Il voto degli italo-statunitensi

Dopo l’approvazione della legge sul voto degli italiani nel mondo, le elezioni per la Camera e il Senato del 9 e 10 aprile 2006 sono state la terza occasione nella quale i cittadini italiani residenti negli Stati Uniti hanno avuto la possibilità di esprimere il proprio voto per corrispondenza restando nel paese d’adozione. Come è noto, infatti, nelle elezioni per il Parlamento Europeo del 2004 gli italo-statunitensi non hanno potuto votare dall’estero, ma soltanto recandosi nella sezione elettorale italiana d’origine.
Un primo dato che emerge dai risultati delle elezioni politiche del 2006 è il consistente aumento della partecipazione elettorale rispetto alle precedenti consultazioni, i referendum del 2003 sull’articolo 18 dello statuto dei lavoratori e sull’abrogazione della servitù coatta di elettrodotto e quelli del 2005 sulla procreazione medicalmente assistita. Complice la complessità dei quesiti del 2003 e la loro sostanziale irrilevanza per chi non viveva in Italia, tali referendum avevano visto il voto di appena il 14,7% degli italo-statunitensi, una percentuale ben al di sotto del già di per sé modesto 25,7% registrato per l’affluenza alle urne degli italiani1. Due anni più tardi, in parte per gli stessi motivi, la partecipazione era scesa addirittura all’11,8%, meno della metà del tasso riscontrato in Italia2. Invece, grazie alla parziale riduzione delle disfunzioni che avevano contrassegnato il funzionamento dell’apparato elettorale dei consolati e in ragione della maggiore rilevanza politica della consultazione, la percentuale di voto è più che raddoppiata nel 2006, salendo al 30,7% degli aventi diritto, nonostante sia comunque rimasta inferiore al 34,7% complessivo della ripartizione della circoscrizione Estero per l’America Settentrionale e Centrale, all’interno della quale sono stati inseriti gli Stati Uniti3.
Il responso delle urne per le elezioni politiche si presta a due possibili chiavi di lettura. La prima è il contributo offerto dagli italo-statunitensi alla vittoria parziale della coalizione guidata da Romano Prodi nella ripartizione dell’America Settentrionale e Centrale, che ha assegnato un senatore (Renato Turano di Chicago) e un deputato (Gino Bucchino di Toronto) all’Unione contro un solo deputato (Salvatore Ferrigno di Filadelfia) attribuito a Forza Italia. Su questo aspetto più appariscente si sono incentrate le valutazioni di buona parte della stampa italiana. Anche a non voler menzionare i giornali apertamente schierati a sinistra4, infatti, commentatori e corrispondenti hanno spiegato la sconfitta nel numero dei seggi riportata dalla Casa delle Libertà con la presunta incapacità da parte di Silvio Berlusconi di attrarre un elettorato composto in larga misura da professionisti emigrati di recente, cioè da elettori ben diversi da quegli individui animati da un patriottismo nostalgico e tendenzialmente conservatore sui quali avrebbe fatto affidamento la coalizione di centro-destra e in particolare il ministro Mirko Tremaglia. Per esempio, Beppe Servegnini ha citato le parole di una non meglio definita “Emanuela di Washington” come emblematiche dell’atteggiamento politico degli italo-statunitensi: “non potete neppure immaginare quante volte ho sentito commenti dopo una gaffe di Berlusconi” 5. Allo stesso modo, Maurizio Molinari ha riportato l’opinione di una serie di imprenditori, studenti universitari, avvocati e broker finanziari che si sarebbero sentiti ignorati da Berlusconi, reo a loro giudizio di aver trascurato la comunità italo-statunitense e di aver invece privilegiato i rapporti istituzionali con l’amministrazione Bush durante il suo viaggio preelettorale negli Stati Uniti6.
In realtà, le cifre sul voto delineano un quadro più articolato e composito. L’Unione ha raccolto il 33,9% dei voti al Senato e il 32,8% alla Camera. Di contro, nel suo complesso, la Casa delle Libertà ha ottenuto il 60,1% al Senato e il 60,7% alla Camera. Nel computo finale, però, i suoi suffragi sono rimasti divisi tra le quattro liste – Forza Italia, UDC, Lega Nord e Per l’Italia nel Mondo con Tremaglia – con cui la coalizione di centro-destra si è presentata frammentata agli elettori. Come ha riconosciuto anche il responsabile del Dipartimento Italiani nel Mondo dei Democratici di Sinistra, Gianni Pittella7, tale errore strategico ha finito per penalizzare la Casa delle Libertà nei confronti dell’Unione. Quest’ultima si è presentata compatta nella ripartizione dell’America Settentrionale e Centrale, dove non ha schierato neppure le liste dell’Italia dei Valori e dell’UDEUR che figuravano invece altrove. Il sistema proporzionale puro attraverso il quale sono stati ripartiti i seggi all’estero ha così premiato tale coesione, determinando la parziale sconfitta della Casa delle Libertà, pur a fronte di una netta maggioranza di centro-destra alla quale deve essere aggiunto un ulteriore 1,4% ottenuto dalla Fiamma Tricolore sia al Senato sia alla Camera8.
La prevalenza di un orientamento conservatore tra gli italo-statunitensi non desta particolare meraviglia. Rispecchia, infatti, l’andamento del voto dei membri con cittadinanza statunitense della comunità italo-americana nelle elezioni per la Casa Bianca e per il Congresso9. Del resto, tale tendenza si era per certi aspetti già manifestata su questioni di rilevanza socio-confessionale nei referendum del 2005. In un contesto in cui i sostenitori di rigide restrizioni legali nel ricorso alla procreazione medicalmente assistita avevano incentivato l’astensionismo col risultato che a votare erano stati quasi esclusivamente gli assertori di una liberalizzazione delle leggi in materia, i votanti italo-statunitensi avevano rivelato una percentuale di oppositori dell’abrogazione delle quattro disposizioni della normativa vigente sottoposte a referendum di gran lunga superiore a quella dell’elettorato italiano (da un massimo del 39,9% del quarto quesito a un minimo del 38,6% del secondo rispetto a una forbice compresa rispettivamente tra il 22,6% e l’11,2% per quanto aveva riguardato i residenti in Italia) 10.
D’altra parte, la partecipazione degli italo-statunitensi alle primarie dell’Unione del 16 ottobre 2005 era stata a dir poco irrisoria dal momento che in tutto il paese erano stati scrutinati appena 513 voti validi11. Inoltre, nelle elezioni di aprile, il candidato che con 11.634 preferenze è risultato il più votato nella ripartizione dell’America Settentrionale e Centrale12, Renato Turano, sembra aver riportato un successo più che altro personale, ottenuto grazie a una capillare campagna elettorale ad personam e a una fitta rete di rapporti intessuta negli anni attraverso il suo precedente impegno all’interno della comunità italo-statunitense, anziché essere stato premiato da un voto d’opinione progressista che, in sua assenza, avrebbe potuto essere raccolto da un qualsiasi altro esponente dell’Unione13. In tali circostanze, lo stesso passaggio di Turano da un orientamento di centro-destra alla lista dell’Unione, in quota alla Margherita, pochi mesi prima delle elezioni contribuisce a caratterizzare in senso per lo meno moderato i suffragi che si sono indirizzati sulla sua candidatura14. Dall’elezione di Turano, quindi, esce ulteriormente ridimensionata anche la portata del successo della coalizione di centro-sinistra tra gli italo-statunitensi.

Note

1 Maddalena Tirabassi, I referendum del giugno 2003, la prima esperienza elettorale degli italiani all’estero, http://www.altreitalie.it/UPLOAD/ALL/67068.pdf.

2 Ministero dell’Interno, Referendum del 12-13 giugno 2005: Stati Uniti d’America, http://referendum.interno.it/referendum/refer050612/N_3281000.htm. Cfr. anche Alessandro Monteverdi, I referendum del 12 e 13 giugno 2005: alcune considerazioni sul voto all’estero, http://www.altreitalie.it/UPLOAD/ALL/67069.pdf.

3 Ministero dell’Interno, Affluenza alle urne: estero, http://politiche.interno.it/votanti/votanti060409/vot_j_cam_est_z3.htm.

4 Cfr., per esempio, Edoardo Novella, Il golden goal dei 4 senatori “stranieri”, “L’Unità”, 12 aprile 2006, p. 6.

5 Beppe Servegnini, Gli emigrati professionali, “Corriere della Sera”, 12 aprile 2006, p. 1.

6 Maurizio Molinari, Il Professore è venuto da noi, Berlusconi è andato da Bush, “La Stampa”, 19 aprile 2006, p. 8.

7 Gianni Pittella cit. in Sergio Sergi, I nostri emigranti non sono la riserva indiana del Polo, “L’Unità”, 12 aprile 2006, p. 6.

8 Ministero dell’Interno, Elezione del Senato della Repubblica del 9-10 aprile 2006: Stati Uniti d’America, http://politiche.interno.it/politiche/senato060409/X3281000.htm; Ministero dell’Interno, Elezione della Camera dei Deputati del 9-10 aprile 2006: Stati Uniti d’America, http://politiche.interno.it/politiche/camera060409/J3281000.htm.

9 William Egelman et alii, Italian American Voting Preferences, in Greece and Italy. Ancient Roots & New Beginnings, a cura di Mario Aste, Sheryl Lynn Postman, Michael Pierson, Staten Island, NY, American Italian Historical Association, 2005, pp. 94-102.

10 Ministero dell’Interno, Referendum del 12-13 giugno 2005: Stati Uniti d’America, cit.

11 Alessandro Monteverdi, Il voto degli italiani all’estero: le primarie dell’Unione, http://www.altreitalie.it/UPLOAD/ALL/84095.pdf.

12 Ministero dell’Interno, Candidati ed eletti: America Settentrionale e Centrale, http://politiche.interno.it/politiche/senato060409/eletti_non_X3000000.htm.

13 Per un sintetico profilo biografico di Turano, cfr. Dominic Candeloro, Chicago’s Italians. Immigrants, Ethnics, Americans, Charleston, NC, Arcadia, 2003, p. 129.

14 Marina Della Croce, Nuovo miracolo italiano. All’estero, “il manifesto”, 13 aprile 2006, p. 6.