. Nella sua relazione scrisse che prese individualmente, le suore furono “ottime, ma prese tutt’insieme”, come comunità, lasciarono “un po’ a desiderare”, perché si dedicarono soltanto “allo studio e all’insegnanza”. Sembrò che “si fossero fatte monache solo allo scopo di insegnare”. Di tutt’altro segno fu il giudizio di monsignor Beretti e di monsignor Ettore Baranzini convisitatori, che il 24 maggio 1932 riconobbero il merito delle suore “per la pulizia e l’ordine” con cui tennero la chiesa e gli arredi sacri. Il cappellano fu ancora monsignor Fiocchi, definito “zelantissimo”. I provvedimenti da attuare riguardarono la pietra sacra dell’altare mobile di s. Teresa del Bambino Gesù, gli ex voto, il piviale, la reliquia della S. Croce, le candelette votive, i registri delle offerte e delle messe[95].

Il parroco di S. Giovanni in Laterano, per competenza, andò nella Casa di Cura Little Company of Mary a via Santo Stefano Rotondo 6, dove dal 1907 vi fu un oratorio privato eretto per desiderio della madre superiora generale della Piccola Compagnia di Maria. Ricevuto l’indulto, affinché potessero aprire l’oratorio in una camera “nobile e decente” dove collocare l’altare dedicato al Cuore di Maria SS.ma, gli arredi liturgici e le suppellettili sacre, le religiose fondate da Mary Potter, chiamate “Suore Infermiere Inglesi” iniziarono le loro attività[96].

Il p. Palliola si recò, anche, dai Christian Brothers nel loro centro scolastico di via Firenze 10. Definiti “religiosi non sacerdoti”, ricevettero espressioni di plauso. Vennero dall’Irlanda “onde cooperare nell’opera della preservazione della fede”[97]. In quegli anni fecero “tanto bene colle loro scuole di lingue estere, salvando tanti ragazzi, che altrimenti sarebbero andati alle scuole protestanti”. Oltre alle scuole serali gratuite, i Fratelli Cristiani organizzarono corsi elementari e tecnici, sostennero le spese per professori di lingue, musica e disegno, ebbero i finanziamenti dalla casa madre in Irlanda per edificare una nuova casa e collegio (a Palazzo Menotti in piazza Cavour). Apprezzati per “l’eccellenza del loro metodo d’insegnamento”, godettero del consenso delle autorità e del favore delle famiglie. Si parlò di scuola anglo-italiana. A via Firenze aprirono la casa e le scuole nel 1900 con l’autorizzazione del cardinale vicario Pietro Respighi. La loro storia cominciò nel 1802 e il loro fondatore fu Edmund Ignatius Rice di Waterford. Ufficialmente furono riconosciuti e approvati da Pio VII nel 1820[98]. All’epoca della visita il superiore della casa fu fratel John Michael Costen, nato a Waterford nel 1858. Con lui vi furono altri tre religiosi: due irlandesi e un americano.

Il p. Esser visitò la casa dei Pallottini a S. Silvestro in Capite dal 5 al 9 febbraio 1906[99]. La casa appartenne alle clarisse fino al 1874, dopodiché un rettore del clero secolare la resse fino al 1887. Leone XIII la concesse alla Pia Società delle Missioni (Pallottini), con l’obbligo di provvedere ai bisogni spirituali dei fedeli di lingua inglese. I Pallottini persero l’abitazione nell’Ospizio Ecclesiastico dei Cento Preti e aprirono la nuova casa nel 1887, per iniziativa del rettore p. William Whitmee. Il fabbricato dipese dal governo, la maggior parte del monastero fu occupata dalla Posta Centrale e dal Ministero dei Lavori Pubblici. L’istituto, fondato da Vincenzo Pallotti[100] nel 1835, ebbe il fine “d’imitare N. S. Gesù Cristo nella sua vita nascosta e di pubblico ministero” per la propria santificazione e quella degli altri, mediante l’amministrazione dei sacramenti, la predicazione e l’istruzione “ai fedeli, infedeli e agli acattolici”. Nell’anno della visita, il cardinale commendatario fu Vincenzo Vannutelli[101]. Oltre al superiore p. Whitmee di nazionalità inglese, vi furono un procuratore generale inglese, un assistente sacerdote italiano e un fratello tedesco. La chiesa fu visitata successivamente, il 10 maggio 1906, da monsignor Mauro Bernardo Nardi, vescovo di Tebe e segretario della Sacra Congregazione della Visita Apostolica, assistito dal cancelliere monsignor Roberto Marcucci. La basilica (considerata, come è noto, la chiesa nazionale inglese)[102] fu retta da p. Whitmee, il quale venne nominato rettore nel 1887 dal Fondo per il Culto di Roma su presentazione del cardinale vicario Parocchi. Il visitatore dispose molti interventi correttivi e di restauro degli ambienti e di sistemazione degli altari e degli arredi e suppellettili sacre, nonché deplorò “l’introduzione inconsulta di molteplici devozioni, senza la debita approvazione ecclesiastica”. Quest’ultima osservazione ebbe una notevole rilevanza nel 1932, quando numerosi fedeli denominatisi “tutti i devoti di Roma” scrissero al cardinale segretario di Stato Eugenio Pacelli (in data 30 giugno) “col singhiozzo nell’anima” per supplicare che dalla chiesa di S. Silvestro non fossero tolte le statue della Madonna della Speranza e dell’Addolorata col Gesù morto in grembo, che “tanta devozione” avevano ispirato alla “pia Regina Margherita di Savoia”. I visitatori monsignor Beretti e monsignor Giovanni Battista Bressan, accompagnati dal cancelliere monsignor Giuseppe Calderari, cerimoniere pontificio, cinque giorni prima, pur trovando la chiesa in ordine e pulita, disapprovarono la presenza di statue in gesso e l’uso delle candele da parte dei fedeli. L’anno successivo, il 12 dicembre 1933, il cappellano maggiore della Casa di S. M. il Re, monsignor Giuseppe Beccaria, informò monsignor Beretti, che effettivamente il “gruppo della Pietà” era oggetto di visita dei reali, perché era stato fatto eseguire dalla compianta regina Margherita in accordo con l’allora rettore, il citato p. Whitmee, che fu il suo confessore.

 

Il gruppo, ordinato prima della morte del re Umberto I, nelle intenzioni della regina servì “a far pregare per la Donatrice e per la sua Famiglia”. Decadde l’ipotesi di apporre un’iscrizione “rogatoria” e si optò per una “semplice e più significativa In memoriam”. La ditta Rosa (poi Rosa-Zanazio &C.) eseguì il gruppo fatto di carton-pierre molto in uso in Francia, detto cartone romano, materiale approvato dalla Sacra Congregazione dei Riti nel 1830. La famiglia reale comprese le ragioni della Sacra Visita e accettò di far riprodurre il gruppo in legno “nell’identica forma”. Il rettore p. Hugh F. O’Connor si rese disponibile a realizzare il progetto, con l’impegno di collocare l’opera nel medesimo luogo dove era sempre stata[103].

Concludo con un riferimento agli atti delle visite della basilica di S. Clemente e del Collegio dei Domenicani Irlandesi. Il 5 maggio 1905, monsignor Raffaele Virili, vescovo di Troade, accompagnato dal cancelliere monsignor Carlo Respighi, si recò alla basilica di S. Clemente. Ordinò interventi correttivi all’altare della basilica inferiore e agli arredi sacri nella sacrestia. Proferì un severo monito alla Confraternita del SS. Rosario per la cura delle suppellettili, delle reliquie, delle immagini, dei libri e dei registri. Il Collegio di S. Clemente fu visitato il 28 giugno 1906. Come fu scritto nel questionario, la sua storia cominciò nel 1677. Ebbe il titolo de’ SS. Sisto e Clemente e fu di clausura. Al momento dell’ispezione ospitò 22 religiosi, tutti irlandesi tranne uno statunitense[104]. Al 31 marzo 1932 risalì, invece, la visita di monsignor de Huyn e monsignor Cesare Federici, i quali decretarono che la chiesa di S. Clemente fosse sottoposta a pulitura, al rifacimento dell’intonaco, al restauro del soffitto di legno dorato e lavorato. Oltre a vari interventi tecnici, richiesero la sistemazione degli altari e dei confessionali[105].

[1]           Sull’Archivio Storico del Vicariato di Roma, la sua storia e la sua consistenza cfr. Annibale Ilari, Gli archivi istituzionali del Vicariato di Roma, in Archivi e archivistica a Roma dopo l’Unità. Genesi storica, ordinamenti, interrelazioni. Atti del convegno: Roma, 12-14 marzo 1990, Roma, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali – Ufficio Centrale per i Beni Archivistici, 1994, pp. 114-152; Domenico Rocciolo, I documenti dell’Archivio Storico del Vicariato di Roma, “Archivi e Cultura”, XXVII (1995), pp. 47-63.

 

[2]           Sulle scritture parrocchiali, importanti fonti per la storia religiosa e sociale di Roma moderna e contemporanea, cfr. Claudio Schiavoni, Elencazione cronologica e luoghi di conservazione delle scritture parrocchiali romane dei battesimi, matrimoni, sepolture e stati delle anime (1531-1870), in Atti del seminario di demografia storica, I/II, Le fonti della demografia storica in Italia, a cura del Comitato Italiano per lo Studio della Demografia Storica, Roma, CISP, 1974, pp. 1031-1155.

 

[3]           Sul fondo delle posizioni matrimoniali cfr. Domenico Rocciolo, Roma patria di tutti. I matrimoni degli immigrati fra identità cittadina e identità sociale (secc. XVI-XIX), “Annali del Dipartimento di Storia dell’Università degli Studi di Roma ‘Tor Vergata’, Facoltà di Lettere e Filosofia”, 4 (2008), pp. 61-94.

 

[4]           Il fondo delle sacre ordinazioni costituito perlopiù dai registri delle ordinazioni generali e particolari, è stato studiato da Guerrino Pelliccia, La preparazione ed ammissione dei chierici ai santi ordini nella Roma del secolo XVI, Roma, Pia Società San Paolo, 1946.

 

[5]           Si tratta dell’Archivio della Pia Casa dei Catecumeni e Neofiti, un istituto creato da Paolo III nel 1543 per preparare al battesimo i convertiti dall’ebraismo e islamismo: cfr. Domenico Rocciolo, L’archivio della Pia Casa dei Catecumeni e Neofiti di Roma, “Ricerche per la Storia Religiosa di Roma”, 10 (1998), pp. 545-582.

 

[6]           Archivio Storico del Vicariato, Roma, S. Andrea delle Fratte, battesimi, 1772-1778, n. 852, f. 132.

 

[7]           Archivio Storico del Vicariato, Roma, S. Marcello, matrimoni, 1706-1781, f. 29v.

 

[8]           Archivio Storico del Vicariato, Roma, S. Lorenzo in Lucina, morti, 1725-1737, f. 59v.

 

[9]           Alla ricerca di “Ghiongrat”. Studi sui libri parrocchiali romani (1600-1630), a cura di Rossella Vodret, Roma, “L’Erma” di Bretschneider, 2011, p. 411.

 

[10]          La fonte è pubblicata da Laura Bartoni, Le vie degli artisti. Residenze e botteghe nella Roma barocca dai registri di Sant’Andrea delle Fratte (1650-1699), Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2012, pp. 300-301.

 

[11]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Posizioni matrimoniali, Ufficio II/I,1700, n. 49.

 

[12]          Fu sua intenzione di congiungersi alla vedova Elena Pantanelli, cfr. Archivio Storico del Vicariato, Roma, Posizioni matrimoniali, Ufficio III, 1830, n. 6.622. Nel fascicolo matrimoniale è conservato il testo dell’abiura in lingua latina.

 

[13]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Sacre Ordinazioni, 31, p. 60.

 

[14]          Wipertus H. Rudt De Collenberg, Le baptême des juifs à Rome de 1614 à 1798 selon les registres de la «Casa dei Catechumeni», troisiême partie: 1730-1798, “Archivum Historiae Pontificiae”, 26 (1988), pp. 222-223.

 

[15]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Decreti del Tribunale del Cardinale Vicario, 1829, f. 392. L’autorizzazione fu data dopo che Propaganda Fide attestò la buona condotta del sacerdote.

 

[16]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Decreti del Tribunale del Cardinale Vicario, 1830, f. 295.

 

[17]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Atti della segreteria, 7, ff. 115-123. Si tratta della trascrizione di una lettera scritta a Londra il 17 marzo 1722 e inviata a Parigi alla Sorbona, riguardante la proposta di provenienza irlandese di unire le due Chiese, progetto che trovò l’interessamento del vescovo di Waterford.

 

[18]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Atti della segreteria, 7, ff. 235-235v.

 

[19]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Atti della segreteria, 41, ff. 25-26. Si trattò di un “gentil’huomo inglese calvinista” censito in casa di un locandiere al Monte d’Oro, di tre inglesi trovati in una casa di strada della Croce, dei quali uno fu cameriere, di quattro scozzesi abitanti in un vicolo dei quali uno fu maggiordomo e un altro fu servitore, di un cavaliere inglese e di due scozzesi, dei quali uno fu maggiordomo, tutti residenti nella casa di un sarto nei pressi dei Condotti.

 

[20]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Fondo reliquie, 2, n. 620, fonte citata e discussa da Matteo Sanfilippo, L’affermazione del cattolicesimo nel Nord America. Elite, emigrati e Chiesa cattolica negli Stati Uniti e in Canada, 1750-1920, Viterbo, Sette Città, 2003, p. 187.

 

[21]          Sull’argomento vi sono due lettere di Suor Maria di S. Modesta Respighi del Buon Pastore, datate 28 dicembre 1905 e 2 gennaio 1906, cfr. Archivio Storico del Vicariato, Roma, Fondo miscellaneo, b. 4.

 

[22]          Deceduto nel 1801. Su di lui cfr. Gaetano Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, XXXII, Venezia, Tipografia Emiliana, 1845, p. 46.

 

[23]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Fondo clero, 61, ad vocem. Con la qualifica di americani furono registrati: Mariano Belasco, Pietro Duvaz, Giacomo Herrera (priore dell’Ospedale della Consolazione, Alesandro Mas (Convitto del Gesù), Antonio Patriotti (convittore nella Casa della Missione), Gioachino Ribeira (ex basiliano), Mariano Velasco (maestro in casa Ingami al Gesù), Gaetano Vergara (confessore delle monache di Morlupo e già cappellano dell’Ospedale di S. Giovanni) e Raimondo Vidella (al Convitto del Gesù). A questi si aggiunsero gli ex gesuiti americani: Giovanni Bermeo, Emanuele Colon, Francesco De Los Rios, Francesco Egues, Emanuele e Giacomo Errera (il secondo fu priore dell’Ospedale della Consolazione), Eligio Fernandez, Domenico Giles (Paraguay), Andrea Gonzales, Francesco Luis, Giovanni Martinez, Bruno Muscoso, Maddaleno Osio, Bonaventura Paradas, Ignazio Peres, Lorenzo Titaro, Nicola Valasques, Nicola Velasques e Paolo Viteri. Nel registro furono riportati i nomi degli ex gesuiti messicani: Giovanni Arrieta e Antonio Prendis e dei sacerdoti anch’essi messicani: Giovanni Sparza e Giorgio Vidaur.

 

[24]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Fondo clero, 62, ad vocem. Il registro è strutturato a rubricella. Si riportano i nomi nella forma della registrazione. Nella colonna della patria vi sono spesso dei vuoti e sulla base dei cognomi trascritti si può pensare che fossero sacerdoti provenienti dall’Inghilterra, dall’Irlanda e dalla Scozia. Non sono stati riportati nella lista e dunque sono stati esclusi dal computo complessivo. Furono censiti gli irlandesi: Giovanni Aiton, Roberto Bayle Masons, Giuseppe Betran (Dublino), Nicola Cacalan, Raimondo Griffeld; Giovanni Gallagher, l’arcivescovo Hughes, Pietro Loughlin, M. Manus, Bartolomeo Russel; gli inglesi: Enrico Bowles, Giorgio Browen, Brooke e monsignor Brady (non sono indicati i nomi), Giovanni Baillergeon, Cesare Borg, Paolo Breun, Guglielmo Bonnet (o Bonet, registrato due volte), Giacomo Chadwich (registrato due volte), Paolo Cussen, Tommaso Crowther, Giorgio Carnana (chierico), Ernesto Consolani, Martine Crane, Pietro Cotes, Cublin (senza il nome), Giorgio Cauleu, Guglielmo Clifford Hug, Giuseppe Cafault, Guglielmo D’Uncombe, Sebastiano Dewart, Giovanni Davies, Teofilo Duvoucher, Andrea Day, Beniamino Drury, Giorgio Deane, Luigi Ellul, Teodoro Echalapp, Edoardo Eades, Giovanni Flinn, Giacomo Gordon (registrato due volte), Eugenio Guignies, T. Gowan, Giovanni Girr, Giacomo Guerino, Giovanni Goodwin, Husseg (Londra), Carlo Harris, Giorgio Hodron, Frastings-Cordon, Guglielmo Hussey, Guglielmo Hoyan, Giorgio Harkness, Giorgio Herlonstall (segue Giorgio Heptonsall), Giacomo Harmann, Giovanni Hardie, Enrico Harris, Giovanni Houdart, Tommaso Kiropp, Lees (senza il nome), R. Leucaster, Giovanni Lecchmann, Carlo Monsell, Malan (senza il nome), Filippo Madain, Mc Navara (senza il nome), Murphy (senza il nome), Alessandro Mardoch, Roberto Mach, Gioacchino Mamo, Nadson (senza il nome), Tommaso Nelson (registrato due volte), Mattia Natali, Nussey (senza il nome), Giorgio Nelson, Tommaso Olliffe (Londra), Pregmer (senza il nome), Luigi Pavy, Giuseppe Passez, Giovanni Polling, Giovanni Roche, Tommaso Rooher, J. Reves, Sachilles (senza il nome), Stoking (senza il nome), Stuart (senza il nome), Southivell (senza il nome), Guglielmo Scotti, Giorgio Spenner, Giorgio Spencer, Campbell Smith, Smith (senza il nome), Nicola Wismann, Roberto Walite, Francesco Very, Whelan (senza il nome), Roberto Whit, Joachim Wals, Augusto Wood, Samuele Waldegrave, Giacomo Waglie, David Wilhinson, Tommaso Wilkinson, Gaetano Zarb, Francesco Zammit (chierico); lo scozzese Regbie (senza il nome), il vescovo di Vancouver Modesto Demers e gli americani: Carlo Francesco Baillergeon, il vescovo Mod. (?), Alonzo Miner, Enrico Orborn, monsignor Oliffe, Seth Bless, monsignor Terrigi (brasiliano).

 

[25]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Fondo clero, 63, pp. 31, 32, 98, 115, 119, 152, 154, 160, 161.

 

[26]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Atti della segreteria, nuova serie, 294. Nel fascicolo intitolato “Notizie su chiese metodiste e simili 1879” vi sono altri documenti interessanti, ad esempio sul ravvedimento e ritrattazione del giuramento del prof. Socrate Cadet e sulla conversione e monacazione delle sorelle Adelaide Lucia e Gentilina Maria Clementi.

 

[27]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Atti della segreteria, nuova serie, 323.

 

[28]          Nacque a Roma il 19 febbraio 1852 e divenne sacerdote nel 1874. Fu rettore dell’Istituto dei Catecumeni e Neofiti, deputato dell’Arciconfraternita della Dottrina Cristiana, impiegato nella Segreteria dei Memoriali, abbreviatore nella Cancelleria Apostolica, deputato per i monasteri e prefetto dell’amministrazione del Vicariato. Pubblicò numerose opere. Morì il 6 febbraio 1924, cfr. il necrologio in “Bollettino del Clero Romano”, V (1924) IX, pp. 142-143.

 

[29]          Divenuto sacerdote nel 1873, fu segretario del cardinal Elzéar-Alexandre Taschereau e dal 1890 vicario generale di Québec. Ricevette le nomine di prelato domestico e di protonotario apostolico, morì nel 1927, cfr. la voce Canada, “The Tablet”, 149 (1927, May 7), p. 634.

 

[30]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Fondo clero, 72, lettera contrassegnata con i numeri 206-207. Il monumento dedicato al cardinal Taschereau è celebre e rappresenta il primo e venerato cardinale canadese, molto amato dal clero locale e dai fedeli. Nato a la Beauce in provincia del Québec il 17 febbraio 1820, Taschereau divenne prete nel 1842 e vescovo del Québec nel 1871. Ricevette la porpora nel 1886. Morì il 12 aprile 1898, cfr. la voce Elzéar-Alexandre Taschereau, in Catholic Encyclopedia (versione on line). Sul suo ruolo per dirimere i conflitti interni agli ambienti ecclesiastici del Québec, cfr. gli accenni di M. Sanfilippo, L’affermazione del cattolicesimo, cit., pp. 195-200.

 

[31]          Sui rapporti tra Santa Sede e Canada tra Ottocento e Novecento esiste una vasta bibliografia. Si vedano tra gli altri i lavori di Roberto Perin, Rome in Canada: The Vatican and Canadian Affairs in the Late Victorian Age, Toronto, University of Toronto Press, 1990; Matteo Sanfilippo, Roman Archives as a Source for the History of Canadian Ethic Groups, in The Canadian Catholic History Association, “Historical Studies”, 60 (1993-1994), pp. 83-101; Inventario delle fonti vaticane per la storia dell’emigrazione e dei gruppi etnici nel Nord America: il Canada (1878-1922), a cura di Giovanni Pizzorusso e Matteo Sanfilippo, “Studi Emigrazione”, 116 (1994); Christine Hudon, L’histoire religieuse des régions du Québec: bilan et perspective, “Études d’Histoire Religieuse”, 67 (2001), pp. 33-45.

 

[32]          Sulle due Visite Apostoliche cfr. Fortunato Iozzelli, Roma religiosa all’inizio del Novecento, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1985, e Mario Benigni, La pastorale nelle borgate romane. Torpignattara tra il 1904 e il 1932, “Ricerche per la Storia Religiosa di Roma”, 3 (1979), pp. 181-218.

 

[33]          Notizie biografiche in Christian Tapp, Kardinalität und Kardinäle. Wissenschaftshistorische Aufarbeitung der Korrespondenz zwischen Georg Cantor und katholischen Theologen seiner Zeit, Stuttgart, Franz Steiner Verlag, 2005, pp. 297-311.

 

[34]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1904, fasc. 140. Sulla visita del 1904 e sulle ispezioni compiute dal p. Esser cfr. F. Iozzelli, Roma religiosa, cit., pp. 47-228.

 

[35]          Nato a Genazzano il 26 novembre 1834, divenne sacerdote nel 1860. Fu arcivescovo di Nicea nel 1869, ascese al rango di cardinale nel 1887. Nel 1893 fu arcivescovo di Bologna, quindi passò alla sede di Frascati. Divenne prefetto della Sacra Congregazione dell’Indice. Nel 1903 ebbe la diocesi di Porto e Santa Rufina e nel 1913 gli fu aggiunto il titolo di cardinale vescovo di Ostia. Morì il 19 agosto 1915, cfr. la voce in Harris M. Lentz III, Popes and Cardinals of the 20th Century. A Biographical Dictionary, Jefferson, North Carolina and London, McFarland, 2002, p. 195.

 

[36]          Nato a Londra il 10 ottobre 1865, divenne sacerdote il 30 dicembre 1887. Ebbe numerosi incarichi. Nel 1900 fu arcivescovo di Nicea, quindi nel 1903 divenne prosegretario di Stato. Elevato alla porpora, il 12 novembre fu nominato segretario di Stato. Morì il 26 febbraio 1930. Il suo profilo biografico è tratteggiato da Annibale Zambarbieri, Merry Del Val, Rafael, in Dizionario Biografico degli Italiani, 73 (2009, versione on line).

 

[37]          Monsignor Guglielmo Giles studiò al Collegio di S. Edmondo a Londra e alla Pontificia Università Gregoriana, dove si laureò in teologia, cfr. gli atti della Visita apostolica, f. 7.

 

[38]          Sul Collegio Inglese in Roma cfr. Michael E. Williams, The Venerable English College Rome: A History, Leominster, Gracewing, 2008; Mark Langham, The Venerable English College: A Short History and Guide, Rome, Venerable English College, 2009; The English Hospice in Rome, a cura di John Allen, Rome, Venerable English College, 2012.

 

[39]          G. Moroni, Dizionario, cit., LXXXV, Venezia, Tipografia Emiliana, 1857, pp. 198-199. Moroni scrisse che Pio IX fissò l’inaugurazione del nuovo collegio al 21 novembre 1852 e che lo stesso giorno di tre anni dopo, quindi nel 1855, fu trasferito al Collegio Inglese. Affermò, anche, che nel 1854 doveva essere spostato al Collegio Piceno, operazione che non ebbe luogo.

 

[40]          Nato a Nola il 4 aprile 1842, entrò fra i redentoristi, professò i voti il 28 aprile 1858 e divenne sacerdote il 14 maggio 1866. Dopo aver esercitato il suo ministero in Spagna, Inghilterra e Irlanda, dal 1898 al 1907 fu superiore e rettore di S. Gioacchino in Prati in Roma. Morì a Bishop Eton il 28 dicembre 1916, cfr. Salvatore Schiavone, Biografie manoscritte, vol. III, in Archivio della Provincia Napoletana del Padri Redentoristi in Pagani; F. Iozzelli, Roma religiosa, cit., p. 55.

 

[41]          Sulla chiesa sotto il titolo “SS. Trinità e S. Tommaso di Cantorbery degli Inglesi”, cfr. Mariano Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Roma, Tipografia Vaticana, 1891, p. 413. Vedi anche La chiesa del Collegio Inglese a Roma: la storia, il restauro, Roma, Gangemi, 2009.

 

[42]          Cardinale arcivescovo di Canterbury, fu uno dei maggiori protagonisti della Riforma cattolica. Su di lui la bibliografia è vastissima. Si veda la sintesi biografica e l’annessa bibliografia di Davide Romano, Pole, Reginald, in Dizionario Biografico degli Italiani, 84 (2015, versione on line).

 

[43]          Cardinale vescovo di Modena, Novara, Albano, Sabina, Palestrina, Frascati e infine Ostia, protagonista al Concilio di Trento e amico del cardinal Pole, venne processato dal S. Uffizio e assolto dall’accusa di eresia per aver partecipato al circolo degli spirituali. Vastissima è la bibliografia che lo riguarda; si veda il profilo biografico tratteggiato da Massimo Firpo, Morone, Giovanni, in Dizionario Biografico degli Italiani, 77 (2012, versione on line).

 

[44]          Simone Gugnetti fu notaio del Tribunale del Cardinale Vicario dal 1555 al 1590, mentre Nicola Rossi Angelini prestò servizio nel medesimo tribunale dal 1697 al 1736, cfr. Repertorio dei notari romani dal 1348 al 1927 dall’Elenco di Achille Francois, a cura di Romina De Vizio, Roma, Fondazione Marco Besso, 2011, p. 109.

 

[45]          Il padre Sir Richard Pole era morto nel 1505, la madre Margaret, contessa di Salisbury, condannata per tradimento, fu decapitata il 27 maggio 1541. In precedenza anche il fratello Henry fu giustiziato con l’accusa di tradimento. Sulla drammatica vicenda della contessa figlia di Giorgio Plantageneto, duca di Clarence e fratello dei re d’Inghilterra Edoardo IV e Riccardo III, poi beatificata come martire il 2 febbraio 1886 da Leone XIII, cfr. Hazel Pierce, Margaret Pole Countess of Salisbury 1473-1541: Loyalty, Lineage and Leadership, Cardiff, The University of Wales Press, 2003 (2a ed. 2009); Susan Higginbotham, Margaret Pole: The Countess in the Tower, Gloucestershire, Amberley Publishing Limited, 2016.

 

[46]          Wilhelm Van Gulik e Konrad Eubel, Hierarchia Catholica Medii et Recentioris Aevi, III, Monasterii, sumptibus et typis Librariae Regensbergianae, 1923, p. 156. Resse la diocesi dal 1588 fino alla sua morte.

 

[47]          Ibidem, p. 334. Resse la diocesi dall’8 luglio 1541 fino alla morte, probabilmente risalente al 1559.

 

[48]          Clemente VIII lo nominò protettore d’Inghilterra e dei collegi inglesi in Roma, cfr. Roberto Zapperi, Farnese, Odoardo, in Dizionario Biografico degli Italiani, 45 (1995, versione on line).

 

[49]          Su Giacomo Francesco Edoardo Stuart e il suo esilio in Italia, cfr. Edward Corp, The Stuarts in Italy, 1719-1766, A Royal Court in Permanent Exile, Cambridge, Cambridge University Press, 2011.

 

[50]          Principessa polacca, ebbe una vita tormentata, trascorsa in gran parte in Italia. Morì a Roma il 18 gennaio 1735. Su di lei cfr. Gaetano Platania, La politica europea e il matrimonio inglese di una principessa polacca: Maria Clementina Sobieska, Manziana, Vecchiarelli, 1993.

 

[51]          Figura di spicco della curia romana. Nel 1907 fu vescovo di Gubbio. Nel 1916 divenne elemosiniere segreto di Benedetto XV e assistente centrale della gioventù cattolica. Nel 1921 fu arcivescovo di Bologna e due anni dopo Pio XI lo creò cardinale. Si oppose al fascismo e di fronte ai comunisti seguì fedelmente le direttive di Pio XII. Morì a Bologna il 13 marzo 1952, cfr. F. Iozzelli, Roma religiosa, cit., p. 54; Giovanni Turbanti, Nasalli Rocca di Corneliano, Giovanni Battista, in Dizionario Biografico degli Italiani, 77 (2012, versione on line).

 

[52]          Su di lui e la sua infaticabile attività cfr. Clementina Barucci, Virginio Vespignani. Architetto tra Stato Pontificio e Regno d’Italia, Roma, Argos, 2006.

 

[53]          Il racconto della scelta compiuta tra i diversi progetti presentati lo fornisce Carol M. Richardson, Le chiese del Venerabile Collegio Inglese, in La chiesa del Collegio Inglese a Roma, cit., p. 78. Vespignani lavorò alla realizzazione del suo progetto fino alla sua morte nel 1882, il compito fu poi proseguito dal figlio Francesco.

 

[54]          C. M. Richardson, Le chiese del Venerabile Collegio Inglese, cit., p. 85. Fu inaugurata il 18 gennaio 1888 e formalmente non fu consacrata fino al 1981.

 

[55]          Nato nel 1678 e divenuto baronetto, si trasferì a Roma, dove operò in qualità di rappresentante giacobita. Fu molto amico di Clemente XII e del cardinal Andrea Corsini. Morì il 16 gennaio 1739. Il suo monumento funebre, datato 1739, fu opera di Ferdinando Fuga e Filippo Della Valle. Su di lui cfr. John Burke, A Genealogical and Heraldic History of the Extinct and Dormant Baronetcies of England, London, printed for Scott, Webster and Geary, 1838, p. 159. Sul monumento funebre cfr. Sara Marascialli, Il rilievo architettonico, in La chiesa del Collegio Inglese, cit., p. 171.

 

[56]          Arcivescovo di York, tutelò gli interessi inglesi presso il pontefice. Fu creato cardinale da Giulio II nel concistoro del 10 marzo 1511. Morì a Roma il 14 luglio 1514. Su di lui cfr. William E. Wilkie, The Cardinal Protectors of England: Rome and the Tudors Before the Reformation, London, Cambridge University Press, 1974, pp. 40-52.

 

[57]          Riportato da C. M. Richardson, Le chiese del Venerabile Collegio Inglese, cit., p. 82. Martha Swinburne, moglie di Henry Swinburne, autore di fortunate guide per viaggiatori nell’Europa meridionale, fu apprezzata per la sua conoscenza delle lingue, per la sua cultura e per i modi affabili. Morì a Roma il 9 settembre 1778, cfr. Judith Champ, The English Pilgrimage to Rome. A Dwelling for the Soul, Leominster, Gracewing, 2000, pp. 107-109.

 

[58]          Niccolò Circignani detto il Pomarancio (1530ca.-1597ca.) aveva realizzato affreschi con storie di martiri andati perduti, riprodotti sulle pareti del coro e del matroneo della nuova sede, cfr. Michele Cordaro, Circignani, Nicolò, in Dizionario Biografico degli Italiani, 25 (1981, versione on line). Vedi anche Paul Keane, The Martyr’s Crown: Rome and English Church, Ashford, Family Education Trust, 2009, e The Martyrs’ Cicle from the Church of the Venerable English College, Rome: A Translation and Commentary, Rome, Venerable English College, 2009.

 

[59]          C. M. Richardson, Le chiese del Venerabile Collegio Inglese, cit., p. 83; si trattò di copie dell’Ecclesiae Anglicanae Trophaea.

 

[60]          Si scorra il citato volume La chiesa del Collegio Inglese anche nella versione in lingua inglese: The Church of the English College in Roma: Its History, Its Restoration, Roma, Gangemi, 2009.

 

[61]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1932, fasc. 242. La visita fu compiuta dai monsignori Roberto Vicentini patriarca d’Antiochia, Francesco Beretti e Francesco Bracci, accompagnati dal cancelliere monsignor Capotosti. Nella posizione il questionario riporta notizie di grande interesse, ad esempio sui riti e sulle funzioni di culto, sullo stato della chiesa, sugli altari e sule decorazioni, sugli arredi sacri, sull’organo posto nella tribuna costruito dal Tamburini nel 1925. Il rettore fu Guglielmo Godfrey, nominato nel maggio 1930 da Pio XI.

 

[62]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1932, fasc. 1051.

 

[63]          In realtà gli atti della visita compiuta il giorno 5 aprile 1906 rimandano al visitatore monsignor Basilio Pompili, all’epoca uditore della Sacra Rota, assistito dal cancelliere Carlo Respighi, cfr. Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1904, fasc. 27. Dall’elenco degli alunni allegati al fascicolo risulta che nel collegio vi furono, tra gli altri, giovani statunitensi, scozzesi, inglesi e canadesi.

 

[64]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1904, fasc. 338. Il collegio fu fondato nel 1628 dal francescano Luke Wadding e dal cardinal Ludovico Ludovisi. Nel 1926 il rettore John Hagan decise di lasciare la vecchia sede alla chiesa di S. Agata de’ Goti e di trasferire il collegio nel nuovo complesso in via de’ SS. Quattro, cfr. The Irish College, Rome and its World, a cura di Daire Keogh e Albert McDonnell, Dublin, Four Courts Press, 2008. Sugli irlandesi a Roma nel corso dei secoli vedi Matteo Binasco, La comunità irlandese a Roma, 1377-1870. Il case-study storiografico, “Studi irlandesi. A Journal of Irish Studies”, 2 (2012), pp. 353-372.

 

[65]          La vicenda umana, intellettuale e sacerdotale di Buonaiuti, che si concluse con la scomunica è ampiamente nota. La bibliografia è vastissima. Per un rapido profilo biografico si veda la voce di Fausto Parente, Buonaiuti, Ernesto, in Dizionario Biografico degli Italiani, 15 (1972, versione on line).

 

[66]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1904, fasc. 338.

 

[67]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1932, fasc. 1052.

 

[68]          Brevi cenni storici sono forniti da Carlo Bartolomeo Piazza, Opere pie di Roma descritte secondo lo stato presente, Roma, Gio. Battista Bussotti, 1679, pp. 267-268, e G. Moroni, Dizionario, cit., XIII, Venezia, Tipografia Emiliana, 1842, pp. 211-213. La bolla è pubblicata nel Bullarum diplomatum et privilegiorum sanctorum romanorum pontificum taurinensis editio, X, Augustae Taurinorum, Sebastiano Franco et Filiis Editoribus, 1865, pp. 625-630.

 

[69]          Nato in Kennethmont, Aberdeenshire, il 10 agosto 1858, si laureò in teologia all’Università Gregoriana, fu professore a Blairs e divenne rettore del Collegio Scozzese in Roma nel 1897. Consacrato vescovo il 25 maggio 1913, ebbe la sede di Dunkeld. Morì in Dundee il 28 o 30 marzo 1914, cfr. Zeno Pięta, Hierarchia Catholica Medii et Recentioris Aevi, IX, Patavii, typis et sumptibus Domus Editorialis Il Messaggero di S. Antonio, 2002, p. 162.

 

[70]          Brevi cenni storici su questo collegio nei pressi di Aberdeen in John Ramsay McCulloch, A statistical account of the British Empire, II, London, Charles Knight, 1839, pp. 301-303.

 

[71]          Nacque a Castel S. Pietro nel 1847. Fu parroco a Firenzuola d’Arda, direttore della rivista “Ephemerides liturgicae”, membro della Congregazione dei Riti. Insegnò liturgia all’Apollinare. Morì a Piacenza nel 1919, cfr. F. Iozzelli, Roma religiosa, cit., p. 53.

 

[72]          Formato al Collegio Scozzese ricevette importanti incarichi curiali, tra i quali quello di inviato pontificio in Gran Bretagna durante la Rivoluzione francese. Una volta rientrato a Roma, Pio VII, il 3 febbraio 1801 lo creò cardinale pubblicandolo nel concistoro del 17 gennaio 1803. Ricevette la diaconia di S. Maria in Campitelli. Fu protettore di Scozia. Deportato a Parigi, vi morì il 20 marzo 1811, cfr. G. Moroni, Dizionario, cit., XXII, Venezia, Tipografia Emiliana, 1843, pp. 62-64.

 

[73]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1932, fasc. 1060.

 

[74]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1932, fasc. 1057. La chiesa dell’Epifania fu definita ricca e grandiosa nelle sue linee architettoniche, tenuta con il massimo ordine. Piccoli aggiustamenti furono richiesti per gli altari, per la cappella del Crocifisso e quella delle suore e per gli arredi sacri.

 

[75]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1904, fasc. 105. La storia del collegio è stata recentemente ricostruita da John E. Zucchi, The Pontifical Canadian College: An Enduring Tradition, 125 Years of History, Roma, ATS Italia, 2014.

 

[76]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1932, fasc. 1045.

 

[77]          Nacque a Fabriano nel 1847, compì i primi studi nel Collegio Illirico di Loreto, quindi entrò nel Collegio Capranica a Roma. Fu stenografo al Concilio Vaticano, minutante a Propaganda Fide, archivista alla Segreteria di Stato, presidente della Pontificia Accademia Ecclesiastica, arcivescovo di Colosse nel 1914 e consultore della Pontificia Opera della Preservazione della Fede. Morì a Fabriano il 9 agosto 1941; si veda il necrologio nel “Bollettino del Clero Romano”, XXII (1941) 8-9, pp. 99-100.

 

[78]          Nacque a Roma il 9 novembre 1862. Divenuto sacerdote il 19 dicembre 1885 divenne rettore del Collegio Capranica nel 1911 e canonico liberiano. Dopo vari incarichi ricevuti in curia, nel 1930 ricevette la nomina di segretario della Congregazione dei Riti. Il 15 dicembre 1945 fu promosso arcivescovo titolare dei Seleucia di Isauria e il 6 gennaio 1946 fu consacrato. Come vescovo più anziano partecipò all’apertura del Concilio Vaticano II. Morì a Roma il 6 dicembre 1963, cfr. Luigi Valentini, Monsignor Alfonso Carinci rettore del Capranica. Ricordi di un alunno, Rivista Diocesana di Roma», V (1964) 1-2, pp. 166-169.

 

[79]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1904, fasc. 43. Il collegio si trovò in via dell’Umiltà 30.

 

[80]          Su di lei si veda Domenico Bertucci, Istoria della vita, ed azioni di Francesca Baglioni Orsini, fondatrice del monistero di S. Maria dell’Umiltà di Roma dell’Ordine di S. Domenico, Roma, per Generoso Salomoni, 1753.

 

[81]          M. Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, cit., p. 260. Per la storia del collegio si vedano il recente volume The Pontifical North American College: Celebrating 150 Years of Priestly Formation in the Eternal City, Cincinnati, Making Everlasting Memories, 2010 e i più lontani Robert Francis McNamara, The American College in Rome, 1855-1955, Rochester-New York, The Christopher Press, 1956 e Aldo Cicinelli, S. Maria dell’Umiltà e la cappella del Collegio Americano del Nord, Roma, Marietti, 1970. Nel 1953 il collegio fu trasferito sulla collina del Gianicolo.

 

[82]          Nacque a Conshohocken in Pennsylvania il 23 marzo 1858. Fu rettore del collegio dal 1901 al 1917. Per volontà di Pio X fu consacrato vescovo di Hadrianapolis il 29 dicembre 1907. Il 17 giugno 1915 Benedetto XV gli conferì il titolo di arcivescovo assegnandogli la sede di Seleucia. Morì a Roma il 28 agosto 1917, cfr. Z. Pięta, Hierarchia Catholica, IX, cit., pp. 37 e 338.

 

[83]          La notizia del dono fatto da F. G. Heywood alla biblioteca del collegio, che fu trasferita poi in via del Gianicolo, è riportata, tra l’altro, dall’Annuario delle Biblioteche Italiane, II/3, a cura della Direzione Generale delle Accademie e Biblioteche, Roma, Fratelli Palombi, 1959, p. 22.

 

[84]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1932, fasc. 1041.

 

[85]          Si tratta della congregazione fondata nel 1609 dalla religiosa inglese Mary Ward, ispirata alla spiritualità ignaziana (le religiose furono chiamate gesuitesse), soppressa nel 1631 da Urbano VIII e poi approvata nel 1703 da Clemente XI con il titolo di Istituto della Beata Vergine Maria. Sviluppatasi in molte parti del mondo, solo nel 2003 poté adottare il titolo Congregatio Jesu voluto dalla fondatrice. Su Mary Ward e la sua congregazione nel Seicento cfr. Mary Ward und ihre Gründung, a cura di Ursula Dirmeier, Münster, Aschendorff Verlag, 2007 (in 4 volumi).

 

[86]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1904, fasc. 169. Le citazioni sono riportate in parte da F. Iozzelli, Roma religiosa, cit., pp. 220 e 235.

 

[87]          Nato a Uttlau l’11 novembre 1824 e gesuita, fu creato cardinale da Leone XIII il 16 gennaio 1893 e pubblicato in concistoro il 18 maggio 1894. Fu prefetto della Congregazione per le Indulgenze e le Sacre Reliquie e della Congregazione dell’Indice. Morì a Roma il 15 ottobre 1907, cfr. la scheda biografica in The New Schaff-Herzog Encyclopedia of Religious Knowledge, a cura di Samuel Macauley Jackson, IX, Grand Rapids (Michigan), Baker Book House, 1953, p. 75.

 

[88]          Sull’Opera voluta da Leone XIII e rifondata da Pio XI per arginare il protestantesimo e provvedere Roma di nuove chiese nella periferia in continua espansione cfr. Maria Paiano, Contro «l’invadente eresia protestante»: l’Opera della Preservazione della Fede in Roma (1899-1930), in Chiesa cattolica e minoranze in Italia nella prima metà del Novecento. Il caso veneto a confronto, a cura di Raffaella Perin, Roma, Viella, 2011, pp. 27-103.

 

[89]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1904, fasc. 145.

 

[90]          Su di lui cfr. In memoria del p. Guglielmo Whitmee, Roma, Tip. Roma, 1909.

 

[91]          Il profilo biografico è fornito da Domenico Rocciolo, Parocchi, Lucido Maria, in Dizionario Biografico degli Italiani, 81 (2014, versione on line).

 

[92]          Nacque il 20 gennaio 1832 a Stoke Rochford da un pastore protestante. Nel 1854 andò in Crimea come infermiera volontaria per assistere i soldati feriti e rimase impressionata dalla pietà delle suore della Misericordia irlandesi. Il 14 aprile 1855 passò alla Chiesa Cattolica. Diede principio alla sua congregazione nel 1868, fondata ufficialmente nel 1872. Da religiosa prese il nome di Madre Maddalena. Morì il 9 giugno 1900, cfr. il fondamentale lavoro di Francis Charles Devas, Mother Magdalen Taylor: Foundress of the Poor Servant of the Mother of God, London, Burns Oates and Washbourne, 1927.

 

[93]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1904, fasc. 341.

 

[94]          Su di lui cfr. Guido Gregorio Fagioli Vercellone, Gennari, Casimiro, in Dizionario Biografico degli Italiani, 53 (2000 versione on line).

 

[95]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1932, fasc. 193.

 

[96]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1904, fasc. 859. Sulla fondatrice e la congregazione vedi Elizabeth Gilroy, Mary Potter: Founder of the Little Company of Mary, Strathfield, St Pauls Publications, 2016.

 

[97]          Dalla relazione conservata in Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1904, fasc. 569.

 

[98]          Edmund I. Rice nacque a Callan (Kilkenny) nel 1762 e morì a Waterford nel 1844. Su di lui e la Congregazione dei Fratelli Cristiani la bibliografia è consistente. Mi limito a segnalare il lavoro di Daire Keogh, Edmund Rice and the first Christian Brothers, Dublin, Four Courts Press, 2008.

 

[99]          Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1904, fasc. 353.

 

[100]         La bibliografia sul Pallotti è vastissima. Si veda, tra i contributi, quello di Ansgar Faller, De genealogia ven. Vincentii Pallotti in litteratura, “Analecta PSM”, III (1941), pp. 85-96.

 

[101]         Nacque a Genazzano il 5 dicembre 1836, fu vescovo di Ostia e il 28 giugno 1890 fu creato cardinale. Divenne prefetto della Sacra Congregazione dei Cerimoniali. Morì il 9 luglio 1930, cfr. Harris M. Lentz III, Popes and Cardinals, cit., p. 195.

 

[102]         Sulla chiesa vedi tra i molti lavori esistenti, quello di Eileen M. C. Kane, The Church of San Silvestro in Capite in Rome, Genova, B. N. Marconi, 2005.

 

[103]         Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1932, fasc. 124.

 

[104]         Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1904, fasc. 387.

 

[105]         Archivio Storico del Vicariato, Roma, Visita apostolica del 1932, fasc. 108.