L’emigrazione lucana in età contemporanea Evoluzione e ricerca storiografica

A differenza di altre regioni in Basilicata l’emigrazione rappresentò sicuramente il fenomeno che, più di ogni altro, ne cambiò il volto, spopolandola ampiamente e privandola delle sue forze più importanti. Secondo Francesco Saverio Nitti questo enorme movimento migratorio, che non ebbe precedenti nella storia italiana, costituì la causa modificatrice più profonda dell’assetto economico, morale e sociale del meridione, all’infuori di ogni influenza del Governo e della borghesia1.

Cause molteplici e concomitanti l’avevano fatta nascere e prosperare in Basilicata: dalla miseria di larga parte della popolazione alle condizioni dell’agricoltura, dalla distruzione quasi completa dell’attività di allevamento al disboscamento, dalle pessime condizioni idrogeologiche a quelle igieniche, dalla cattiva amministrazione locale alla pressione fiscale. Data la vastità del fenomeno, a cominciare dall’unità d’Italia, su di esso si incentrarono subito gli studi del tempo in concomitanza con l’attenzione nascente della classe politica per una provincia giudicata, a ragione, tra le più povere del Regno.

E difatti il nuovo Parlamento si trovò di fronte ad un territorio, quello lucano, caratterizzato da condizioni di estremo disagio. Su una superficie di kmq. 10.675 vi era una popolazione di appena mezzo milione di abitanti distribuiti in 124 Comuni. Dell’intera superficie ben 2.500 Kmq. erano occupati “da alvei di torrenti e fiumi da cigli di monti e balze e frane inospitali ed infeconde”; i boschi impegnavano 2.000 Kmq., mentre i pascoli 1.000. Solo il resto del territorio era adibito a coltura seminativa cerealicola con limitata superficie impegnata a vigneto od oliveto. Molti erano gli incolti in dipendenza di una proprietà ristretta nelle mani di pochi casati od enti pubblici ed ecclesiastici. L’agricoltura dava un reddito molto esiguo perché la natura era abbandonata alle sue sole forze. I contadini erano costituiti in generale da braccianti, mancando i piccoli proprietari ed i mezzadri. Pochi gli affittuari2.

L’altro grande problema era quello della mancanza di collegamenti viari che costringeva la regione ad un disastroso isolamento con appena 454 Km. di strade, di cui 126 nazionali, 268 provinciali e 60 comunali3. La situazione non era migliorata nel 1864 quando il Prefetto, relazionando al Consiglio provinciale, era infatti costretto a rilevare che gli uffici postali erano appena 25 in tutta la provincia. Ancora, le famiglie lucane risultavano 116.808, mentre il numero delle case era di appena 108.645 con la conseguenza che oltre 8.000 nuclei familiari erano senza tetto sulla testa.

Anche la situazione igienico-sanitaria appariva ai limiti del collasso: pochi i medici, i veterinari e le levatrici, frequenti le epidemie. La elevata mortalità concentrava la media della vita intorno ai 25 anni, al di sotto di quella delle altre regioni4. Completamente disastrosa, infine, la situazione della scuola pubblica con 912 analfabeti ogni mille abitanti5. Solo all’inizio del nuovo secolo, dopo la visita di Zanardelli, allora presidente del Consiglio, nel 1902, si diede vita ad un primo intervento legislativo teso a sollevare le tristi condizioni della provincia6.

Quasi in concomitanza con tali iniziative l’emigrazione era stata studiata, innanzitutto con taglio di ricerca sociale, proprio da coloro che dovevano fornire un quadro attendibile alle autorità di governo. È il caso di Ausonio Franzoni (Tavernola 1859-Roma 1934), inviato da Zanardelli in Basilicata, che in una sua relazione documenta lo spopolamento del territorio e la povertà dei ceti rurali. Dalle statistiche allegate risulta, infatti, che la popolazione lucana passa da 539.197 abitanti, secondo il censimento del 1881, a 491.558 nel censimento del 19017.

Anche i dati dei periodi precedenti ci danno la misura di un fenomeno di vaste proporzioni. Tra il 1869 e il 1876 partono 14.000 lucani, negli anni successivi si va dai 1.102 emigrati del 1876 ai 53.592 espatriati dal 1882 al 1887. Negli anni seguenti la situazione si aggrava sino a toccare, nel 1896-1903, la cifra di 120.796 espatri, facendo della Basilicata la regione d’Italia più colpita dall’esodo migratorio dopo il Veneto. In definitiva, tra il 1871 ed il 1911 ben 361.326 lucani lasciano la propria terra per emigrare8.

Questi studi sull’emigrazione lucana, pur nella loro diversità, sono indubbiamente condizionati da finalità pratiche e da richieste della “committenza” ed avvengono in un momento spesso caratterizzato da specifici ambiti sociali e politici. Così il lavoro del Franzoni, condotto tra il 12 novembre e il 14 dicembre 1902, non può non risentire della natura dell’incarico affidatogli dal Governo, all’interno di una iniziativa promossa dal Commissariato per l’Emigrazione al fine di porre un freno ad un fenomeno che cominciava a fare preoccupare per le sue vaste dimensioni.

L’impostazione metodologica di molti lavori divergeva profondamente da quella utilizzata in campo nazionale, più generale e prevalentemente statistica, concentrandosi su “un approccio di micro analisi in cui l’osservazione del minuscolo, l’analisi di singoli casi, la descrizione di vicende locali apparentemente insignificanti e talvolta aneddotiche” si erano mostrate, in realtà, “laddove comparate con processi più generali, di grande importanza sul piano della comprensione”. Di qui la consapevolezza, “non sempre formalizzata o esplicitata”, di indagare le cause e gli effetti dell’emigrazione non basandosi soltanto sugli approcci statistici e sui dati ufficiali ma recandosi direttamente nelle località interessate: “Era da una visione dell’ambiente, dalla lettura dei bilanci comunali e dall’ammontare dei depositi postali, dall’ascolto dei migranti, ovvero dall’analisi di dati tratti dalle fonti più disparate che sarebbe stato possibile arrivare ad una migliore comprensione della realtà”9.

La Basilicata, in definitiva, aveva tali e tante diversità da richiedere – secondo Ausonio Franzoni – il superamento di schematismi e preconcetti e l’approdo ad uno studio dettagliato e localistico. Solo dall’attento esame delle “condizioni particolari di ogni comune” si poteva fornire “un’idea, relativamente, completa, sulle svariatissime cause”, che in Basilicata attribuivano al fenomeno migratorio “una vera morbosità”10. Si tenga presente che la seconda edizione della relazione, quella del 1904, destinata alla divulgazione dopo la prima (1903) ad uso interno parlamentare, non poté essere diffusa per l’intervento del nuovo Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti che la giudicò pessimistica e pericolosa.

Anche Eugenio Azimonti (Milano 1880-Capranica 1960) condivideva questa impostazione, coinvolgendo addirittura l’analisi del bilancio delle famiglie contadine, delle entrate e delle uscite11. Egli, tuttavia, divergeva dal Franzoni il quale riteneva non fosse individuabile un’area territoriale omogenea al di sopra di quelle comunali. Per Azimonti, agronomo e direttore della Cattedra Ambulante di Agricoltura, invece, era possibile “andare oltre una lettura localistica dell’emigrazione”, basandosi su elementi come lo stato dell’agricoltura, i sistemi di conduzione e la grandezza delle aziende contadine, elementi, questi, che influivano sui flussi migratori12.

Prima di tali studi ad occuparsi, seppur non diffusamente, dell’emigrazione lucana si era cimentato nel 1875 Leopoldo Franchetti (Livorno 1847-Roma 1917) il quale, fra l’altro, aveva accennato anche al problema delle donne lasciate in patria da mariti emigrati e della prole abbandonata a se stessa:

Le mogli rimaste a casa coi bambini fanno debiti; l’emigrato, generalmente, manda di quando in quando denari per il sostentamento della famiglia, ma l’interesse delle somme già prese a prestito ne mangia una buona porzione, e l’usura piglia anticipatamente la sua parte sopra questo come sopra tutti gli altri guadagni dei lavoranti. I costumi delle donne, nei paesi dove sono migliori, peggiorano. Le mogli degli emigrati finiscono spesso per cadere sotto a qualche signore del paese, fanno figli in assenza del marito, e sono costrette spesso ad abbandonarli od a consegnarli, per esser portati all’ospizio dei trovatelli di Napoli da certe impresarie di quel genere di trasporti, sulle quali del resto non ho avuto particolari 13.

Le stesse rimesse degli emigranti – sottolineava preoccupato lo studioso toscano – non servivano per lo sviluppo del territorio ma soltanto per gonfiare le casse postali e bancarie o, addirittura, per arricchire gli usurai.

Dopo Franchetti, nel dibattito politico che era nato intorno al tema dell’emigrazione, era intervenuto Giustino Fortunato (Rionero in Vulture 1848-Napoli 1932) che, nel marzo 1879, sulla “Rassegna Settimanale” aveva scritto L’emigrazione e le classi dirigenti, difendendo l’emigrazione dagli attacchi di alcuni parlamentari. Causa di tale fenomeno non era l’ingenuità dei contadini né, tantomeno, l’avidità di maggiori guadagni, ma la povertà e la miseria dei ceti rurali, cioè di quelle “popolazioni ignoranti, sofferenti e rinchiuse entro i confini di una patria ingrata” . Ecco perché lo Stato non doveva arrestare l’esodo ma solo guidarlo, orientarlo e sostenerlo. Solo così si sarebbero favoriti i contadini che partivano con ansia di riscatto e quelli che restavano la cui condizione sarebbe migliorata a causa dell’aumento dei salari causata dalla mancanza di manodopera14.

Lo studioso non approfondì oltre tali tematiche, cosa che invece fece un altro lucano, Francesco Saverio Nitti (Melfi 1868-Roma1953). Nel suo L’emigrazione italiana e i suoi avversari del 1888 il futuro Presidente del Consiglio italiano riprendeva la difesa dell’emigrazione fatta da Fortunato contestando la tesi degli effetti negativi del fenomeno e concludendo con la famosa frase “o emigranti o briganti”:

Voler sopprimere o limitare l’emigrazione, voler con ingiuste ed inutili disposizioni, renderla malagevole e difficile, date le attuali condizioni economiche ed amministrative, è atto ingiusto e crudele. Poiché a noi, in alcune delle nostre province del mezzogiorno specialmente, dove grandi sono le ingiustizie che opprimono ancora le classi più diseredate dalla fortuna, è una legge triste e fatale: o emigranti o briganti 15.

Tale impostazione veniva ripresa nel 1896, quando Nitti, di fronte alla crescita della popolazione e all’inadeguatezza dell’agricoltura, definiva l’emigrazione “la sola, la grande valvola di sicurezza”16.

Seppure con alcune differenziazioni, alla difesa politica dell’esodo migratorio si allineò, nel 1911, anche Ettore Ciccotti (Potenza 1863-Roma 1939), primo deputato socialista del Mezzogiorno17. Egli, con profonda amarezza, dovette riconoscere la sua ineluttabilità18.

Dello stesso anno anche il saggio di Francesco Coletti, docente di statistica dell’Università di Pavia, il quale, tra le regioni esaminate, si occupa, seppur brevemente, anche della Basilicata sottolineando come alla causa della miseria estrema si sia sostituita “l’abitudine presa e il fatto, permanente tuttora, che fuori si guadagna molto di più che non restando in paese”19.

Tre anni prima, nel 1908, era uscito sul “Bollettino dell’emigrazione” Vantaggi e danni dell’emigrazione nel Mezzogiorno d’Italia. Note di un viaggio fatto in Basilicata e in Calabria dal R. Commissario dell’emigrazione Adolfo Rossi, Ottobre 1907, un vero e proprio “reportage” di viaggio con interessanti dati statistici che mostravano in quali paesi, nel periodo 1882-1901, fosse avvenuta una diminuzione della popolazione superiore al 20%. Rossi, inoltre, espresse una interessante correlazione tra i dati dell’esodo migratorio e quelli dell’alfabetizzazione, proponendo come misura da adottarsi immediatamente proprio l’istruzione di chi aveva intenzione di partire20.

Di questo periodo è anche un saggio del deputato lucano Pietro Lacava (Corleto P. 1835-Roma 1912) che, tra l’altro, concentra l’attenzione su alcune conseguenze dell’emigrazione, in particolare sulla disgregazione dell’istituto familiare e sulla delinquenza minorile, riportando le analisi della magistratura locale21.

Le relazioni annuali dei Procuratori del Re costituiscono, anch’esse, una fonte, spesso inesplorata, sugli effetti dell’esodo migratorio all’interno del territorio tra Otto e Novecento, specialmente in termini di dati quantitativi e qualitativi riferiti alla fattispecie di alcuni reati e, più in generale, alla complessiva situazione sociale ed economica della popolazione22.

Un altro settore non ancora approfondito è proprio quello del rapporto tra emigrazione e infanzia abbandonata, specialmente in riferimento all’aumento delle nascite illegittime e degli esposti. Nel 1887 la Basilicata, ad esempio, presenta un tasso del 3,63% di nati “esposti” ed illegittimi non riconosciuti. Le donne lucane, rimaste sole di fronte alle numerose difficoltà della vita, prive di mezzi e vittime del bisogno, sono costrette sempre di più a ricorrere ad abbandonare il figlio, “frutto della colpa”, senza più sapere nulla della sua sorte. E difatti, secondo le statistiche del tempo, molti dei bambini abbandonati finiscono col morire: nel triennio 1885-1887 il numero complessivo dei deceduti tra i bimbi abbandonati è di soli 3 nel Lazio ed in Umbria, di 111 in Abruzzo e Molise e di ben 226 in Basilicata23.

Nel 1914 anche in Basilicata si assiste ad una diminuzione del flusso migratorio a causa del decreto di agosto che, per la guerra, aveva sospeso la facoltà di emigrare per i militari e gli iscritti alla leva: l’anno precedente erano partiti ben 16.156 lucani. Dopo l’intermezzo 1915-1918 riprendono le partenze, ma nuovi problemi sarebbero sopraggiunti a bloccare “la voglia d’America” dei ceti rurali.

All’inizio degli anni Venti, infatti, gli Stati Uniti, meta privilegiata dall’emigrazione lucana, procedono ad un forte ridimensionamento della propria politica immigratoria sull’onda di forti e crescenti spinte xenofobe nonché delle preoccupazioni dell’opinione pubblica per l’abbassamento del tenore di vita e dei salari, causato proprio dalla concorrenza della manodopera straniera. Lo stesso indiscriminato aumento demografico nelle metropoli ed il contemporaneo espandersi di una criminalità spesso straniera concorreva ad amplificare la paura per i nuovi arrivati24.

Già nel 1917 era stata sancita la non ammissione degli analfabeti. E possiamo ben immaginare come ciò svantaggiasse particolarmente gli emigrati lucani, dato che, ancora nel 1911, in Basilicata il 65% dei suoi abitanti di età superiore ai 6 anni era analfabeta. Ma è nel 1921 che gli Stati Uniti “danno un colpo all’accelleratore” approvando, con un Quota Act, l’ingresso sul proprio territorio solo di una quota pari al 3% dei connazionali residenti in America al censimento del 1910. A seguito di tale provvedimento anche l’emigrazione lucana subisce una netta riduzione. Se, infatti, nel periodo 1919-20 avevamo 16.371 unità, nel triennio 1921-23 l’esodo si riduce a 16.013. La differenza appare più marcata se ci riferiamo al contingento medio annuo che, nel periodo 1921-1923, si riduce a poco più di 5.000 unità25. Si tenga, inoltre presente che la gestione ed il controllo del contingente medio era tutt’altro che trasparente. Una testimonianza a tale proposito è fornita da Ernesto Rossi nelle sue celebri lettere a Umberto Zanotti Bianco, scritte tra il 1921 e il 192226.

Anche i tentativi di aggirare i divieti non servivano a nulla. Continuamente il Commissariato Generale per l’Emigrazione inviava alle autorità locali circolari nelle quali si invitava a vigilare su tali tentativi, dissuadendo dalla possibilità di chiedere il passaporto per Cuba e per il Messico, con l’intenzione di passare, in seguito, negli Stati Uniti27, o dall’altro espediente, “artificiosamente incoraggiato dai favoreggiatori di emigrazione clandestina”, di espatriare come appartenenti a categorie fuori quota oppure come “passeggeri di classe, fuori turno di prenotazione”28.

Nel 1924 un nuovo Quota Act, la “Johnson-Reed Law”, riduce la quota di ingresso al 2% dei connazionali residenti negli Stati Uniti al censimento del 1890, comportando una fortissima penalizzazione per i Paesi, come l’Italia, di giovane emigrazione. Le conseguenze non si fanno attendere in Basilicata: i contraccolpi sono notevoli anche sul piano economico, con la drastica riduzione delle rimesse degli emigranti.

L’emigrazione italiana è costretta a dirigersi verso altri Paesi come quelli dell’America Latina, soprattutto Argentina e Brasile. Secondo dati Svimez nel solo periodo 1919-1927 gli espatri regionali diretti in Argentina furono 18.04329.

Con il “cambiamento di rotta” del fascismo e la crisi mondiale l’emigrazione lucana subisce una ulteriore forte caduta, mentre il reddito netto della regione diminuisce considerevolmente, passando da 1.751 lire del 1928 alle 1.633 lire del 1939.

Nel quinquennio 1928-1932 la media annua degli espatri regionali si attesta sulle 1.817 unità, 724 in quello successivo, per giungere, nel quinquennio 1938-1942, ad appena 301 unità. Negli stessi periodi questi i dati, in valore assoluto: 9.085, 3.621, 1.50730.

Nel 1929 è, inoltre, intervenuto l’ennesimo provvedimento legislativo restrittivo americano che ha ridotto a 153.000 il tetto massimo di immigrazione annua complessiva (5.802 per l’Italia), adottando come base il censimento del 1920. La depressione, successiva al crollo di Wall Street, aggrava la situazione, scoraggiando ulteriormente l’emigrazione.

Fonte importante per lo studio dell’emigrazione lucana in questo periodo sono i numeri della rivista “La Basilicata nel mondo”, pubblicata dal luglio 1924 all’agosto 192731. Diretta da Giovanni Riviello, fu prima vicina a Nitti poi aperta, seppur moderatamente, alle influenze fasciste. Propagandando i valori della “lucanità” rappresenta una miniera di dati sulle comunità lucane, specialmente negli Stati Uniti, su cui si sono incentrati gli studi più recenti. In particolare quelli di Nino Calice32 e del sottoscritto tesi a dimostrare il coinvolgimento delle comunità lucane negli Stati Uniti e di alcuni loro rappresentanti, esponenti di spicco del mondo imprenditoriale e finanziario americano, in alcune iniziative sponsorizzate dal fascismo come la nascita della “Casa di Cultura Italiana”, collegata alla Columbia University, che ebbe tra i suoi direttori Giuseppe Prezzolini 33. Sempre su tali migrazioni è necessario citare anche il saggio di Costantino Conte Nel nome di Colombo. Vito Contessa, la colonia italoamericana di Harlem e il primo fascismo34.

Tali lavori scandagliano il fenomeno migratorio dalla Basilicata collegandolo a tematiche storiche più ampie, nazionali ed internazionali. Insieme a questa impostazione più generale stanno aumentando le ricerche sulle aree di arrivo dei flussi e su quelle di partenza35. Lavori come quelli di Maria Schirone36, di Felice Lafranceschina37, di Ugo Calabrese38 e di Lucia Coviello39 aprono, infatti, un discorso non solo sui processi di integrazione nelle diverse nazioni, ma anche sui flussi migratori della seconda metà del Novecento.

Un tentativo di fare il punto della situazione degli studi è stato fatto nel 1998 con la pubblicazione del numero monografico della rivista del Consiglio regionale della Basilicata dal titolo Lucani nel mondo, che ha ospitato il contributo di numerosi studiosi ed ha acceso i riflettori sulla vita delle comunità lucane all’estero40. Proprio su quest’ultimo punto le istituzioni regionali, con la costituzione nel 1990 della Commissione regionale di lucani all’estero, hanno intrapreso numerose iniziative per collegare le diverse realtà e promuovere le ricerche sulla loro storia.

Ritornando all’esame dell’evoluzione storica del fenomeno migratorio, verso la fine degli anni 1940 e gli inizi degli anni 1950 in Basilicata si assiste ad una ripresa dei flussi. Nel primo decennio post bellico espatria quasi il 16% di tutta la popolazione residente: un dato oltremodo negativo, inferiore solo a quello calabrese, che, aggiunto a quelli dei periodi successivi, ci offre il quadro fosco di una regione la quale nel secondo dopoguerra perde quasi 250.000 abitanti41.

La conseguenza fu lo spopolamento dei centri abitati42, la diminuzione dei giovani, l’aumento degli anziani e delle donne. Per quanto riguarda i Paesi di destinazione i flussi si rivolgono innanzitutto verso le mete tradizionali: Stati Uniti, Canada, Argentina, Brasile, Venezuela, Australia. Ma anche Stati europei come il Belgio vengono raggiunti dai nuovi emigranti. E proprio sull’emigrazione lucana in Belgio degli anni 1950, quella, per intenderci, rivolta al lavoro in miniera, recentemente si è indirizzato l’interesse della ricerca storica con Maria Schirone43 e il sottoscritto44.

Sul versante della ricerca archivistica è da citare il progetto di ricerca elaborato dall’Archivio di Stato di Potenza sulle fonti della storia dell’emigrazione, concretizzatosi con la sottoscrizione di una convenzione tra il Dipartimento regionale alle Attività Produttive e la locale Deputazione di Storia Patria. Il lavoro, che ha interessato il periodo 1861-1905, ha riguardato la documentazione conservata negli Archivi di Stato di Potenza e Matera, la bibliografia specifica, il censimento di enti ed istituti con documentazione a riguardo, il censimento di materiale fotografico, iconografico, musicale, letterario in possesso di enti pubblici o privati.

Da ricordare anche il Convegno di studi del 7-9 giugno 2000 L’altra Basilicata. Per la storia dell’emigrazione. Fonti e linee di ricerca. L’incontro, organizzato dalla Deputazione di Storia Patria per la Lucania, con la collaborazione del Ministero per i Beni Culturali, gli Archivi di Stato di Potenza e Matera, la Soprintendenza archivistica regionale, l’Università della Basilicata e con il patrocinio della Commissione regionale lucani all’estero, è stato l’occasione per dibattere i temi della ricerca storiografica sull’emigrazione lucana e per confrontare i diversi punti di vista.

Qualcosa si sta muovendo anche sul versante della storia di genere, con ricerche, seppur allo stato ancora embrionale, sulle donne in migrazione45. In questo contesto va citata l’iniziativa della Commissione regionale pari opportunità di indire un concorso, pubblicandone i lavori, sulle storie al femminile46. Tali scritti, pur con i loro inevitabili limiti, rappresentano una indubbia fonte documentale per studiosi che si vogliano cimentare con una ricerca sistematica sulle donne lucane nella storia dell’emigrazione, non tralasciando i riflessi sui cambiamenti di ruolo all’estero e in patria e le conseguenze che l’esodo ebbe sul tessuto familiare e sociale regionale, con forti cambiamenti nella distribuzione del lavoro e nei rapporti tra i sessi.

Pur senza costituire opere autonome, informazioni e dati sull’emigrazione si rinvengono in diversi testi di storia contemporanea e in singoli saggi apparsi su riviste regionali specializzate47. Per completare il panorama sintetico degli studi è da citare l’importante contributo di Enzo Vinicio Alliegro il quale ha analizzato il fenomeno secondo una prospettiva storico-antropologica. Questo studioso, in forza al Department of History and Civilization dell’European University Institute di Firenze, ha peraltro avviato anche una interessante riflessione sui primi studi in materia48.

La ripresa dell’esodo, anche verso il nord d’Italia (soprattutto Milano e Torino), degli anni 1960 e 1970 documenta l’indubbio fallimento della riforma agraria (con la parcellizzazione e l’inefficienza della proprietà agricola), l’imprevidente politica di industrializzazione (con la creazione di siti produttivi senza futuro, le cosiddette “cattedrali nel deserto”) e il privilegiare settori come l’edilizia e gli uffici pubblici (con il rafforzamento del clientelismo e la nascita del “sistema della ricchezza senza sviluppo”)49.

Oggi si sta assistendo all’emigrazione intellettuale, sia nella sua forma temporanea che in quella stabile, di migliaia di giovani laureati che ogni anno lasciano la regione per spostarsi soprattutto nell’Italia settentrionale, dove sperano trovare un tessuto produttivo più aperto e senza subordinazioni politico-clientelari.

Di tutto questo si dovrà occupare una storiografia che, si spera, sappia sempre più staccarsi da impostazioni tradizionali e pregiudiziali per compiere una analisi accurata e libera sul rapporto tra mancato sviluppo territoriale e ripresa, seppur contenuta, dei flussi migratori.

1 Cfr. Nitti Francesco Saverio, Inchiesta parlamentare sulle condizioni dei contadini nelle province meridionali e nella Sicilia, IV, 1, Roma Tip. Naz. G. Bertero, 1910, ristampato in Francesco Saverio Nitti, Scritti sulla questione meridionale, a cura di Pasquale Villani – Angelo. Massafra, IV, Roma-Bari, Laterza, 1968, pp. 153-160, 164-170, 182-206.

2 Per le condizioni territoriali, economiche e civili della Basilicata, cfr. Vincenzo Verrastro, Cento anni di vita del Consiglio Provinciale di Basilicata, Matera, Tip. Montemurro, 1961. Si veda anche l’accurata analisi in Enrico Pani Rossi, La Basilicata. Libri tre. Studi politici, amministrativi e di economia pubblica, Verona, Civelli, 1868.

3 Sulla situazione viaria si veda anche Tommaso Pedio, La “questione meridionale” in una provincia del Mezzogiorno, Bari, Ed. Levante, 1979, pp. 7-15. Per l’impegno del Consiglio Provinciale a riguardo, cfr. Michele Strazza, Il Consiglio Provinciale di Basilicata (1808-1868), Venosa (Pz), EdiMaior, 2008, pp. 71-77.

4 Per la difficile situazione della Basilicata, cfr. anche Saverio Cilibrizzi, I grandi lucani nella storia della nuova Italia, s.l., Conte Editore, s. d. (1956), pp. 35-39.

5 Relazione del governatore De Rolland dell’8 settembre 1861, in Archivio di Stato di Potenza, Fondo Prefettura, Atti Amministrativi (1860-72), B.145.

6 Legge 31 marzo 1904 n.140.

7 Ministero degli Affari Esteri. Commissariato dell’emigrazione. L’Emigrazione in Basilicata, relazione del Cav. Ausonio Franzoni, Roma, Tip. Nazionale Bertero, 1904, riedito in La Basilicata e il Nuovo Mondo, a cura di Enzo Vinicio Alliegro, Potenza, Consiglio Regionale di Basilicata, 2001, p. 247. Sulla relazione di Franzoni si veda anche Salvatore Lardino, Verso le terre del riscatto. Emigrazione e società in Basilicata nella relazione Franzoni (1903), “Bollettino Storico della Basilicata”, 5/1989, pp. 193-251.

8 Commissariato Generale per l’Emigrazione, L’emigrazione italiana, I, Roma, Ministero Affari Esteri, 1925.

9 E.V. Alliegro, Introduzione a La Basilicata e il Nuovo Mondo, cit, p. 18.

10 Ministero degli Affari Esteri. Commissariato dell’emigrazione. L’Emigrazione in Basilicata, relazione del Cav. Ausonio Franzoni, cit., p. 212.

11 Eugenio Azimonti, Perché si è avuta e si ha emigrazione dal potentino e come attenuarne le conseguenze, Potenza, Tip. Coop. La Perseveranza, 1907. Dello stesso autore, cfr anche Relazione Tecnica per la Basilicata, Roma, Tip. Bertero, 1909, ristampata come Territori e società in Basilicata, Rionero (Pz), Calice Ed., 1996.

12 E.V. Alliegro, Introduzione a La Basilicata e il Nuovo Mondo, cit., pp. 44-45.

13 Leopoldo Franchetti, Condizioni economiche e amministrative delle province napoletane. Abruzzi e Molise-Calabria e Basilicata. Appunti di viaggio, Firenze, Tip. della Gazzetta d’Italia, 1875, pp. 108-124.

14 Riportato in Il Sud nella storia d’Italia. Antologia della questione meridionale, a cura di Rosario Villari, Roma-Bari, Laterza, 1961, pp. 149-156.

15 Francesco Saverio Nitti, L’emigrazione italiana e i suoi avversari, Roux, Torino 1888, pp. 73-74.

16 Francesco Saverio Nitti, La nuova fase della emigrazione italiana. Discorso pronunciato per l’inaugurazione solenne dell’anno accademico nella R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici, il 21 novembre 1896, Portici, Premiato stabilimento tipografico vesuviano, 1897, p. 5.

17 Ettore Ciccotti, L’emigrazione, in Storia della questione meridionale, a cura di Salvatore Francesco Romano, Palermo, Pantea Ed., 1945, pp. 291-297.

18 Ibid., p. 297. Dello stesso Ciccotti si veda anche La Basilicata, “Gazzetta Letteraria” (1889), ristampato come La Basilicata agli inizi del Novecento, Possidente (Pz), Pianetalibro, Ed. 2004, in particolare pp. 29-35, nonché Sulla questione meridionale. Scritti e discorsi, Milano, Casa Editrice Moderna, 1904, pp. 13-17.

19 Cfr. Francesco Coletti, Dell’emigrazione italiana, in Cinquant’anni di vita italiana, III, Milano, Hoepli, 1911, pp. 138-147 e 269-273, riportato in Il Sud nella storia d’Italia, cit., pp.346-363.

20 Vantaggi e danni dell’emigrazione nel Mezzogiorno d’Italia. Note di un viaggio fatto in Basilicata e in Calabria dal R. Commissario dell’emigrazione Adolfo Rossi, Ottobre 1907, “Bollettino dell’emigrazione”, 13, 1908.

21 Pietro Lacava, Sulle condizioni economico-sociali della Basilicata, “Nuova Antologia”, serie V, CXXVIII, 1 marzo 1907, pp. 110-118, 126-130.

22 Cfr. a tale riguardo Saverio Borrelli, Relazione statistica dei lavori del Circondario del Tribunale Civile e Correzionale di Potenza nell’anno 1888, letta all’Assemblea Generale del 5 gennaio 1889, Potenza, Stab. Tip. Litogr. Arcangelo Pomarici, 1889, pp. 51-59; Gaetano Mancini, Relazione Statistica dei lavori del Distretto della Sezione di Corte d’Appello di Potenza nell’anno 1899, Potenza, Tip. ed. Garramone e Marchesiello, 1900, pp. 12 e 17.

23 Beatrice Nolè, Matrimonio, prostituzione, illegittimi, in AA.VV., Strategie familiari e imprenditoriali fra ‘800 e ‘900. Il caso della Basilicata, Rionero (Pz), Calice Editori, 1992, pp. 271-273.

24 Sulle restrizioni Usa negli anni Venti, cfr. Michele Strazza, Le restrizioni Usa degli anni ’20 e l’emigrazione lucana, “Mondo Basilicata”, 4/2004.

25 Raffaele Colangelo, Demografia e migrazioni interne, in AA.VV., Campagne e fascismo in Basilicata e nel mezzogiorno, Manduria, Lacaita, 1981, pp. 281 e ss. Dello stesso autore si veda anche Cento anni di emigrazione, in Basilicata tra passato e presente, a cura di Nino Calice, Milano, Teti, 1977, pp. 11-42.

26 Ernesto Rossi, Lettere dal Mezzogiorno a U. Zanotti Bianco (1921-1922), ripubblicate dalla Calice Editori, Rionero (Pz) 1993, pp. 31-32.

27 Circolare n.1 del 13 gennaio 1923 del Commissariato Generale dell’Emigrazione, in Archivio di Stato di Potenza, Fondo Pubblica Sicurezza, Ufficio P.S. di Melfi, B.22.

28 Circolare n.33 del 12 aprile 1923 del Commissariato Generale dell’Emigrazione, in Archivio di Stato di Potenza, Fondo Pubblica Sicurezza, Ufficio P.S. di Melfi, B.22.

29 Svimez, Un secolo di statistiche italiane. Nord e Sud 1861-1961, Roma, Svimez, 1961, p. 117.

30 R. Colangelo, Demografia e migrazioni interne, cit.

31 La Basilicata nel Mondo 1924-1927, ristampa anastatica, Matera. Editrice BMG, 1984.

32 Nino Calice, Le amate sponde, frammenti di una identità regionale, Rionero (Pz) Calice Editori, 1992.

33 Michele Strazza, Emigrazione e fascismo in Basilicata. Gli emigrati lucani negli Stati Uniti e l’appoggio al fascismo, Melfi (Pz), Tarsia Editore, 2004, vincitore del Premio Internazionale Unla-Ucsa 2007.

34 Costantino Conte, “Nel nome di Colombo”. Vito Contessa, la colonia italoamericana di Harlem e il primo fascismo, in AA.VV., Italiani! Amate il pane. Società e fascismo in Basilicata, Rionero (Pz), Calice Ed., 2000, pp. 175-201.

35 Per quanto riguarda i paesi di partenza si vedano, ad esempio, i lavori di Michelino Dilillo, Dati e conseguenze dell’emigrazione in Irsina, “Basilicata”, 56, 1968, e di Viviana Silvia Piciulo, Il “caso” di Ruoti nel contesto della immigrazione lucana in Argentina (1900-1950), “Storia e problemi contemporanei”, 18 (1996), pp. 45-64.

36 Maria Schirone, Dove la terra finisce. I lucani in Cile, Possidente (Pz), Pianeta Libro Ed., 1999.

37 Felice Lafranceschina, Trenta giorni di nave a vapore. Storia e testimonianze dell’emigrazione lucana in Brasile, Potenza, Ed. Ermes, 1999.

38 Ugo Calabrese, L’emigrazione Lucana in Uruguay e Paraguay, Napoli-Brienza (Pz), RCE Ed., 2004.

39 Lucia Coviello, Emigranti dimenticati. Storie e testimonianze di Lucani in Paraguay e in Uruguay, Potenza, Consiglio Regionale della Basilicata, 2007.

40 Consiglio regionale della Basilicata, Lucani nel mondo, “Basilicata Regione Notizie”, XI, 1-2 (1998).

41 Per questi dati cfr. Felice Lafranceschina, Quarant’anni di emigrazione lucana (1945-1985), in Lucani nel mondo, cit., pp. 69-78.

42 A riguardo si veda Regione Basilicata, Dip.to Programmazione, Compendio Statistico 1996 della Regione Basilicata, Popolazione censita in Basilicata per Comune dal 1861 al 1991, Potenza 1996.

43 Maria Schirone, Quelli dal volto bruno. I lucani in Belgio, Possidente (PZ), Pianeta Libro Ed., 1998.

44 Michele Strazza, L’emigrazione lucana in Belgio negli anni Cinquanta, in AA.VV., Quando credevamo di poter rifare il mondo. Gli anni Cinquanta in Basilicata, Rionero (PZ), Calice Ed., 2007.

45 Cfr. Storie di donne lucane. Racconti di figlie, madri, nonne, a cura di Maria Schirone, Anzi, Il Portale, 2001.

46 CRPO – Consiglio Regionale della Basilicata, Donne in migrazione 2005, Lavello, Finiguerra Arti Grafiche, 2005.

47 Mina Falvella, Flussi migratori della Basilicata: situazioni e dimensioni nel periodo 1861-1940, “Basilicata Regione Notizie”, 98, 2001.

48 E.V. Alliegro, Introduzione a La Basilicata e il Nuovo Mondo, cit.,, pp. 11-82.

49 Sull’emigrazione lucana degli anni 1960 si veda, tra gli altri, Alessandro D’Alessandro, Aggravata nel ventennio ‘51-’71 la situazione della Basilicata, “Basilicata”, XVIII, 1 (1974), pp. 47-49.