Entrando nel paese di Gualdo Tadino – situato in provincia di Perugia, nell’Umbria orientale, a pochi chilometri dal confine con le Marche – saltano subito agli occhi alcuni “segni particolari” posti in prossimità della strada: binari ferroviari da miniera, vagoncini per caricare il carbone e altre presenze che richiamano inevitabilmente alla memoria i lavori svolti dagli emigrati italiani. Il museo dell’emigrazione regionale “Pietro Conti” (intitolato al primo presidente della regione Umbria) si presenta così agli occhi dei visitatori, estendendo la sua visibilità ben oltre i confini del Palazzo del podestà, che ne ospita i tre piani espositivi.
Il museo è stato inaugurato il 29 novembre 2003, ma l’inaugurazione è avvenuta dopo un lungo lavoro di documentazione e di ricerca che ha impegnato la direttrice del museo, Catia Monacelli, e il suo staff nei due anni precedenti. La scelta di aprire un luogo del genere proprio a Gualdo è infatti coincisa con una stagione di riscoperta dell’emigrazione umbra, che nella sua evoluzione storica ha avuto proprio nei comuni della dorsale appenninica, di cui è parte Gualdo Tadino, uno degli epicentri maggiori. A fianco al museo è così nato anche un centro studi, insieme a un archivio fotografico, una biblioteca, una videoteca.
Il museo ha sede, come già accennato, nel Palazzo del podestà, un luogo molto centrale e molto importante nella storia di Gualdo, palazzo di origine duecentesca, ricostruito dopo il terremoto del 1751 (anche molto recentemente Gualdo ha subito pesantemente gli effetti di un terremoto, nel 1997). Si sviluppa su tre piani, significativamente denominati “partenza” (secondo piano), “viaggio” (primo piano), “arrivo” (piano terra). La suddivisione tripartita permette la ricostruzione del percorso migratorio in maniera semplice e immediata e il visitatore può in questo modo immedesimarsi nell’esperienza migratoria. Terminata la visita, la sensazione dell’immedesimazione è quella che prevale, anche perché il percorso museale è costruito in maniera tale da avvicinare notevolmente gli osservatori ai temi trattati. L’itinerario proposto dal museo è basato su fotografie, planisferi, documenti di viaggio, indumenti, bagagli, animazioni video, strumenti di lavoro, che permettono di entrare dentro le differenti tappe del percorso migratorio.
Le caratteristiche più interessanti della proposta di Gualdo sono a mio avviso tre e occorre specificarne l’importanza e soprattutto i legami che hanno con una lettura complessivamente innovativa dell’emigrazione italiana, della sua storia e della sua rappresentazione. La prima caratteristica che salta agli occhi è che l’emigrazione viene inquadrata, anche nella ricostruzione museale, come un fenomeno non proiettato esclusivamente all’estero, ma calibrato correttamente anche sui luoghi di partenza. L’emigrazione di massa ha trasformato interi territori, non soltanto nei paesi di destinazione, ma anche nei luoghi di partenza e per questo la descrizione delle condizioni sociali ed economiche delle zone dell’Umbria coinvolte dal fenomeno è molto importante. Anzi questo aspetto potrebbe essere ulteriormente potenziato nell’itinerario espositivo con una maggiore documentazione sui ritorni degli emigranti nelle loro terre di origine. La seconda caratteristica è relativa all’uso dei documenti personali e delle “carte” degli emigranti, ritrovati presso gli archivi privati e pubblici. Da questo punto di vista l’allestimento del museo è stato pensato in modo molto originale ed efficace, perché i documenti anziché essere messi – come da tradizione – sotto teca, sono stati impacchettati rigidamente e protetti, ma sono stati appesi al soffitto con dei fili, per cui – oscillando davanti alle teste dei visitatori – possono essere toccati, manipolati, osservati fin nei minimi particolari. Una scelta del genere libera letteralmente i documenti di archivio da una dimensione polverosa e inaccessibile e li avvicina alla curiosità dei visitatori. La terza caratteristica da evidenziare è a mio avviso l’insistenza sul tema del lavoro degli emigranti. Il lavoro nel museo non viene soltanto evocato in termini di sacrificio (come spesso si limitano a fare molte descrizioni e rappresentazioni dell’emigrazione), ma viene concretamente declinato nelle sue esperienze reali, relative soprattutto alla miniera: gli strumenti di estrazione del carbone, gli indumenti, i mezzi di trasporto, i sacchi, i caschetti da lavoro. Questa attitudine alla descrizione dei particolari del lavoro degli emigranti permette sicuramente di scendere in profondità nella loro esperienza. L’attenzione alla concretezza dell’esperienza migratoria – con pochi richiami agli echi sentimentalisti e patriottardi che a volte invece dominano i lavori sulla memoria dell’emigrazione – è il segno distintivo dell’approccio culturale e didattico scelto. In una fase di profonda confusione e contaminazione tra storia e memoria, mantenere questo profilo è sicuramente molto importante.
Il museo – a fianco alle attività di ricerca e di esposizione – ha avviato altre iniziative, come un laboratorio didattico dedicato alle scuole, un concorso video nazionale dedicato alle memorie dell’emigrazione, una collana di studi e ricerche sull’emigrazione italiana.
Informazioni:
Indirizzo: Piazza del Soprammuro, Gualdo Tadino (Pg)
Mail: info@emigrazione.it
Tel./fax: 075-9142445
Orari di apertura
Mattino : dalle ore 10.00 alle 13.00.
Pomeriggio : dalle 16.00 alle 18.30.
Giorni di chiusura : domenica mattina, lunedì, mattine dei giorni festivi
Prezzi: Intero – 5,00€; Ridotto – 3,00€
Visita guidata con Laboratorio Didattico* – 5,00€
Per la visita guidata con Laboratorio Didattico è necessario prenotare.