L’emigrazione dal Molise

Fra la fine del Settecento ed i primi decenni dopo l’Unità una profonda trasformazione investe l’assetto socio-economico e territoriale di tutta l’Italia meridionale1. Il fenomeno, oltre che essere letto in un’ottica di lungo periodo, va messo in relazione con le forti dipendenze dai mercati nazionale ed internazionale2, ma soprattutto con l’incapacità del Mezzogiorno a sostituire “ai vecchi stabili rapporti commerciali fondati sulla geografia, rapporti commerciali stabili fondati sull’economia” 3. E’ nel periodo individuato che può essere collocato quel nucleo problematico che alcuni studiosi individuano come il dualismo originario fra Nord e Sud e che pone l’Italia nelle condizioni del late comer4.
Lo squilibrio e la crisi dell’Italia meridionale, nonostante la sua ampiezza, trovano radici essenzialmente nelle particolari condizioni dell’agricoltura. L’attività agricola prevalente nel Molise era la cerealicoltura, quasi una monocultura5, nonostante le bassissime rese dei terreni, in gran parte inadatti, e la mancanza, quasi completa, di rotazioni agrarie6. Le rese per ettaro, tra le più basse del Meridione, e l’eccessiva pressione demografica sulla terra annullavano i già scarsi utili dei contadini affittuari, ma soprattutto dei braccianti7. Tale condizione caratterizzava in particolare le zone montuose, dove la coltura, soprattutto cerealicola, veniva praticata su terreni estremamente frazionati. Sia i contadini affittuari sia i piccoli proprietari non riuscivano nemmeno a ricavarci il minimo di sussistenza8.
Gli aspetti più significativi della crisi meridionale e molisana, pertanto, si possono individuare “nell’espansione incontrollata della cerealicoltura9 e più in generale nell’espansione delle terre messe a coltura a discapito del pascolo e quindi della pastorizia transumante; nella […] crisi dell’economia pastorale […]; nel degrado dei quadri naturali ed ambientali legato alla distruzione dei boschi […] e […] nel rafforzamento dei settori più restii a favorire un processo di ammodernamento delle strutture produttive” 10. Nell’intera regione molisana intervengono quegli elementi di trasformazione degli assetti colturali e produttivi, di mutamento delle forme di utilizzazione del suolo e di applicazione delle tecniche agrarie, di cambiamento delle condizioni di lavoro e vita e di modifica del regime alimentare di gran parte della popolazione11.
Durante l’intero secolo XIX, la popolazione europea ed italiana conosce una delle più consistenti variazioni demografiche verificatesi fino ad allora. In Italia, il fenomeno di incremento demografico risulta più evidente nelle regioni meridionali rispetto a quelle settentrionali e, verso la fine del secolo, più marcato nelle città rispetto alle campagne, anche se di proporzioni tali da non configurarsi come un reale processo di concentrazione urbana. Benché il quadro socio-demografico nazionale, nel complesso, evidenzi un sostanziale aumento della popolazione rurale, la varietà delle situazioni territoriali “può essere letta solo alla luce di specifici fattori e specifiche condizioni locali”. D’altro canto, “il problema delle campagne e le questioni contadine vengono immediatamente in primo piano al momento dell’unificazione e domineranno a lungo la scena economica e politica del nuovo Stato unitario” 12.
Secondo la storiografia più consolidata, una delle prime conseguenze dell’aumento della popolazione, soprattutto meridionale, congiuntamente alle varie problematiche legate agli assetti sociali e della proprietà fondiaria, alle difficoltà creditizie piuttosto che alla tradizione alla mobilità e alla tendenza all’emulazione, fu proprio il fenomeno dell’emigrazione13. Sicuramente le relazioni fra tutti i vari fattori in causa furono complesse, non sempre di lettura facile ed univoca. Infatti, in aree territoriali molisane omogenee, pur in presenza di un’emigrazione in linea con l’andamento regionale del fenomeno, sono spesso rilevabili elementi di discontinuità che si manifestano, ad esempio, con comportamenti ed esiti dissimili anche fra comuni confinanti, tanto da non poter valutare l’emigrazione solo come un “semplice rapporto tra popolazione e risorse” 14.
Fra le varie cause a cui si addebita l’origine dei flussi emigratori dalle diverse aree geografiche15, “quella che ricorre sovente è costituita dal perdurante squilibrio tra popolazione e risorse disponibili [… in ciò risiedono] i principali fattori di avvio di quella emigrazione d’oltreoceano che ebbe un peso non trascurabile un po’ ovunque ed in modo particolare in Molise” 16. Ciò in aggiunta all’emigrazione interprovinciale, di tipo prevalentemente stagionale, da sempre presente in regione: ad esempio, a fine Settecento è di circa 30 mila lavoratori annui17; è ben messa in evidenza già nella relazione Angeloni, nell’ambito dell’inchiesta agraria Jacini. Per l’intera provincia di Campobasso viene segnalata un’emigrazione, interprovinciale ed estera, di 3.215 persone (di cui 2.289 agricoltori) nel 1882, e di 4.824 (di cui 3.686 agricoltori) nel 188318. Il capoluogo molisano, Campobasso, solo grazie alla politica delle opere pubbliche, riesce a superare il peso dell’incremento demografico, mantenutosi, “tra il 1820 ed il 1850, al livello complessivo del 30%”19. Per una giusta valutazione del fenomeno demografico si tenga presente che la popolazione del Molise passa dai 304.434 abitanti del 1814 ai 355.168 del 1861, fino ai 364.208 del 1871. Negli anni 1865-1871 subisce un incremento del 6% annuo, mentre nel triennio 1872-1874 si verifica una variazione del 3,50% annuo20. Quando il sistema produttivo, integrato solo in parte dalla produzione zootecnica, entra in crisi – a causa del suo equilibrio estremamente delicato – si determina la necessità di un riassestamento fra le dinamiche produttive del mondo agricolo e i suoi gestori; riequilibrio che si traduce nel flusso migratorio21.
Il fenomeno migratorio che ha coinvolto l’Italia ed il Molise durante gli ultimi due secoli è stato uno dei più formidabili e duraturi eventi di sconvolgimento e riassetto della società italiana sia per gli aspetti sociali sia per quelli economici e culturali. Sono molti a ritenere che l’emigrazione, temporanea o definitiva, abbia rappresentato “uno dei fenomeni più importanti e complessi della storia economica e sociale del nostro paese. Per circa un secolo dopo l’Unità d’Italia gli espatri verso l’estero hanno costituito la soluzione più esasperata ed immediata ai problemi che la mancanza di una solida struttura economica ha posto a milioni di italiani” 22.
Il Molise, già dopo l’Unità d’Italia, ma soprattutto a partire dagli ultimi decenni del secolo XIX, è stato investito poderosamente dal fenomeno. Nel 1875 l’onorevole Leopoldo Franchetti segnala che “l’emigrazione per l’America è abbastanza attiva in Abruzzo […] essa va crescendo nel Molise” 23. Una sintetica quanto efficace scheda sulle “cause dell’emigrazione e dei caratteri che essa assume nelle varie regioni e province”, relativa alla provincia di Campobasso, è pubblicata nel 1882 nella Statistica della emigrazione italiana del Ministero di agricoltura24.
Dopo poco più di un decennio dalle osservazioni di Franchetti, nel 1888, Francesco Saverio Nitti, avverte che “le province che dànno maggior numero di emigrati per paesi non europei sono: Potenza che nel 1886 n’ebbe 10.642, Salerno 7.824, Campobasso 6.847”. Nel 1892, la provincia di Campobasso è fra “le province d’Italia, che hanno dato, e dànno, tuttavia un più grande contingente all’emigrazione per paesi fuori l’Europa”, insieme a quella di “Potenza, Cosenza, Salerno […], province appartenenti tutte al Mezzogiorno e in cui la densità della popolazione è assai scarsa” 25.
Fra il 1876 ed il 1900 si verificarono 136.000 espatri, pari al 2,5% – flusso migratorio nettamente superiore a quello delle altre province abruzzesi – e fra il 1901 ed il 1915, se ne contano 171.000, pari al 2% dell’intera popolazione26, con una punta massima nel 1913 alla vigilia della Prima guerra mondiale. Fra il 1905 ed il 1925 emigrano circa 160.000 molisani e ne rientrano circa 57.000, si sposta quasi un terzo della popolazione del Molise. In questo periodo il flusso ha avuto caratteristiche diverse: una prima fase, fino al primo dopoguerra, connotata dall’emigrazione di manodopera generica; una seconda fase, già a partire dal 1920, che fa registrare la partenza di operai specializzati. Il costo pagato “evitò la paurosa crisi economica che sarebbe scoppiata qualora la popolazione della regione, senza la valvola dell’emigrazione, avesse raggiunto le 600 mila unità” 27.
Il fenomeno incise sull’assetto sociale molisano, si ridusse la classe dei medi proprietari, grazie alla pressione della massa di fittavoli e braccianti che, disponendo di risparmi cercarono di acquisire appezzamenti di terreno: nasceva la categoria dei coltivatori diretti. Annota Eugenio Cirese, l’emigrazione “toglieva braccia ai campi, riempiva le casse postali di lire che facevano aggio sull’oro e permetteva il compiersi di una rivoluzione fondamentale nella storia del Mezzogiorno: il passaggio della piccola e media proprietà dal galantuomo al contadino che la conquistava con il risparmio sul lavoro di anni, pesante ed avvilente, durato al di là dell’oceano. Ma il fenomeno non turbava ancora i sonni della svagata borghesia di quella fine di secolo” 28. Il processo che stava sgretolando il predominio della classe borghese “agraria e redditiera”, ponendo le basi, almeno desiderate, per migliori condizioni di vita dei contadini fu un’illusione. Il regime fascista bloccò il flusso migratorio sia interno sia verso l’estero29.
Gli aspetti e le dinamiche generali della diaspora molisana sono sufficientemente chiari30, tanto da portare molti studiosi e storici contemporanei a ritenere necessario – anche per il Molise – un approccio analitico più articolato e penetrante. Ormai, “all’emigrazione molisana non si può guardare da angolazioni univoche e con ottiche prevalentemente quantitative”. Da questa considerazione discendono almeno due valutazioni. In primo luogo, la grande importanza di “profili di lettura qualitativa […] determinanti per la comprensione del fenomeno”. In secondo luogo, la sicura fecondità e la maggiore efficacia di un “approccio alla dimensione locale” 31.
Da una parte, è vero che alcuni aspetti sono stati certamente chiariti: ad esempio il fatto che l’emigrazione è più antica di quanto possano dichiarare le rilevazioni statistiche nazionali ufficiali che prendono il via dal 1876, così come sono numerose ed ampie analisi economiche delle cause dell’emigrazione. Dall’altra è altrettanto vero che – come suggeriscono alcuni studiosi32 – nell’affrontare gli aspetti principali del fenomeno migratorio si sono create, inevitabilmente, alcune gerarchie: ad esempio, rispetto alle indagini dedicate a condizione sociale, mestiere, quantità, periodo e zone di provenienza e destinazione, si è studiata soprattutto l’emigrazione contadina dei primi anni del Novecento proveniente dal Meridione e dal Veneto verso le Americhe, conseguente alla crisi agraria; inoltre, sono stati considerati maggiormente gli aspetti espulsivi, come eccesso di popolazione, scarse risorse, arretratezza economica, e le forze d’attrazione, come richiesta di manodopera, salari appetibili, mobilità sociale. Oggi risulta senz’altro utile una maggiore attenzione agli aspetti sociali e culturali dell’emigrazione, all’impatto degli emigrati con la società d’arrivo e alla rete di contatti con i paesi d’origine, così come appare attraente, per comprendere i diversi atteggiamenti ed i vari comportamenti delle persone, indagare le motivazioni soggettive e le aspirazioni poste alla base della scelta di partire.
Tuttavia, pur condividendo la necessità di diversificare le angolazioni di osservazione e di analisi, non può essere ignorato che lo scenario nel quale molte piccole comunità molisane hanno vissuto la propria parte di esodo resta ancora oscuro ed indistinto rispetto a quello regionale. Solo facendo luce su tali realtà si possono fissare i riferimenti per condurre proficuamente ogni altro tipo di indagine di interesse sia locale, sia regionale. Più in generale, può risultare utile da un lato arricchire il bagaglio di conoscenze particolari, offrendo ulteriori dati, materiali aggiuntivi, casistiche diverse; dall’altro verificare e – per quanto possibile – mettere a punto modelli analitici e varietà tipologiche specifiche33.
Conferma involontaria ed inconsapevole della necessità di un supplemento di indagine sugli elementi oggettivi, causa ed effetto al contempo, dell’emigrazione nelle piccole comunità molisane è offerta, esempio fra i molti possibili, da alcuni scritti dedicati al fenomeno migratorio nelle piccole comunità molisane. Fra questi, emblematico, il caso di un comune del Molise centrale, Campolieto. Recenti pubblicazioni comprendono il paese fra quelli colpiti da emigrazione, ma ritengono che solo “dopo il 1918 cominciò l’esodo verso le Americhe. In maggioranza gli emigrati facevano ritorno dopo aver accumulato un gruzzolo per sostenere economicamente la famiglia. Nel ventennio fascista l’emigrazione subì un arresto formale in quanto, chi poteva, emigrava clandestinamente. Dopo il 1961 la popolazione si è dimezzata, passando da 2.000 a 1.000 residenti effettivi” 34. In realtà, la comunità campoletana ebbe un più precoce impatto con il problema emigrazione con esiti socio-economici non meno drammatici di quelli di molti altri comuni molisani. Campolieto, durante il XIX secolo, ed in maniera sempre più evidente a partire dagli anni Sessanta, vive il generale trapasso dall’assetto silvo-pastorale a quello più spiccatamente agricolo conoscendo, ad esempio, una forte mobilità intercomunale ed interregionale. Più volte negli atti amministrativi, gli interventi di disboscamento sono giustificati “nell’interesse dell’agricoltura, poiché non pochi individui della classe agricola emigrano annualmente per mancanza di terra da coltivare, mentre con la dissodazione di detti terreni nulla verrebbe a torsi alla pastorizia” 35. Si tratta delle manifestazioni del fenomeno descritto da Cesare Jarach, delegato tecnico nell’Inchiesta sulle condizioni dei contadini, che distingue un’emigrazione dalla montagna, iniziata già nei primi anni Settanta e determinata dalla crisi della pastorizia e dal fallimento delle operazioni di disboscamento, dissodamento e quotizzazione dei demani comunali, e un’emigrazione, successiva, dalla pianura, solo apparentemente addebitabile a fattori demografici, ma in realtà attribuibile a fattori socio-economici36.
A partire dagli anni Ottanta, molte piccole comunità molisane sono investite dalle dinamiche di un fenomeno che coinvolse a macchia d’olio il Molise a partire dalle zone montane dell’isernino, interessando soprattutto le zone caratterizzate dalla “piccola proprietà contadina particellare caratterizzata dalla cerealicoltura e da colture promiscue di sussistenza legate ad altre attività artigianali e soprattutto silvo-pastorali” 37. Risulta evidente, per le tante piccole comunità molisane, come non si possa pensare di procedere ad alcuno studio senza avere preliminarmente tracciato dei confini che inquadrino, appunto, il fenomeno migratorio in un contesto meno aleatorio ed indistinto. Tale operazione, può essere condotta solo attraverso l’utilizzo preliminare di strumenti di analisi – per quanto abusati – di tipo socio-economico e, ancor prima, di tipo quantitativo. Restano utili, a tal fine, alcuni indicatori economici e produttivi legati alle più rilevanti colture dei territori di riferimento e le modalità di gestione delle terre, in particolare di quelle pubbliche con il sistema di frazionamento. Proprio l’andamento dell’amministrazione di queste ultime, infatti, segna l’evoluzione dell’emigrazione di molti comuni molisani; evidenzia l’andamento del fenomeno; mostra tutta l’impotenza delle amministrazioni comunali, abbandonate dallo Stato centrale; fa emergere la fragilità del tessuto sociale e la sua impossibilità di resistenza. Intorno alla gestione della terra si sono svolti, del resto, anche i timidi, ma intelligenti, tentativi di governo locale del fenomeno migratorio – coronati spesso da successo – da parte di esponenti della piccola proprietà terriera e della classe artigiana, ma anche da parte di alcuni contadini; non raramente, furono proprio alcuni strati meno abbienti della popolazione ad esercitare una poco evidente, ma tenace, reattività al fenomeno. Tali aspetti pongono in primo piano le variegate “motivazioni ed aspettative” di chi decideva di partire: il desiderio di una vita nuova, possibilmente diversa, oppure la determinazione di mantenere e migliorare la propria posizione economica e sociale. Lo studio approfondito su aspetti specifici del flusso migratorio molisano è, inoltre, preludio ad una più puntuale ricostruzione di un – ancora oscuro – capitolo della storia migratoria molisana, ossia l’impatto con la società ospite, le vicende successive agli arrivi nella terra di destinazione, l’avvio di una nuova vita, le relazioni all’interno delle, e fra, le comunità all’estero; fra queste e la comunità d’origine.
Per quanto concerne la popolazione delle piccole comunità molisane durante i secoli XIX e XX è possibile ricostruirne l’evoluzione quantitativa attraverso l’esame di varie fonti. Fra queste hanno un ruolo cardine, oltre ai registri dello Stato civile, i censimenti, a partire dal primo del 1861 realizzato dal Ministero d’agricoltura, industria e commercio, i Registri delle vaccinazioni e quelli dello Stato di variazione degli utenti di pesi e misure: tali fonti permettono di rilevare frequenti anomalie fra quelli ministeriali e quelli comunali; di osservare le variazioni di popolazione dovute a malattie o epidemie; di riscontrare gli scarti fra presenti e residenti, spie di possibili movimenti migratori. Risultano, inoltre utili, fonti occasionali come, ad esempio, il Questionario per l’Inchiesta sulle condizioni igienico-sanitarie dei comuni del Regno. Anno 1885.
Utilizzando le fonti indicate38, si può esemplificare la costruzione di scenari validi per molte comunità molisane. In linea con quanto stava succedendo in Italia, moltissime piccole comunità della regione registrano un progressivo calo di popolazione che dai primi anni Novanta, progressivamente, diventa sempre più sensibile39. Ad esempio, in un circondario del Molise centrale, fra il 1882 ed il 1889, in comuni limitrofi si osservano dati molto diversi40.


Comuni
1882-1889*
1906-1909**
1910-1913**

Campolieto
6,5 %
13 %
9,6 %
Matrice
17,1 %
17,5 %
17 %
San Giovanni in G.
12,1 %
21,5 %
16,7 %
Ripabottoni
17,5 %
15,7 %
14,6 %
Morrone del S.
3,8 %
13,1 %
10,1 %
Monacilioni
13,1 %
13 %
12,4 %
Toro
8,4 %
16,4 %
15 %
Castellino sul B.
6,9 %
14,4 %
14,2 %

* Percentuale rispetto alla popolazione del 1881
** Percentuale rispetto alla popolazione del 1901

La provincia di Campobasso, con una popolazione al 1881 di 128.596 abitanti, nel periodo 1876-1885 ha un numero di 4.132 espatri con una media annuale dello 0,32%. Nel 1881, il numero di molisani che risultavano all’estero stabilmente, dal censimento effettuato presso i paesi di destinazione, è di 0,04 ogni cento abitanti a fronte dello 0,01 del 187141.
Il costante ridursi dei residenti è l’effetto più eclatante del flusso migratorio che, manifestatosi già dai primi anni Ottanta, a metà anni Novanta esplode in modo clamoroso sia come conseguenza della situazione regionale, non diversa da quella dell’intero Meridione, sia a causa di squilibri di interesse locale che, proprio in questi anni, trovano il punto di maggiore instabilità. Al fenomeno migratorio non sfugge, nonostante le differenze geo-economiche, alcuna area territoriale della regione. Infatti, “nella provincia di Campobasso […] l’emigrazione […] cominciò prima nei montuosi circondari di Isernia e di Campobasso” 42. I flussi migratori nei diversi comuni, nonostante l’omogeneità dei territori e le affinità degli equilibri economici e produttivi, appaiono fortemente differenziati. Una possibile spiegazione è individuata nella persuasiva tesi di Gino Massullo. Lo studioso sostiene che i comuni “più fortemente e più precocemente coinvolti nell’emigrazione transoceanica” furono quelli che, meno vicini alle vie di comunicazione, non avevano conosciuto tradizionalmente le migrazioni stagionali (per pastorizia, mestieri e lavoro agricoli) che da una parte rappresentavano una abitudine “culturale” allo spostamento, anche come forma di investimento, dall’altra costituivano sia attività lavorative di integrazione del reddito, sia un canale di dolce ammortizzamento di squilibri socio-economici43.
Per quanto concerne la visione dell’emigrazione come forma di “investimento” e non solo come semplice “fuga dalla fame”, può essere addotta – solo come esempio – l’emblematica esperienza legata all’ambito socio-culturale che coinvolse gran parte della classe artigiana. Il riferimento è alla particolare relazione fra fenomeno migratorio e mondo bandistico musicale molisano e nazionale. I gruppi musicali in gran parte sono composti da artigiani per i quali la pratica bandistica, ma anche quella mandolinistica44, è complementare all’attività lavorativa principale ed è praticata principalmente in occasione di ricorrenze festive o in periodi dell’anno meno impegnativi. Tale pratica da una parte è mezzo di distinzione sociale e culturale rispetto alle fasce popolari, dall’altra rappresenta un importante canale di integrazione del reddito familiare45. Adottando un punto di vista sufficientemente distante dai momenti storici contingenti, sembra quasi che la logica migratoria risponda ad una strategia complessiva ed integrata che prescinde dalle artificiose divisioni legate ai confini nazionali di spostamento interno/esterno, e sia connessa invece alla necessità-capacità di trovare risposte alla “crisi dell’economia” ed alle soluzioni “messe in atto per scongiurarla o arginarla” 46. È osservabile come l’emigrazione, pur coinvolgendo prevalentemente la classe contadina, abbia effetti diretti anche su quella degli artigiani. Pur non essendo possibile in questa sede esaminare le relazioni fra i due fenomeni si può ipotizzare, considerata la forte valenza socio-economica dell’attività musicale itinerante, che l’attività bandistica, per chi possedeva la tecnica di uno strumento musicale adatto, rappresentava l’ultima forma per procurarsi un introito economico, o anche semplicemente alimentare, per la sopravvivenza, prima di decidere per l’emigrazione. Tale pratica è tanto importante da incidere almeno sui seguenti aspetti. Da una parte, costituendo l’ultimo baluardo economico prima di decidere la partenza, aiuta a resistere al forte flusso migratorio che investe il Molise nell’ultimo ventennio dell’800 e contribuisce ad evitare, o almeno a rinviare, l’espatrio. Dall’altra, una volta arrivati nella nuova terra, rappresenta una attività di sostentamento e, spesso, come testimoniano le istituzioni dei molti gruppi musicali negli USA, in Venezuela ed in Argentina, uno strumento di affermazione; non di rado diventa anche un importante canale di integrazione nella società ospite47.
Federico Orlando, in uno storico ma ancora valido saggio dedicato all’emigrazione molisana48, sottolinea come la Prima guerra mondiale abbia provocato una flessione, ma non l’arresto, nel flusso migratorio che “scompare invece quasi del tutto dal 1931 al 1945 per le note leggi restrittive e per la Seconda guerra. Nel giro di un ventennio (1905-1925) si ebbero nel Molise 159.464 espatri contro 56.865 rimpatri. Si può dire quindi che in venti anni la popolazione molisana si sia trasferita oltre Atlantico”. Dopo una disamina di cause ed effetti deduce che “nel secondo dopoguerra […] le categorie dei coltivatori diretti si [ridussero] in uno stato di proletarizzazione pressoché identico a quello dei braccianti e dei fittavoli del 1870” e conclude che “nel giro di un settantennio un intero ciclo di assestamento sociale s’era compiuto, con un vertiginoso ritorno, però, al punto di partenza” 49.
In realtà durante il periodo fascista l’emigrazione non scomparve, ma assunse altre forme. Certo i provvedimenti restrittivi adottati dagli USA, la crisi del 1929, le leggi “rurali” del regime condizionarono fortemente i movimenti di popolazione, tanto che nei primissimi anni trenta si può riscontrare un aumento di popolazione. La popolazione molisana guarda con interesse all’impresa bellica etiopica: “strati sociali diffusi si candidarono sin dall’inizio a prendervi parte […] volontari […] per le operazioni belliche o lavoratori che si trasferirono […] a guerra conclusa […] per tutti si tratto […] di non lasciarsi sfuggire quella che, al di là della retorica ufficiale, appariva soprattutto come un’occasione di lavoro […] nella stragrande maggioranza si trattava di una migrazione temporanea” 50. Fra il 1936 ed il 1938, 600.000 italiani chiesero di partire verso l’Africa Orientale come operai da impiegare soprattutto in lavori di opere pubbliche: di questi 4.000 erano molisani; solo 555 richieste furono accolte. Delle 2.996 richieste molisane di arruolamento, furono accolte solo 1.309. A questi espatri vanno aggiunti i quantitativamente minori spostamenti verso i cantieri della capitale, ma anche verso la Germania e l’Albania51.
Subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale il flusso dell’emigrazione riprese con la naturalezza di una consuetudine e – come a fine Ottocento – ripartì dall’Alto Molise per poi estendersi all’intera regione. Fra le mete scelte Australia52, Brasile53, Canada54, Argentina, Venezuela, Uruguay55, ma il flusso migratorio, a carattere prevalentemente temporaneo, già da metà anni Cinquanta, predilige i paesi europei: Inghilterra, Francia, Belgio56, Germania57.
Il coinvolgimento – anche quantitativo – del Molise nel fenomeno è continuato fino alle soglie del Duemila: “Dalla metà degli anni ’70 del secolo scorso, da quando cioè si può disporre di dati di rilevamento attendibili58, fino alle soglie dell’ultima decade del nostro secolo, solo gli espatri ufficiali dal Molise sono stati oltre 600 mila, su una popolazione, è bene ricordarlo, di 363 mila nel 1881 e di 324 mila nel 1997” 59.

Note

1 Un utile strumento di orientamento risultano essere: Il Mezzogiorno agli inizi della Restaurazione, a cura di Walter Palmieri e Il Mezzogiorno agli inizi dell’Ottocento. Il decennio francese, a cura di Costanza D’Elia, pubblicati entrambi da Laterza, rispettivamente, nel 1993 e 1992 nella collana I classici meridionali. Ancora, per la situazione del Molise della prima metà del secolo, cfr. Ilaria Zilli, La società economica di Molise tra accademia e realtà, Campobasso, Università degli studi del Molise. Dipartimento di scienze economiche gestionali e sociali, 1995, e Domenico Moschitti, Su’ progressi delle manifatture, dell’agricoltura, della pastorizia e delle industrie in alcune province continentali del Regno dal 1815 in fino ad ora, in L’economia nelle province napoletane a metà dell’800, a cura di Tommaso Pedio, Lecce, Capone editore, 1984, pp. 41-47. Infine, per un orientamento sugli scritti coevi di Vincenzo Cuoco, Francesco di Borbone, Benedetto Cantalupo, Giuseppe del Re e Nicola De Luca, si rimanda all’articolo di Giorgio Palmieri, Il Molise nella prima metà dell’Ottocento, “Rivista giuridica del Molise e del Sannio”, 1998, n. 3, pp. 87-104.
2 Per un inquadramento complessivo del sistema agrario del tempo, delle relazioni fra interventi dello Stato e comportamenti delle classi dominanti, così come per una messa a fuoco della crisi dell’Appennino e della trasformazione delle colture dei cereali e della vigna cfr. Aldo Cormio, Note sulla crisi agraria e sulla svolta del 1887 nel Mezzogiorno, in Problemi di storia delle campagne meridionali nell’età moderna e contemporanea, a cura di Angelo Massafra, Bari, Dedalo, c1981, pp. 539-567.
3 Biagio Salvemini, Note sul concetto di Ottocento meridionale, “Società e storia”, 26 (1984), p. 924. Un’utile sintesi sul dibattito storiografico e sulle “nuove linee interpretative” è ben tracciata nel saggio di Stefano d’Atri, La terra. Proprietà fondiaria in Molise tra Ottocento e Novecento, in Novecento Molisano. Immagini da Bagnoli del Trigno per una storia regionale, a cura di Gino Massullo, Bagnoli del Trigno, ABAM, 1995, pp. 35-46.
4 Valerio Castronovo, Storia economica d’Italia. Dall’Ottocento ai giorni nostri, Torino, Einaudi, 1995, pp. 10-18.
5 Cfr. Andrea Giuseppe Angeloni, Relazione del commissario … sulla quarta circoscrizione (Provincia di Foggia, Bari, Lecce, Aquila, Chieti, Teramo e Campobasso), in Atti della Giunta per la inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola [presieduta da Stefano] Jacini, XII, fasc. I, Sala Bolognese, Forni, 1986, pp. 34-42 (pubblicazione originale: Roma, Forzani e C. tipografi del Senato, 1884); Cesare Jarach, Relazione del delegato tecnico, in Inchiesta parlamentare sulle condizioni dei contadini nelle provincie (sic) meridionali e nella Sicilia, II, Abruzzi e Molise, tomo I, Roma, Tipografia di Giovanni Bertero e C., 1909, pp. 9-34. Per la prima inchiesta cfr. Stefano Jacini, I risultati della inchiesta agraria. Relazione pubblicata negli atti della giunta per l’inchiesta agraria, introduzione di Giacomina Nenci, Torino, Einaudi, 1976; Alberto Caracciolo, L’inchiesta agraria Jacini, Torino, Einaudi, 1976.
6 Cfr. Giambattista Masciotta, Il Molise dalle origini ai giorni nostri, I, La provincia di Molise, Napoli, Tip. Pierro, 1914, p. 336.
7 Cfr. C. Jarach, Relazione del delegato tecnico,cit., pp. 106-111.
8 Cfr. Igino Petrone, Il Sannio moderno. Economia e psicologia del Molise. Conferenza tenuta alla Dante Alighieri il 27 febbraio 1910, Napoli, G. B. Paravia, 1910, p. 23.
9 Cfr. Francesco Coletti, Dell’emigrazione italiana, in Id., Cinquanta anni di storia italiana, III, Milano, Hoepli, 1911, p. 140; Guglielmo Josa, L’emigrazione nel Molise, Roma, Tipografia nazionale di G. Bertero e C., 1907, p. 6. La circolare sui Monti frumentari del Prefetto di Campobasso, Vincenzo Salvoni, datata 31 luglio 1883,  “Foglio periodico della R. Prefettura di Campobasso”, Campobasso 1883, pp. 183-184; Gino Luzzatto, L’economia italiana dal 1861 al 1894, Torino, Einaudi, 1991, p. 99 e 102; Giustino Fortunato, Il Mezzogiorno e lo Stato italiano, Bari, Laterza, 1911.
10 Cfr. Ilaria Zilli, La realtà economica molisana nelle descrizioni dei contemporanei, in Fra spazio e tempo: studi in onore di Luigi De Rosa, II, Settecento e Ottocento, a cura di Ead., Napoli, ESI, 1995, p. 861. Per le condizioni del settore industriale molisano dopo l’Unità, cfr. Costantino Felice, Tra protoindustria e pluriattività. La deindustralizzazione del secondo ottocento in Abruzzo e Molise, in Manifatture e sviluppo economico nel mezzogiorno. Dal Rinascimento all’Unità, a cura di Francesco Barra, Avellino, Edizioni del Centro Dorso, 2000, pp. 541-577. Per i boschi molisani cfr. C. Jarach, Relazione del delegato tecnico, cit., p. 24; G. Josa, L’emigrazione nel Molise, cit., p. 5.
11 Cfr. Angelo Massafra, Orientamenti colturali, rapporti produttivi e consumi alimentari nelle campagne molisane tra la metà del Settecento e l’Unità, in Problemi di storia delle campagne meridionali, cit., pp. 375-451. A cura di Angelo Massafra, cfr. anche Il Mezzogiorno preunitario. Economia, società e istituzioni, Bari, Dedalo, 1988. In quest’ultima opera si segnala il saggio di M. R. De Francesco, Equilibri territoriali e divisioni demaniali nel Contado di Molise, pp. 89-102. Cfr., ancora, Ministero dell’agricoltura, industria e commercio, Annuario statistico italiano. 1887-1888, Roma, 1888; Notizie approssimative delle medie produzioni agrarie nella provincia di Campobasso nel quinquennio 1879-83, “Foglio periodico della Prefettura di Campobasso”, Campobasso 1886, suppl. al n. 9, p. 523; Ricciarda Simoncelli, Il Molise. Le condizioni geografiche di un’economia regionale, Roma, Istituto di geografia economica della facoltà di Economia dell’Università di Roma, 1969, p. 111; Riassunto approssimativo sul raccolto del frumento, “Foglio periodico della Prefettura di Campobasso”, Campobasso, 1891, n. 10, p. 365. Per i dati relativi alla produzione del 1890 nella provincia di Campobasso, pubblicati ibid., cfr. 1891, n. 11, p. 409 e n. 12, p. 472; 1892, n. 7, p. 238; n. 8, p. 274; n. 11, p. 400; n. 12, p. 471.
12 Athos Bellettini, La popolazione italiana. Un profilo storico, a cura di Franco Tassinari, introduzione di Marino Berengo, Torino, Einaudi, 1987, p. 201; in particolare, per il quadro demografico generale, per le elaborazioni statistiche, per i dati regionali, vedi il capitolo dedicato a La transizione demografica dopo l’unificazione, pp. 157-219.
13 Per un sintetico quadro d’insieme sul movimento demografico nelle province napoletane nella prima metà dell’Ottocento, cfr. Tommaso Pedio, Economia e società meridionale a metà Ottocento, a cura di Santino G. Bonsera, Lecce, Capone, 1999, pp. 7-30.
14 Cfr. Gino Massullo, Molise: grande emigrazione e mobilità territoriale, cit., p. 504.
15 Per i dati generali relativi al Molise nella prima metà dell’800, cfr. T. Pedio, Economia e società meridionale a metà Ottocento, cit., p. 23.
16 Cfr. Francesco Citarella, Le condizioni geografico-economiche del Molise e la diffusione territoriale dell’emigrazione transoceanica, in Emigrazione e presenza italiana in Argentina. Atti del Congresso Internazionale, Buenos Aires 2-6 novembre 1989, a cura di Id., Roma, CNR, 1992, p. 321. Per una efficace, ed ancora valida, lettura complessiva del fenomeno migratorio basata, oltre che sui rapporti fra popolazione crescente e risorse disponibili, sulle trasformazioni di tali rapporti in relazione alla produzione, ai mercati internazionali ed alle dinamiche fra classi sociali, cfr. Ercole Sori, L’emigrazione italiana dall’Unità alla seconda guerra mondiale, Bologna, Il Mulino, 1979.
17 Cfr. Raffaele Colapietra, Profilo storico-critico del Molise da Federico II ai nostri giorni, Campobasso, Amministrazione provinciale, 1997, p. 51.
18 Cfr. Andrea Giuseppe Angeloni, Relazione del commissario … sulla quarta circoscrizione (Provincia di Foggia, Bari, Lecce, Aquila, Chieti, Teramo e Campobasso), cit., pp. 476,    480-481.
19 Cfr. R. Colapietra, Profilo storico-critico del Molise, cit., p. 52; dello stesso autore cfr. anche Strutture ambientali e sociali del Molise ottocentesco, “Rassegna storica del Risorgimento”, LXXII, 4 (1985), pp. 403-416.
20 Cfr. F. Contin, Relazione sulle condizioni della provincia di Campobasso …, cit., passim.
21 Cfr. R. Simoncelli, Il Molise, cit., in particolare il capitolo sull’emigrazione, pp. 105-112; sui primi esiti del fenomeno migratorio cfr. anche Francesco Saverio Nitti, L’emigrazione e i suoi avversari, Torino-Napoli, L. Roux e C., 1888; ora in Id., Scritti sulla questione meridionale, I, Saggi sulla storia del Mezzogiorno, emigrazione e lavoro, a cura di Armando Saitta, Bari, Editori Laterza, 1958, pp. 368-369; Gino Luzzatto, L’economia italiana nel primo decennio dell’Unità, “Rassegna storica del Risorgimento”, XLIV, 2-3 (1957), p. 291.
22 Cfr. F. Citarella, Le condizioni geografico-economiche del Molise, cit., p. 321; cfr. anche Andreina De Clementi, L’emigrazione italiana, in Atti del convegno Dall’emigrazione all’integrazione. Storiografia, didattica, editoria dell’emigrazione italiana. Campobasso 7-8 novembre 2003, a cura del Centro studi sui molisani nel mondo della Provincia di Campobasso (in corso di pubblicazione).
23 Cfr. Leopoldo Franchetti, Condizioni economiche ed amministrative delle province napoletane. Abruzzi e Molise Calabria e Basilicata. Appunti di viaggio …, Firenze, Tipografia della Gazzetta d’Italia, 1875, p. 53, nota 1.
24 Cfr. Ministero di agricoltura, industria e commercio. Direzione della statistica generale (d’ora in poi Maic. Dsg), Statistica della emigrazione italiana all’estero nel 1881 confrontata con quella degli anni precedenti, Roma, Tipografia Bodoniana, 1882, p. 42.
25 Cfr. Francesco Saverio Nitti, Scritti sulla questione meridionale, I, cit., pp. 216 e 368. I dati aggregati, Abruzzo e Molise, delle copie dei documenti dei National Archives depositate presso il Balch Institutedi Philadelfia riportano, per gli anni 1880-1897, un numero di sbarchi pari a 6.457.
26 Un secolo di emigrazione italiana: 1876-1976, a cura di Gianfausto Rosoli, Roma, Centro studi emigrazione, 1978, pp. 9-63.
27 Mario Gramegna, Percorsi storici dell’emigrazione dal Molise al Nord America, “Archivio storico molisano”, X-XI (1987-1988), p. 8.
28 Eugenio Cirese, Canti popolari del Molise, Rieti, Nobili, 1953, p. vi.
29 M. Gramegna, Percorsi storici dell’emigrazione, cit., p. 8.
30 Un quadro d’insieme sulle condizioni molisane nel periodo fra ’800 e ’900, con riferimenti – pur generali – alle problematiche dell’emigrazione, è tracciato nei volumi quarto e quinto della Storia del Molise, a cura di Gino Massullo, Bari, Laterza, 2000. Dello stesso autore cfr. Molise: grande emigrazione e mobilità territoriale e di Nicole Malpas, Un incontro dimenticato: Il Molise e il Canada, “Trimestre”, XXVII, 3-4 (1994), pp. 497-521 e 523-539, numero monografico dal titolo: L’emigrazione abruzzese e molisana (secoli XIX e XX), a cura di Guido Crainz; per una sintetica, ma efficace, analisi d’insieme del fenomeno migratorio in Molise, cfr. Daniela De Nardis, L’emigrazione abruzzese tra Ottocento e Novecento. L’esodo massiccio degli Abruzzi dal 1876 al 1915, Cerchio, Adelmo Polla editore, 1994.
31 Norberto Lombardi, Dalle piccole patrie al grande Molise, in Annalisa Carbone, Le cento patrie dei molisani nel mondo, Isernia, Cosmo Iannone Editore, 1998, p. 11. Una essenziale sintesi storica, ma didatticamente efficace, sul rapporto fra ricerca “quantitativa e qualitativa” nell’indagine sul fenomeno emigrazione è tracciata nell’articolo di Renato Cavallaro, Emigrazione, comunità e cultura in due comuni molisani, “Rivista storica del Sannio”, 3a ser., I, 2 (1994), pp. 145-166; cfr. anche Id., Orizzonti della memoria, orizzonti del gruppo, Roma, Edizioni CieRre, 2004 e, legato alle esperienze didattiche della Scuola estiva di metodologia quantitativa dell’Università “La Sapienza” di Roma, svoltasi in Molise negli anni 2003-2005, Partire, tornare, raccontare. L’emigrazione nella prospettiva della sociologia qualitativa, a cura di Id., Roma, Edizioni CieRre, 2005. Ancora, cfr. Id., Emigrazione. Le immagini e i luoghi. Fotografia e analisi quantitativa, in Mirabello Sannitico. Storia, arte e tradizioni, a cura di Giorgio Palmieri, Mirabello-Ferrazzano, Comune di Mirabello–Edizioni Enne, 2003, pp. 295-326; Italy, Italien, Italie, Italia. L’emigrazione dalla Capitanata tra il secondo dopoguerra e gli anni Settanta, a cura di Sergio D’Amaro, Antonio del Vecchi, Luigi Lizzadro, Foggia, Centri regionali educativi e culturali della provincia di Foggia, 2003. Sui diversi approcci allo studio del fenomeno, cfr. Gianfausto Rosoli, Tendenze attuali negli studi e ricerche sui fenomeni migratori in Italia, in Un grande viaggio. Oltre … un secolo di emigrazione in Italia. Saggi e testimonianze in ricordo di Padre Gianfausto Rosoli, a cura di Giammario Maffioletti e Matteo Sanfilippo, Roma, CSE, 2001, pp. 123-160; Cristina Guccione, Il flusso migratorio italiano verso gli Stati Uniti d’America. Studi e opinioni a confronto, “Rassegna siciliana di storia e cultura”, VI, 15 (2002), pp. 115-125. Cfr. inoltre Emilio Franzina, Nuovi orientamenti della storiografia e Gino Massullo, Storia locale e storia dell’emigrazione: questioni di metodo tra storiografia e didattica, in Atti del convegno Dall’emigrazione all’integrazione. Storiografia …, cit.(in corso di pubblicazione).
32 Cfr. Luciana Benigno, Antonio Brusa, France Farinasso, Studiare l’emigrazione, in La storia insegnata. Problemi, proposte, esperienze, a cura di Ornella Clementi, Grazia Marcialis, Teodoro Sala, Milano, Bruno Mondadori, 1986, pp. 198-230. Fra i tanti riferimenti didattici, solo come esempio, si segnala Allistante che mise piede nella Mericha. L’emigrazione transoceanica dal Trentino, 1870-1914: proposta didattica, Trento, Museo del Risorgimento e della lotta per la libertà, 1991.
33 Fra gli innumerevoli studi dedicati a comunità locali molisane, oltre a quello già citato di Renato Cavallaro, ricordiamo quelli di: William A. Douglass, L’emigrazione in un paese dell’Italia meridionale. Agnone tra storia ed antropologia, Pisa, Giardini, 1990 (traduzione dell’edizione del 1984); Romolo Gandolfo, Notas sobre le élite de una comunidad emigrada en cadena: el caso de los Agnoneses, in L’Italia nella società argentina. Contributi sull’emigrazione italiana in Argentina, a cura di Fernando J. Devoto e Gianfausto Rosoli, Roma, Centro studi emigrazione, 1988, pp. 160-177, vedi anche il saggio con lo stesso titolo in “Estudios migratorios latinoamericanos”, 8 (1988), pp. 137-156; Un grupo de Agnone (Molise) a Bell Ville, in Emigrazione e presenza italiana in Argentina, cit., pp. 231-233; Monica De Benedittis, L’emigrazione in una comunità del Molise: Ripalimosani, Campobasso, Università degli studi del Molise. Dipartimento di Scienze economiche, gestionali e sociali, 1996 (Collana delle pubblicazioni del Dipartimento. Quaderni di studi storici, 13); sulla comunità ripese vedi anche Beatriz E. Argiroffo e Claudia A. Etcharry, Inmigración, redes sociales y movilidad ocupacional: italianos de Ginestra y Ripalimosani en Rosario (1947-1958), “Estudios migratorios latinoamericanos”, 21 (1992), pp. 345-370; Michele Colabella, Bonefro, gente foretana, Isernia, Cosmo Iannone Editore, 1999; Giuliana Bagnoli, Vinchiaturo, una comunità allargata, Isernia, Cosmo Iannone Editore, 2002; Pietro Varriano, San Giuliano del Sannio e la sua emigrazione. Indagine storico statistica negli anni dal 1906 al 1925, Ferrazzano, Edizioni Enne, 2003; L’emigrazione molisana: il caso di Roccamandolfi, a cura di Antonio Pinelli, Isernia, Cosmo Iannone Editore, 2004; Norberto Lombardi, Jelsi nella grande emigrazione, in Jelsi. Storia e tradizioni di una comunità, a cura di Giorgio Palmieri ed Antonio Santoriello, Ferrazzano, Edizioni Enne, 2005, pp. 271-314; il saggio, completato da una seconda parte, dagli anni Venti fino ad oggi, avrà a breve una nuova pubblicazione; Vincenzo Lombardi, Oltre le colonne d’Ercole, “Il bene comune”, III, 10 (2003), pp. 61-63; Id., Quando ad emigrare eravamo noi, “Il bene comune”, IV, 3 (2004), pp. 36-39. Dati sull’emigrazione molisana in Argentina sono presenti in Anna Maria Minutilli, Italo-argentini: una diaspora, Mantova, Associazione mantovani nel mondo, 2003, passim. Come strumento propedeutico e per un’informazione bibliografica di primo livello, cfr. Renata De Benedittis, Le fonti per lo studio dell’emigrazione. Appunti per la ricerca in Molise, in Il Molise e l’America latina. Scritti in onore di Giuseppe Palmieri per il suo settantacinquesimo compleanno, a cura di Giorgio Palmieri, Ripalimosani, Editrice Arti grafiche La Regione, 1997, pp. 17-28.
34 Annalisa Carbone, Le cento patrie dei molisani nel mondo, cit., p. 55. È stato avviato un progetto di ricognizione del fenomeno migratorio a Campolieto nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale, per un primo bilancio cfr. Aspetti dell’emigrazione in un comune molisano: emigrazione ed immigrazione a Campolieto, Campolieto, Pro-loco, 2001. Per un quadro complessivo, cfr. infine Vincenzo Lombardi, Il fenomeno migratorio a Campolieto 1880-1900, Isernia, Cosmo Iannone Editore, 2004.
35 Archivio Storico Comunale di Campolieto (d’ora in poi ASCC), Demanio e patrimonio, b. 9, fasc. 140, «Verifica dei confini e dissodamento delle tenute comunali Croculi», aa. 1860-1866, delibera in copia del 24 novembre 1862.
36 Cesare Jarach, Le cause e gli effetti dell’emigrazione negli Abruzzi e nel Molise, “Rivista di emigrazione”, III (1910), marzo-aprile, pp. 1-23.
37 Cfr. G. Massullo, Molise: grande emigrazione e mobilità territoriale, cit., p. 498. Dello stesso autore, cfr. Emigrazione dal Matese molisano, in L’emigrazione molisana: il caso di Roccamandolfi, cit., pp. 11-20. Per interessanti considerazioni sulla precoce crisi dell’economia silvo-pastorale nell’isernino, cfr. Stefano Jadopi, Discorso proferito dal consigliere provinciale ff. da sotto-intendente nella solenne adunata del Consiglio distrettuale d’Isernia ai 20 marzo 1843, Campobasso, Tipografia Nuzzi, 1843, pp. 8 e sgg. Per l’analoga vicenda abruzzese, cfr. Mario Aprea, Alle origini dell’emigrazione abruzzese, Milano, Franco Angeli, 1987.
38 Indicazioni essenziali, ma efficaci, delle fonti utili per “delineare il movimento e le direttrici dell’emigrazione molisana” e nazionale, insieme ad una ricca bibliografia generale di riferimento sono contenute in F. Citarella, Le condizioni geografico-economiche del Molise, cit., rispettivamente alle pp. 319-320 e 343-348.
39 Per l’esame dei dati relativi alla popolazione e per un quadro complessivo sui problemi dell’intera provincia di Campobasso, cfr. Francesco Contin, Relazione sulle condizioni della provincia di Campobasso letta al Consiglio Provinciale nella seduta del 22 settembre 1875, Campobasso, G. e N. Colitti, 1875. Su tali questioni e sul problema migratorio si vedano anche gli stralci dalle relazioni dei prefetti e sottoprefetti molisani dell’ultimo trentennio del XIX secolo riportati in Giovanni Zarrilli, Il Molise dal 1789 al 1900. Parte II, Campobasso, Edizioni del rinoceronte, 1984, pp. 137-189 (nuova edizione dei due volumi pubblicati a Campobasso dalla Casa editrice del libro fra il 1966 e il 1968).
40 Fra il 1882 ed il 1889, Campolieto fa registrare una diminuzione complessiva del 6,5% della popolazione rispetto a quella del 1881 (2.262 residenti), con un tasso annuo dello 0,8%; Matrice, che nel 1881 ha 1.866 abitanti ha una percentuale di espatri del 17,1% (319); Monacilioni, con 2.516 abitanti, ha un tasso del 13,1 % (329); San Giovanni in Galdo, con 1.477 abitanti, del 12,1% (178); Toro, con 2.335 abitanti, del 8,4% (197); Ripabottoni, con 4.930 abitanti, ha un tasso del 17,5% (862), mentre il confinante Morrone del Sannio, con 3.325 abitanti, il 3,8% (134). Tutti i dati sono riportati in G. Massullo, Molise: grande emigrazione e mobilità territoriale, cit., pp. 513-514.
41 Essi risultano, solo per i numeri superiori a 10, così distribuiti: Argentina 73, Belgio 19, Brasile 23, Egitto 11. Cfr. [MAIC], Censimento degli italiani all’estero. Dicembre 1881, Roma, Tipografia nell’ospizio di S. Michele, 1884, pp. LXXXV-LXXXVII, 39 e 41. Per l’emigrazione italiana e i dati sulla provincia di Campobasso e i suoi circondari, cfr. Maic. Dsg, Statistica della emigrazione italiana all’estero nel 1881…, cit.e Giulio Salvatore Del Vecchio, Sulla emigrazione permanente italiana nei paesi stranieri. Saggio di statistica, Bologna, G. Civelli, 1892.
42 Nel biennio 1894 – 1895 da Castelbottaccio, piccolo paese di 1.893 abitanti […] partirono 199 emigranti; da Civitacampomarano, paese di 2.759 ab., 176 emigranti; da Lucito, con 2.673 ab., 144 emigranti; da Morrone, con 3.448 ab., 134 emigranti”. Nei primi anni del Novecento, il fenomeno continua; fra il 1906 ed il 1909, infatti, a Campolieto, la percentuale è pari al 13% rispetto alla popolazione del 1901. I dati proposti su popolazione ed emigrati sono stati ripresi da G. Massullo, Molise: grande emigrazione e mobilità territoriale, cit.
43 Gino Massullo, Molise: grande emigrazione e mobilità territoriale, cit., p. 505; Id., Novecento molisano. Economia e società, in Novecento molisano, cit., pp. 17-32.
44 Vincenzo Lombardi, Pratica mandolinistica e associazionismo in Molise fra ’800 e ’900, in Censimento delle fonti musicali in Molise, a cura di Id., Roma, ISMEZ, 2003, pp. 23-30.
45 Vincenzo Lombardi, La vita musicale a Campobasso e provincia (1848-1900), Campobasso, Università degli studi del Molise, 2003.
46 Cfr. Andreina De Clementi, La “grande emigrazione”: dalle origini alla chiusura degli sbocchi americani, in Storia dell’emigrazione italiana, a cura di Piero Bevilacqua, Andreina De Clementi ed Emilio Franzina, I, Partenze, Roma, Donzelli, 2001, cit., p. 190; Ead., Di qua e di là dall’oceano. Emigrazione e mercati nel Meridione (1860-1930), Roma, Carocci, 1999.
47 Per un primo inquadramento dei rapporti fra attività bandistica ed emigrazione molisana ottocentesca cfr. Vincenzo Lombardi, Bande e attività bandistiche in Molise nella seconda metà del XIX secolo. Prima ricognizione, in Accademie e società filarmoniche in Italia. Studi e ricerche, a cura di Antonio Carlini, Trento, Società filarmonica di Trento, 2001 (Archivio delle Società filarmoniche italiane, 3), pp. 111-180.
48 Federico Orlando, Esodo dal Molise, “Nord e Sud”, 14 (1956), pp. 87-106.
49 Ibid., pp. 90-91.
50 Daniela Serio, Il lavoro italiano nelle colonie. Il Molise e l’Africa Orientale (1936-1940), Isernia, Cosmo Iannone Editore, 2002, pp. 11-12.
51 Ibid., pp. 23 e 31.
52 Norberto Lombardi, da novembre 1998 a novembre 2000, ha pubblicato, settimanalmente, circa 120 articoli sul quotidiano “Nuovo oggi Molise”. Il corposo lavoro è una preziosa rassegna di testimonianze di vita di molisani di prima, seconda e terza generazione appartenenti alle maggiori comunità di italiani all’estero.
53 Cfr. I viaggi della speranza. Aspetti e momenti dell’emigrazione molisana in Brasile. Catalogo della mostra, a cura di Renata De Benedittis e Daniela Di Tommaso, Campobasso, Archivio di Stato, 1998.
54 Per conto del Centro di studi sui molisani nel mondo (d’ora in poi CSMM) della Provincia di Campobasso sono stati condotti due studi: il primo sul transfert linguistico dei molisani a Montreal, a cura di Bruno Villata, il secondo sui molisani in Canada, a cura Bruno Ramirez, in corso di pubblicazione. Cfr. anche, molisano di Montorio dei Frentani (Cb), Frank Colantonio, Nei cantieri di Toronto. Storia di un emigrante italiano, Isernia, Cosmo Iannone, 2000.
55 Per conto del CSMM sono state condotte ricerche sui molisani in Argentina, a cura di Alicia Bernasconi e del CEMLA di Buenos Aires; in Venezuela, a cura di Michele Castelli e in Uruguay, a cura di Carolina di Bueno.
56 Sui molisani in Belgio, ed in particolare sull’incidente di Marcinelle, cfr. Giuseppe Rufo, Il tempo della memoria. Marcinelle, 45 anni dopo. Documenti e testimonianze sui minatori molisani, Ferrazzano, Edizioni Enne, 2001.
57 Su incarico del CSMM, Claudia Zaccai si appresta a condurre un’indagine sui molisani in Germania nella zona di Stoccarda.
58 La Direzione generale della statistica del Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio avvia ufficialmente la rilevazione del flusso migratorio a partire dal 1876.
59 Cfr. N. Lombardi, Dalle piccole patrie al grande Molise, cit., p. 7. Sull’esodo molisano del dopoguerra cfr. anche Salvatore Distaso e Domenico Viola, Indagine conoscitiva sul fenomeno migratorio della Regione Molise, Bari, EDIT cooperativa, 1993; inoltre si segnalano i volumi pubblicati da Cosmo Iannone di Isernia nella collana Quaderni sull’emigrazione, diretti da Norberto Lombardi.