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“Gli scrittori italiani e l’emigrazione” e “La storia nella scrittura diasporica”

de_nicola_s Francesco De Nicola ha optato una storia della letteratura italiana sulla e della migrazione. Il suo contributo si basa su un’opzione forte. Fanno parte di un canone italiano sull’emigrazione quegli scrittori che non soltanto hanno utilizzato la propria lingua di partenza, ma hanno anche scelto abbastanza rapidamente di pubblicare direttamente in Italia. Di conseguenza è ampiamente discussa la produzione di Carmine Abate (Carfizzi 1954), emigrato in Germania e inizialmente scrittore in tedesco, ma poi rientrato nella Penisola, dunque autore in italiano e per importanti editori. Ha invece meno spazio Emanuel Carnevali (Firenze 1897 – Bologna 1942), perché la sua opera è in inglese ed arriva in Italia solo molto tardi e in traduzione (Il primo dio, Milano, Adelphi, 1978; sulla sua ricezione vedi la tesi di dottorato di Francesca Congiu, Una parabola letteraria: il caso di Emanuel Carnevali. Alcune traiettorie interpretative fra Italia e Stati Uniti, Università degli Studi di Cagliari, 2008, http://veprints.unica.it/136/1/congiu_francesca.pdf).

La proposta di De Nicola docente di letteratura italiana contemporanea all’Università di Genova e autore di numerosissimi saggi su scrittori liguri e piemontesi, è rivedibile in qualche particolare, ma è chiara e semplifica il dibattito. D’altronde il suo sforzo è quello di fornire una base di partenza per ridiscutere il tema non soltanto delle rappresentazioni letterarie dell’emigrazione (sulle quali vedi il già menzionato Sebastiano Martelli, Le rappresentazioni letterarie dell’emigrazione italiana in California tra Ottocento e Novecento, “Forum Italicum. A Journal of Italian Studies”, 43, 1, 2009, pp. 155-191), ma anche delle letterature diasporiche. Il suo testo si apre infatti con un capitolo storico, poi affronta alcune opere fondamentali (Sull’oceano di De Amicis, che De Nicola ha curato per l’editore Gammarò di Sestri Levante nel 2008, e i contributi di Pascoli, Pirandello, Soldati e Pavese), infine segue la letteratura italiana degli emigranti stessi fra nuovi mondi e rientri in patria. In quest’ultimo settore segnala anche il loro incrociarsi con gli autori che arrivano nella Penisola da altri Paesi e altri continenti.

sinopoli Sulla comparazione delle letterature migranti offrono importanti suggerimenti le autrici (Maria Grazia Negro, Veronica Orfalian, Maria Cristina Mauceri, Nora Moll, Loredana Polezzi, Camilla Cattarulla, Tatiana Petrovich Njegosh) che hanno contribuito al volume curato da Franca Sinopoli, ricercatrice presso La Sapienza di Roma e da tempo interessata a questi scambi. Basti ricordare le sue precedenti cure di La letteratura europea vista dagli altri, Roma, Meltemi, 2003, e, assieme a Silvia Tatti, di I confini della scrittura. Il dispatrio nei testi letterari, Isernia, Cosmo Iannone, 2005. In La storia nella scrittura diasporica troviamo un esauriente capitolo sullo scrittore in inglese e italo-statunitense Pietro di Donato, autore di quel Christ in Concrete, che ebbe anche una fortunata versione cinematografica (Edward Dmytryk, Give Us This Day, 1949). Tuttavia la forza nel volume è nel confrontare il caso di de Donato con quello di Amin Maalouf (francoscrivente di origine libanese), di Gérard Chaliand (di origine armena, nato a Bruxelles ma poi trasferitosi in Francia), di Elvira Dones (albanese, emigrata in Svizzera e poi negli Stati Uniti, al lavoro nella propria lingua, ma anche in italiano e in inglese), di Lucia Engombe (namibiana emigrata nella DDR e scrittrice in tedesco), di Ana Menéndez (angloscrivente, nata negli Stati Uniti da esuli cubani), di Edwidge Danticat (angloscrivente, nata ad Haiti, ma portata dai genitori negli Stati Uniti) e infine di Edward Said, che ha teorizzato l’essere Out of Place nell’omonima autobiografia del 1999. L’accostamento dei vari casi biografici contribuisce a evidenziare meglio il rapporto fra lingua familiare (o di origine) e lingua/lingue adottive e ad evidenziare il problema della casella nel quale situare le varie prove di (auto)narrazione.

Complessivamente i due volumi qui esaminati non sono forse del tutto esaurienti; però, iniziano a delimitare con sagacia un settore, quello delle letterature migranti e dei loro rapporti con le letterature nazionali di arrivo e di partenza, che dovrà essere ulteriormente dissodato.