Italiani in Sudafrica.

Maria Immacolata Macioti e Claudia Zaccai, Italiani in Sudafrica. Le trasformazioni culturali della migrazione, Milano, Edizioni Guerini e Associati, 2006, 158 pp.

Questo volume si presenta come un resoconto monografico specifico sulla condizione degli italiani in Sudafrica e si inserisce nell’ambito di un progetto di ricerca più ampio svolto dall’IREF – SIARES nel 2003 in 14 paesi, dedicato alle migrazioni italiane all’estero con particolare attenzione ai giovani compresi in una fascia d’età tra i 18 e i 40 anni. Scritto a quattro mani, il volume si divide in quattro capitoli: i primi due, di Claudia Zaccai, si pongono l’obbiettivo di ricostruire in breve le vicende dell’emigrazione storica verso l’Africa Australe – tema poco considerato se non del tutto ignorato dalla storiografia e dalla ricerca di settore – e di tracciare alcune linee generali di contesto; i successivi capitoli, di Maria Immacolata Macioti, si soffermano maggiormente sulla condizione dei giovani in Sudafrica, sulla loro identità e il loro rapporto con l’Italia, l’associazionismo e la vita politica del nostro paese.
Il metodo seguito per lo sviluppo della ricerca è stato eminentemente qualitativo, secondo le modalità concordate con gli enti commissionanti, e il materiale raccolto consiste principalmente in una cinquantina di interviste libere – singoli individui e nuclei familiari – e in due focus groups, registrati nel mese di giugno 2003, tra Johannesburg, Nigel, Cape Town e Durban. Il lavoro, come sottolineato dalle autrici nell’introduzione, si propone di porre all’attenzione del lettore l’esistenza di un percorso migratorio di solito poco noto, di contribuire alla riflessione di quanti vivono in Sudafrica sulle proprie storie, identità e prospettive, come pure di sottolineare il rapporto di giovani potenzialmente validi e qualificati con l’Italia, che spesso non risulta essere una meta attrattiva o alternativa rispetto al paese ospitante o ad altri di lingua anglosassone.
Considerata l’originalità del tema scelto e la metodologia impiegata, una prima caratteristica che presenta la ricerca è proprio quella di dover sopperire alla ridottissima bibliografia sull’argomento, affidandosi principalmente alle fonti orali. Questo si riscontra soprattutto nel primo capitolo, dedicato alla storia dell’emigrazione italiana in Sudafrica dove la ricostruzione storica dei percorsi migratori non prende in considerazione materiali di archivio e fonti di prima mano, ma rimanda necessariamente ai pochi volumi pubblicati e alle narrazioni degli intervistati.
Proseguendo nella lettura, i capitoli si sviluppano quasi sotto forma di diario di viaggio, tra appunti, impressioni ed esperienze fatte in prima persona dalle autrici nelle città toccate durante la loro visita. Tenendo comunque conto che il volume non si propone come un’indagine di tipo storico, ma vuole delineare le caratteristiche e le problematiche che l’attuale comunità italiana si trova ad affrontare, ecco che si apprendono i motivi che legano profondamente i nostri connazionali al paese di accoglienza, come la bellezza naturalistica del luogo, la salubrità del clima, i grandi spazi, nonché la possibilità, da lavoratori autonomi, di ottenere un discreto successo economico, soprattutto all’interno delle già consolidate aziende di famiglia. Emergono elementi interessanti, come la necessità di adattamento alla nuova realtà politica del paese di accoglienza e il modo di porsi di fronte alla così detta “fuga dei cervelli” derivata dall’applicazione dell’Affirmative Action, una disposizione che restringe notevolmente le possibilità di accesso al mercato del lavoro a giovani e meno giovani di discendenza europea. Inoltre si tenta di rivelare il modo in cui gli italiani vivono nella quotidianità i gravosi problemi della criminalità e dell’Aids, come pure la paura per la perdita della lingua italiana, la difficoltà di mantenere vitali le forme di associazionismo, il rapporto di appartenenza alla cultura di origine ma allo stesso tempo di condivisione con il contesto in cui si vive, spesso sin dalla nascita.
Questo lavoro, anche se prettamente descrittivo, suscita nel lettore numerosissimi spunti di riflessione che varrebbe la pena di sviluppare. Ad esempio, proprio le interviste raccolte dalle due studiose, rappresentano una preziosa fonte da cui far partire ricerche più specifiche, in cui sia possibile contestualizzare la storia della comunità italiana all’interno di un panorama più ampio e complesso. Data la natura di questa pubblicazione, la ricostruzione della particolare storia sociale, politica ed economica del Sudafrica rimane solo uno sfondo in lontananza; ma un’attenzione maggiore al contesto, all’opinione pubblica sudafricana bianca e agli atteggiamenti diffusi non solo tra gli italiani, potrebbe svelare se e in che modo la nostra comunità è portatrice, pur con le sue peculiarità e i suoi retaggi culturali, di valori condivisi da una parte ben precisa ed identificabile della società del luogo nonché di strategie migratorie tese a sfruttare le possibilità offerte dal differenziale economico con gli altri paesi del mondo. Questi elementi di confronto, per similitudine o contrapposizione, porterebbero al compimento di un passo successivo nel tentativo di delineare quell’identità più o meno liquida che le studiose si sono proposte di indagare. Inoltre concedendo maggior spazio alla comprensione del panorama socio-economico del paese di accoglienza, le stesse interviste potrebbero svelare in modo ancora più netto e chiaro le differenze esistenti tra il modo di autorappresentarsi degli intervistati come individui e come comunità, come pure far emergere le credenze, le generalizzazioni e i valori condivisi da quelli personali modellati dalle esperienze di vita in un contesto particolare come quello sudafricano.
Uniche note negative risultano essere la cronologia apposta alla fine del volume, che è stata redatta con un criterio poco chiaro, in base ai racconti degli italiani intervistati e una bibliografia che, però, presenta semplificazioni e inesattezze.
Nonostante alcune debolezze derivate dal fatto che questo lavoro è stato eseguito sottoforma di ricognizione per un piano di indagine su scala più vasta, ne va riconosciuta l’originalità, e il merito di rappresentare il primo tentativo di analisi per lo studio della comunità italiana in Sudafrica; una comunità con caratteristiche peculiari ed estremamente interessanti che meriterebbe, anche da parte degli storici dell’emigrazione, una qualche attenzione in più.