Les Italiens en France depuis 1945

Les Italiens en France depuis 1945, a cura di Marie-Claude Blanc-Chaléard, Rennes/Paris, Presses Universitaires de Rennes/Génériques, 2002, 278 pp.

La presenza italiana in Francia dopo il 1945 è stata spesso dimenticata, quando invece riguarda almeno 600.000 cittadini italiani e 400.000 emigranti naturalizzati. Essa dunque ha lo stesso peso del milione d’italiani residenti nell’esagono nel 1930, ma ha pure caratteristiche proprie, essendosi evoluta tra ricostruzione, guerra fredda e le “trenta gloriose”. Presentando lavori recentissimi e annunciandone altri, i diciotto contributi e l’utilissima introduzione di questo volume dovrebbero incitare a nuovi lavori.
Una prima serie di saggi mostra l’immigrazione italiana di fronte a una nuova congiuntura. A. Bechelloni analizza nel dettaglio le politiche italiane all’indomani della guerra, tra suggestioni di una domanda lavorativa proteiforme, reticenze verso un vicino troppo a sinistra per molti dei governanti italiani e realtà socio-economiche presto inaggirabili. A. Spire presenta il regime derogatorio fissato in Francia per favorire la sola emigrazione che sembri a un tempo possibile e desiderabile: questa viene dunque contesa ai belgi e preferita agli algerini, in una prospettiva popolazionista, anche se la Francia è incapace di gestire un’immigrazione contemporaneamente qualificata e in grado di reperire le destinazioni più vantaggiose. Y. Gastaut segue il reclutamento e i suoi slittamenti talvolta umilianti attraverso i dieci anni a Milano di un medico dell’Office National d’Immigration. Per quanto riguarda l’arrivo in Francia e le sue situazioni concrete, M. Pottier studia miti e realtà del lavoro italiano in Normandia, A. Lonni mostra l’evoluzione delle qualificazioni nell’edilizia, P. Galloro analizza i flussi nella siderurgia lorenese, tra meridionalizzazione (il 59% degli arrivi nel 1959) e il passaggio dal continuo turn over alla fine degli arrivi.
Una seconda serie discute l’integrazione sociale e politica. D. Saint-Jean sottolinea le trasformazioni delle strutture familiari e dei valori nel Sud-Ovest rurale e il ruolo dell’acquisto di terra nell’ascensione sociale. M. Martini riesamina la mobilità nell’edilizia durante gli anni Cinquanta, comparandola a quella precedente la guerra. L. Blévis analizza la stampa della CGT prima del 1963: la volontà di accogliere gli immigrati succede molto presto all’italofobia ereditata dalla guerra, ma non resiste all’esclusione del sindacato dalle istanze ufficiali nel 1948, prima di una riappacificazione verso il 1955. La studiosa nota inoltre le differenze tra le parole d’ordine e le attitudini della base. S. Mourlane evidenzia l’importanza negli anni sessanta degli italiani per la strategia del PCF, che si fa tribuna di un gruppo sempre di meno visibile. M. Dreyfus misura l’importanza dell’impegno politico utilizzando come fonte il Dictionnaire biographique du mouvement ouvrier français. Infine M.C. Blanc-Chaléard lavora sui consiglieri municipali della cintura parigina, tra assimilazione e “identità di riserva “ riutilizzabile in funzione delle circostanze.
L’ultima parte è consacrata alle rappresentazioni e alla memoria. R. Hubscher mostra come un’inchiesta del 1951 sia stata influenzata dai presupposti di ricercatori che sottacevano conflitti e difficoltà. L. Teulières mostra proprio quelle difficoltà, legate alla guerra, nel Midi tolosano, ma anche la loro cancellazione nelle più recenti ricostruzioni delle memorie comunitarie. Una realtà di radicamento, ma anche di mobilità è messa in evidenza da L. Grilli, che studia i percorsi tra Napoli e Parigi, mentre A. Canovi segue la perdita della memoria e delle identità della “piccola Italia” antifascista di Argenteuil. Infine J. Rainhorn raffronta la memoria della Little Italie a New York e l’oblio di quella parigina, firma così una specie di conclusione, in concorrenza con B. Groppo che presenta la sezione italiana del liceo internazionale di Saint-Germain-en-Laye, emblematica della trasformazione della comunità immigrata dopo la fine degli arrivi.
Le poche righe dedicate a ogni comunicazione non possono rendere loro giustizia, ma si trattava soprattutto di segnalarle, sperando che esse possano suscitare altri lavori su questa immigrazione spesso dimenticata perché troppo vicina nel tempo o perché non più percepita come tale.