Scrivere di emigrazione italiana nel 2014

Il Dizionario enciclopedico delle migrazioni italiane nel mondo[1] (Roma, SER, 2014), diretto da Tiziana Grassi e curato dalla stessa e da Enzo Caffarelli, Mina Cappussi, Delfina Licata e Gian Carlo Perego, ha aperto l’anno proponendone il tema principale: il tentativo di arrivare allo stesso tempo a nuove sintesi e a un pubblico più vasto. Il massiccio volume cerca infatti di raccontare in maniera tutto sommato agile la vicenda migratoria italiana, grazie soprattutto al riscontro fra 700 lemmi di base (migrazione paese per paese, protagonisti dei flussi, ecc.), 160 box di studio (relativi a particolari luoghi di insediamento o a istituzioni legate al fenomeno) e 17 appendici su temi specifici (mobilità interna o demografia dei flussi, ma anche i bagagli o il cibo degli emigrati). Qualcosa di analogo, ma a un livello accademico più alto, era avvenuto agli inizi del precedente decennio quando la ormai famosa Storia dell’emigrazione italiana (I-II, Roma, Donzelli, 2001-2002), curata da Piero Bevilacqua, Andreina De Clementi ed Emilio Franzina, aveva aperto la ripresa in grande degli studi sull’emigrazione[2]. Franzina aveva pensato di darle un seguito mediante un Dizionario, ma né Donzelli, né altri editori avevano voluto o potuto farsi carico del rischio.

Tra il Dizionario attuale e la Storia Donzelli c’è una certa osmosi, visto che alcuni autori hanno contribuito a entrambe. Nel frattempo non si è esaurita la spinta del gruppo legato alla seconda: alcuni curatori di quei volumi sono ancora molto attivi, per quanto ormai in pensione. Proprio il collettivo di questa rivista ha recentemente organizzato Dì bän so. Migrazioni e migranti nella storia: articoli, saggi e studi di e su Emilio Franzina che va in pensione (a cura di Matteo Sanfilippo, Viterbo, Sette Città, 2014). Inoltre ha dedicato allo studioso vicentino il dossier del decimo numero dell’Archivio: Cantanti ed emigrazione[3]. Nel frattempo Franzina non ha diminuito la sua produzione e, oltre a raccogliere alcuni recenti lavori sia nel volume in suo onore, sia in La terra ritrovata. Storiografia e memoria della prima immigrazione italiana in Brasile (Genova, Stefano Teramini Editore, 2014), ha partecipato con chi scrive e Vincenzo Lombardi alla cura di Italoamericani. L’opera di Rudolph J. Vecoli (1927-2008) (Isernia, Cosmo Iannone Editore, 2014)[4], ha proposto una breve sintesi interpretativa su La storia delle migrazioni come storia del lavoro (in Il lavoro cambia, a cura di Ariella Verrocchio ed Elisabetta Vezzosi, Trieste, EUT, 2014, pp. 39-54) e soprattutto si è posto il problema di come farsi leggere da chi non si interessa alla storia delle migrazioni.

Ha così scritto nel 2014 La storia (quasi vera) del Milite ignoto. raccontata come un’autobiografia, incentrata sul rientro degli italo-migranti e dei loro figli per combattere nella grande guerra. Questo lavoro non è un saggio, pur avendo una lunga postfazione saggistica, bensì un romanzo alla Ippolito Nievo, autore carissimo a Franzina e da questi studiato anche sulla nostra rivista[5]. In ogni caso le lettere e le riflessioni del protagonista, il futuro milite ignoto, sono estrapolate o ricostruite sulla base della ricchissima documentazione di quel tempo, da molti decenni raccolta e studiata da Franzina. Questi, come ricorda Dì bän so, è uno dei maggiori esperti europei di scritture autobiografiche ed epistolari e proprio in questo numero del nostro “Archivio” propone una rubrica specificamente dedicata allo studio di tali documenti.

Anche Andreina De Clementi si è occupata delle testimonianze di migranti, soprattutto meridionali e del periodo che va dalla grande emigrazione all’entre-deux-guerres e quindi al flusso del secondo dopoguerra[6]. Nella sua ultima opera non ha tentato la via della letteratura; ha invece fatto il punto della sua pluridecennale ricerca, raccogliendo e rielaborando una dozzina di saggi in L’assalto al cielo. Donne e uomini nell’emigrazione italiana (Roma, Donzelli, 2014). Come Franzina, nella postfazione al suo romanzo, De Clementi sottolinea in questo libro che “l’emigrazione è stata la Cenerentola della storiografia, resa incapace di interagire con la storia nazionale, relegata a qualche paragrafo aggiuntivo nei manuali scolastici e racchiusa in un recinto di specialisti poco desiderosi di dialogo e poco desiderati” (p. IX). Il suo sforzo tenta dunque di riequilibrare questa condizione di inferiorità, in parte autoinflitta. Di conseguenza non soltanto reinserisce la vicenda migratoria in quella nazionale, almeno dal 1870 in poi, ma si preoccupa anche di incentrare entrambe sul rapporto tra uomini e donne e sull’importanza di queste ultime nella storia e (solo più tardi) nella storiografia della mobilità.

Il bel libro di De Clementi insiste molto sui difetti della storiografia italiana, soprattutto nel settore migratorio, che a suo dire non avrebbe saputo imporsi, e in quello contemporaneista, sempre a suo dire incapace di comprendere quanto le migrazioni otto-novecentesche siano state fondamentali nella storia della nazione italiana. Sia le opere di Franzina, sia quelle di De Clementi hanno un sottofondo pessimistico, per lo meno in merito allo sviluppo della storiografia e del dibattito italiani sulle vicende nazionali, migratorie o meno. Il Dizionario enciclopedico, dal quale siamo partiti, presenta invece un punto di vista opposto, quello di una saggistica cattolica attenta sin dalla seconda metà dell’Ottocento alla dimensione migratoria in vista sia dell’azione pratica, sia della riflessione teorica. In merito a questa duplice spinta, si vedano i due volumi appena usciti di Beniamino Rossi, Un’opera ben più vasta. Gli inizi della Congregazione Scalabriniana e l’Opera di Patronato S. Raffaele (Roma-UCOS – CSER, 2014) e Giovanni Terragni, Scalabrini e la sua Congregazione. Aspetti istituzionali, 1887-1905 (Napoli, Grafica elettronica, 2014), entrambi dedicati al debutto dei missionari di S. Carlo nell’arena ecclesiastica e sociale[7]. Grazie anche al Rapporto italiani nel mondo della Fondazione Migrantes arrivato nel 2014 al nono volume (Todi, Editrice Tau, 2014), senza poi dimenticare la costante attività della rivista scalabriniana “Studi Emigrazione”, ormai al fascicolo 196, la produzione cattolica non ha mai registrato una flessione quantitativa e soprattutto ha abbinato indagini e riflessioni a un’intensa attività a favore degli odierni immigrati nella Penisola e di chi da questa è partito negli ultimi decenni oppure parte ora.

La produzione cattolica non rivela i rimorsi o i rimpianti comuni alla letteratura della sinistra del secolo scorso, cui si possono ascrivere Franzina e De Clementi, perché vede la propria attività come una forma di servizio e perché sa resistere a ogni mutazione della congiuntura politico-culturale senza abbandonare l’analisi dei fenomeni migratori e l’assistenza ai migranti. Grazie a tale resistenza non si sente né condannata, né emarginata. In questa constatazione si intravede un nodo, che vale la pena di approfondire pur se non abbiamo qui molto spazio. Le riflessioni di Franzina e di De Clementi sono il frutto di una più generale crisi politico-culturale. La progressiva scomparsa di una sinistra italiana, almeno nel senso che veniva dato a questo termine nel secolo scorso, è infatti accompagnata dalla crisi del libro e più in generale di tutte le pubblicazioni a stampa. In tale congiuntura di ogni volume di carta si vendono poche centinaia di copie, ma nel frattempo il digitale non è riuscito a sostituire la tipografia. E-book e biblioteche digitali sono un prodotto di nicchia, poco utilizzato dai lettori, e di fondo l’unica vera innovazione del panorama elettronico è la grande disponibilità di materiali on-line, anche scientifici.

Tale disponibilità è evidentissima negli studi migratori. Questa nostra rivista e le collane satelliti di libri e quaderni sono lette e citate quasi sempre nella versione elettronica (raggiungibile attraverso www.asei.eu). Lo stesso avviene per “Altreitalie”, che ha messo gratuitamente in linea i numeri dal 1989 al 2012, nonché i sommari di quelli più recenti e le indicazioni sulle collane del Centro Altreitalie (http://www.altreitalie.it/). Persino una rivista specialistica come “Frontiere” del Centro Studi Tusiani offre i suoi fascicoli ed altri materiali bibliografici e di ricerca sul poeta italo-statunitense Joseph Tusiani, sulla letteratura emigrata e sulla presenza italiana nelle Americhe all’indirizzo http://www.centrostuditusiani.com/. Tuttavia questa vasta offerta, in genere di qualità, scompare tra i miliardi di pagine schedate dai motori di ricerca ed è costantemente sopravanzata dalle voci di wikipedia (alcune molto buone, ma non sempre quelle della versione italiana) e da una quantità di siti che rimbalzano informazioni e interpretazioni datate, se non addirittura errate[8].

A questo cauchemar biblio-sitografico, nel quale è difficile distinguere il grano dal loglio, gli accademici formatisi in un altro secolo non sanno reagire. Qualsiasi sia la loro posizione politica, hanno una concezione ottocentesca della cultura, che considerano valido soltanto se frutto di lavoro e studio autonomi. Sono quindi sconcertati da un mondo, in cui tutti agiscono come gli studenti quando copiano le tesine da wikipedia o da Skuola.net. Al contempo non si capacitano che tanti loro colleghi non frequentino i siti web, perché ancora poco efficienti sul piano digitale, ma abbiano comunque smesso di leggere quello che viene stampato e scrivano basandosi su pochi e spesso vecchi testi.

Quest’ultimo fenomeno era in realtà evidente già nel secolo scorso, quando la maggior parte degli storici italiani conosceva una minima parte della bibliografia relativa all’argomento che studiava. Tuttavia il progressivo aumento della platea degli scrittori di cose storiche (docenti universitari, giornalisti, diplomatici, politici, semplici appassionati) ha ulteriormente abbassato la qualità generale di tale produzione. Inoltre lo sbriciolarsi degli ideali politici ha spinto tanti a optare per la mera sopravvivenza lavorativa senza speranze in un futuro migliore. Di conseguenza tanti saggisti, professionali o improvvisati, considerano inutile qualsiasi sforzo per documentarsi veramente, tanto più che le copie vendute di ogni rivista o di ogni opera sono veramente poche.

La produzione cattolica non ha questi handicap, perché ha iscritti nella propria ragion d’essere la speranza nel futuro e l’impegno nel presente. Inoltre, al contrario di tanti studiosi di sinistra, i saggisti cattolici si rivolgono a un pubblico assai vasto e motivatamente interessato alle migrazioni: un pubblico di attivisti, che vuole saperne di più per agire meglio. Scrivono infatti per chi nelle parrocchie, negli ospedali e nelle ASL, nelle scuole e nelle università, insomma in genere nel territorio, tratta quotidianamente con coloro che partono o che arrivano. Gli autori di sinistra non hanno più un pubblico analogo, perché i raggruppamenti del loro spettro politico, moderati o radicali, non si interessano dei problemi migratori, se non su un piano astrattamente teorico o su quello più pratico del trarre guadagni, persino illeciti, dalla gestione dell’immigrazione[9], e gli attivisti sono un ricordo del passato.

Alla porzione più accademica del pubblico cattolico, ai professori e agli studenti universitari, ai medici e agli “operatori sociali” di alto livello, sono offerte riviste e collane di alto livello teorico come la già citata “Studi Emigrazione” (e le altre pubblicazioni del Centro Studi Emigrazione di Roma[10]) o i Quaderni del SIMI[11], nonché la notevole produzione, qualitativamente e quantitativamente, dell’Università Cattolica di Milano e delle istituzioni ad essa legate. Basti ricordare la Fondazione ISMU, che gestisce un gran numero di edizioni a stampa o in digitale sull’immigrazione in Italia (vedine i rimandi a http://www.ismu.org/pubblicazioni/), e il Centro Iniziative e Ricerca sulle Migrazioni di Brescia (http://centridiricerca.unicatt.it/cirmib_1751.html, anche qui con elenco di pubblicazioni). Per coloro che sono invece più calati nell’azione la Migrantes garantisce annualmente i Rapporti sugli italiani nel mondo e sull’immigrazione in Italia (quest’ultimo arrivato nel 2014 al ventiquattresimo volume), il già ricordato Dizionario e due collane: i Quaderni (basati su progetti di ricerca in corso: vedi Giovanna Di Vincenzo, Fabio Marcetti e Maria Francesca Staiano, Sulle orme di Marco Polo. Italiani in Cina, Todi, Tau editrice, 2014) e Testimonianze e esperienze delle migrazioni (equanimemente dedicati ai flussi in entrata e in uscita dalla Penisola, su questi ultimi: Claudio Marra, “…Vi sono sempre vicino”. Lettere di cilentani emigrati al di là dell’oceano, Todi, Tau editrice 2013, e Pietro Molle, La chiesa italiana di Londra. La storia dei primi Pallottini in Inghilterra, Todi, Tau editrice, 2014).

Grazie alla propria assise religiosa e culturale il mondo cattolico non sembra dunque subire la crisi che attanaglia la storiografia di sinistra sulle migrazioni. Casomai soffre del fatto che elaborare un così gran numero di libri, riviste ed iniziative non permette un costante controllo qualitativo e induce qualche volta a pubblicare opere di caratura non eccelsa. D’altronde lo stesso attivismo del pubblico cattolico spinge verso una produzione che segue i fenomeni descritti quasi in tempo reale, riducendo le fasi di preparazione e meditazione. In ogni caso la saggistica di area cattolica mostra una straordinaria capacità di seguire quanto accade e gode ormai di una grande attenzione mediatica, basti pensare all’eco sui maggiori giornali e sulle televisioni del già menzionato Rapporto 2014 sull’emigrazione italiana. Tale attenzione è profondamente meritata, perché oggi sono le organizzazioni cattoliche a raccogliere informazioni, spesso determinanti. Proprio la Migrantes è stata la prima a registrare l’inversione dei movimenti peninsulari: le partenze verso l’estero non soltanto crescono costantemente, in ragione di un tasso astronomico di disoccupazione giovanile, ma scavalcano gli arrivi. Questi ultimi ovviamente rallentano, mentre antichi immigrati oppure i figli di questi fuggono davanti alla crisi del Paese, come gli italiani e spesso mischiandosi a questi, cosicché oggi abbiamo comunità all’estero composte anche da italiani figli di immigrati nella Penisola.

A fianco ai due attori maggiori sin qui raffigurati, cioè una storiografia di sinistra non doma, ma in difficoltà, e una saggistica cattolica in crescita, il 2014 ha visto l’azione di altri gruppi e altre tendenze. Si tratta di un terzo fronte non in opposizione, anzi in genere complementare agli altri due. In certi casi questa composita corrente si appoggia a enti istituzionali, pubblici come il CNR o privati come il Centro Altreitalie; in altri i suoi rappresentati sono free lance obbligati a cercare ogni anno finanziamenti per sopravvivere, oppure stabilmente emigrati all’estero per lavorare[12]. Si veda quante italiane trasferitesi in Francia collaborano al dossier in questo numero della nostra rivista, ma si pensi anche a Roberto Sala, noto studioso delle migrazioni in Germania e dei media per gli immigrati[13], da settembre 2013 coordinatore della Basel Graduate School of History e recentemente organizzatore del convegno internazionale Beyond modernity. Transepochal perspectives on spaces, actors and structures (Basilea, 28-29 novembre 2014), dove è stata proposta un’analisi globale e sul lungo periodo dei fenomeni migratori. Molti ricercatori emigrati tendono infatti ad adottare una prospettiva più ampia e a interessarsi ad argomenti che esulano dalla semplice storia italiana, si vedano, ad esempio, Michael Longo e Matteo Pretelli, Refugee roulette: fences, deflected responsibilities and the politics of excision, “Australian Journal of Human Rights”, 20, 1 (2014), pp. 163-202.

In genere la situazione personale di questi ricercatori e le necessità finanziare dei centri istituzionali, che li appoggiano, spingono ad approfondire argomenti poco esplorati o a riprenderli in una chiave nuova in modo da poter attingere agli scarsi fondi oggi disponibili. A proposito dell’evolversi delle chiavi interpretative la prospettiva plurimillenaria proposta da Sala è rispecchiata, sia pure su scala secolare, dal numero monografico di “Genesis” (XIII/1, 2014), la rivista della Società Italiana delle Storiche, dedicato a Donne migranti tra passato e presente. Il caso italiano e curato da Maria Rosaria Stabili e Maddalena Tirabassi. Il tema è ormai un classico, grazie anche ai ricordati sforzi di Andreina De Clementi[14], ma qui è declinato in nuovi modi, collegando età moderna ed età contemporanea, emigrazione ed immigrazione, esperienze europee ed americane. Ancora Maddalena Tirabassi ha sollecitato un cambio di marcia del Centro Altreitalie, che adesso produce libri attentissimi alle questioni dell’emigrazione nel nostro millennio: dal voto degli emigranti (Il voto degli altri. Rappresentanze e scelte elettorali degli italiani all’estero, a cura di Guido Tintori, Torino, Rosenberg & Sellier, 2012) alla nuova diaspora giovanile (La meglio Italia. Le mobilità italiane nel XXI secolo, curato assieme ad Alvise Del Pra’, Torino, Accademia University Press, 2014). Insomma o si lavora sulla stretta attualità, ma su di una geografia molto ampia, si pensi ancora a Il dovere di integrarsi. Cittadinanze oltre il logos multiculturalista, a cura di Maurizia Russo Spena e Vincenzo Carbone, Roma, Armando Editore, 2014 e a Oltre lo Ius Soli. La cittadinanza italiana in prospettiva comparata, a cura di Mario Savino, Napoli, Editoriale Scientifica, 2014, oppure si opta per tagli plurisecolari e per calare i problemi di oggi in contesti di ieri[15].

Il progetto che sembra meglio tener conto delle mutazioni (sociali e storiografiche) recenti, sia sul piano dei fenomeni migratori, sia sul piano delle recenti evoluzioni culturali, è quello diretto da Michele Colucci per l’Istituto di studi sulle società del mediterraneo del CNR (Napoli). Tale istituto mostra da tempo molto interesse per le migrazioni nel Mediterraneo, su cui ha prodotto un utile database e vari libri: http://www.issm.cnr.it/index.php?option=com_content&task=section&id=22&Itemid=268 e i volumi successivi del Rapporto sulle economie del Mediterraneo curato da Paolo Malanima (Bologna, Il Mulino, 2005-2014). Ora è nato il Rapporto sulle migrazioni interne in Italia, per il quale si veda il sito http://migrazioninterne.it/ e le spiegazioni di Colucci in questo numero della nostra rivista. Oltre al sito web appena ricordato, il progetto ha portato a un volume tradizionale a cura di Colucci e Stefano Gallo: L’arte di spostarsi. Rapporto 2014 sulle migrazioni interne in Italia (Roma, Donzelli, 2014), nel quale si fa il punto sul fenomeno e su come studiandolo si possano meglio intendere aspetti determinanti della mobilità nella, dalla e verso la Penisola[16].

Molti dei partecipanti al rapporto digitale e al libro cartaceo studiano da tempo il ruolo delle migrazioni interne nell’ambito dei movimenti da e verso l’Italia e della storia peninsulare tra secondo Novecento e nuovo millennio. Oltre ai contributi del rapporto si possono qui ricordare: Su e giù per l’Italia. La ripresa delle emigrazioni interne e le trasformazioni del mercato del lavoro, a cura di Davide Bubbico, Enrico Rebeggiani ed Enrica Morlicchio, “Sociologia del lavoro”, 121, 2011; Stefano Gallo, Senza attraversare le frontiere. Le migrazioni interne dall’Unità a oggi, Roma-Bari, Laterza, 2012; Anna Badino, Strade in salita. Figlie e figli dell’immigrazione meridionale al Nord, Roma, Carocci, 2012; Migrazioni interne, a cura di Michele Colucci, “Meridiana”, 75 (2012); Michelangela Di Giacomo, Da Porta Nuova a Corso Traiano. Movimento operaio e immigrazione meridionale a Torino. 1955-1969, Bologna, Bononia University Press, 2013; Dario Basile, Le vie sbagliate. Giovani e vita di strada nella Torino della grande emigrazione interna, Milano, Unicopli, 2014; Nazareno Panichella, Meridionali al Nord. Migrazioni interne e società italiana dal dopoguerra ad oggi, Bologna, il Mulino, 2014. e soprattutto i saggi di Corrado Bonifazi e Frank Heins, che da oltre un ventennio segnalano l’importanza di quanto sta avvenendo. Si possono vedere al riguardo i materiali e le bibliografie da essi inseriti nel sito dell’Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche sociali del CNR di Roma (http://www.irpps.cnr.it/it) e le pubblicazioni di ricercatori a loro collegati[17]. A proposito del loro lavoro, occorre ricordare come Bonifazi abbia firmato il miglior libro oggi disponibile per comprendere quanto è accaduto in Italia: L’Italia delle migrazioni (Bologna, il Mulino, 2013), nel quale approfondisce come nella Penisola s’intreccino e si condizionino reciprocamente i movimenti interni ed esterni[18].

Recentemente si è tornato a riflettere su come le migrazioni interne generino quelle verso l’estero, in particolare nel settore giovanile: Russell King e Francesca Conti, Bridging the divide: the gap between the study of internal and international migration, with an Italian example, Willy Brandt Series of Working Papers, University of Malmo, 2013. Contemporaneamente si è visto come il rientro dall’estero sia stato un passaggio obbligato prima di spostamenti interni verso mete italiane più interessanti: Matteo Sanfilippo, L’emigrazione abruzzese, in L’Aquila e l’Abruzzo nella storia d’Italia. economia, società, dinamiche politiche, a cura di Mario Zanganella, Roma, Edizioni Nuova Cultura – Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, 2013, pp. 15-53; Elisa Ciufo, Partire, ritornare, raccontare: l’emigrazione del frusinate e la Fiat negli anni settanta, “Studi Emigrazione”, 195 (2014), pp. 518-535. Viste queste interconnessioni tra fenomeni prima ritenuti del tutto diversi appiono necessari nuovi modelli interpretativi. Così, nell’ambito degli studi demografici, Salvatore Strozza, Com’è cambiato il quadro migratorio europeo nel primo decennio del nuovo Millennio?, in Animale sociale e homo homini lupus, a cura di Maria Caterina Federici, Manuel Anselmi e Sonja Cappello, Milano, Electa, 2011, pp. 123-147, segnala che per seguire l’evoluzione dell’odierna mobilità italiana ci si deve porre in una prospettiva più vasta. Ancora Strozza, Le rilevazioni degli italiani nel mondo: riflessioni sui numeri e non solo, in Fondazione Migrantes, Rapporto Italiani nel mondo 2009, Roma, Idos, 2009, pp. 72-88, rilevava qualche anno fa come il problema non stia solo nel raccogliere i dati numerici, ma nell’interpretarli in chiave storica.

L’importanza di tutte le ricerche appena ricordate suggerisce un’altra spiegazione sulla difficoltà odierne degli storici a comprendere e descrivere i nuovi fenomeni della mobilità mondiale e dunque a ricostruire quelli passati, dato che ogni successiva evoluzione migratoria spinge a re-interpretare l’insieme della mobilità negli ultimi secoli[19]. Gli autori menzionati sono infatti sociologi o demografi. Gli storici hanno prodotto un buon lavoro nel categorizzare quanto accaduto nei secoli scorsi, ma nel discutere i flussi odierni devono porsi nuove domande. Alcuni hanno iniziato a farlo, come dimostra la grandissima quantità di saggi nati dalla curiosità per fenomeni in precedenza poco studiati.

Qui posso soltanto rammentare una serie di chiavi di studio innovative. Abbiamo in primo luogo le analisi su particolari incroci politico-culturali nelle Americhe: Vittorio Cappelli, La Belle Époque italiana di Rio de Janeiro, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2013; Eugenia Scarzanella, Abril. Da Perón a Videla: un editore italiano a Buenos Aires, Roma, Delphi, 2013; Pantaleone Sergi, Stivaloni, camicia nera e orbace. Italiani a Villa Regina (Patagonia), “Altreitalie”, 49 (2014), pp. 23-45; Stefano Luconi, Il monumento a Verdi a New York e la costruzione di un’identità italiana tra gli immigrati a New York all’inizio del Novecento, nel già citato Dì bän so. Migrazioni e migranti nella storia, pp. 157-171. Poi troviamo gli studi sullo sviluppo dei media degli emigranti e sull’immagine di questi ultimi nei media italiani o stranieri: ancora Sergi, Storia della stampa italiana in Uruguay, Montevideo, Fondazione Italia nelle Americhe, 2014, e Mediterraneo d’esuli, migranti, stampa e affari. Il progetto di un quotidiano italiano in Turchia, “Daedalus”, 5 (2014), pp. 75-100; ma anche Simone Battiston e Sabina Sestigiani, “A lucky country”? Il viaggio inchiesta di Diego Novelli de “l’Unita” nell’Australia del 1971, “Altreitalie”, 48 (2014), pp. 40-57; Id. e Clare Johansson, Ethnic Print Media in Australia: Il Globo in the 1980s, “Media History”, 20, 4 (2014), pp. 416-430). Non vanno allora sottovalutate le ricerche sulle difficili relazioni con altri gruppi nei contesti di arrivo, per esempio in quello statunitense: Stefano Luconi, The Lynching of Italian Americans: A Reassessment, in Southern Exposures: Locations and Relocations of Italian Culture, a cura di  Alan J. Gravano e Ilaria Serra, New York, Italian American Studies Association, 2013, pp. 58-78, e Integrazione e coscienza etnica nell’impegno politico degli italo-americani tra primo e secondo dopoguerra, in L’emigrazione italiana in 150 anni di storia unitaria, a cura di Silvana Casmirri, Cassino, Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, 2013, pp. 207-226.

Pietro Di Paola, The Knights-Errant of Anarchy: London and the Italian Anarchist Diaspora (1880-1917), Liverpool, Liverpool University Press, 2013, e Leila El Houssi, L’Urlo contro il regime. Gli antifascisti italiani in Tunisia tra le due guerre, Roma, Carocci, 2014, nonché Pantaleone Sergi, Giuseppe Chiummiento esule in Argentina tra antifascismo e sostegno all’Italia combattente, “Bollettino Storico della Basilicata”, 28, 2012, pp. 15-40, suggeriscono una rilettura politica dei fenomeni migratori e una visione migratoria dei fenomeni politici. Simone Cinotto ha allargato il proprio campo d’attenzione, curando un volume sui rapporti fra gruppo emigrato e consumi, Making Italian America: Consumer Culture and the Production of Ethnic Identities, New York, Fordham University Press, 2014. Francesco Ricatti e Matthew Klugman, “Connected to Something”: Soccer and the Transnational Passions, Memories and Communities of Sydney’s Italian Migrants, “The International Journal of the History of Sport”, 2013, DOI:10.1080/09523367.2013.770735, e La passione calcistica degli italiani in Australia, “Altreitalie”, 48, 2014, pp. 81-101, hanno lavorato sullo sport come fattore d’identità e d’identificazione, mentre Francesca Conti lo ha studiato come fattore di spostamenti (In continuo movimento: il ruolo della mobilità e della migrazione nello sport europeo, “Rivista Trimestrale di Scienza dell’Amministrazione”, 57, 1, 2013, pp. 119-135) o come marcatore dell’evoluzione contemporanea (Nicola Porro e Francesca Conti, Italia Novanta, “Magic nights”, globalization and a country at the crossroads, in The relevance and impact of FIFA World Cups, 1930-2010, a cura di Kai Schiller e Stefan Rinke, Göttingen, Wallstein, 2014, pp. 279-297). Sonia Salsi, Storia dell’immigrazione italiana in Belgio. Il caso del Limburgo, Pendragon, Bologna 2013 e Javier P. Grossutti, “In the Hands of the Italians”: Friulan Mosaic and Terrazzo Workers in London, in The Friulan Language: Identity, Migration, Culture, a cura di Rosa Mucignat,  Newcastle upon Tyne, Cambridge Scholars Publishing, 2014, pp. 103-121, spinge per una rivalutazione delle migrazioni in Europa, mentre Sandro Rinauro, L’émigration illégale des Italiens en France et en Suisse après la Deuxième Guerre mondiale, “Journal of Modern European History”, 12, 1 (2014), pp. 84-106, riflette sui loro aspetti illegali. Infine Anna Sergi, The evolution of the Australian ‘ndrangheta. An historical perspective, “Australian & New Zealand Journal of Criminology”, versione on-line, dicembre 2014, riprende il filo degli studi sulle relazioni fra migrazione e fenomeni criminali, affrontato anche da questa rivista grazie a Salvatore Palidda: Emigrazione e organizzazioni criminali, “Archivio storico dell’emigrazione italiana”, 8 (2012).

Tuttavia vi è bisogno di andare ancora più oltre, come mostrano due giovani contemporaneisti: Silvia Cassamagnaghi, Operazione spose di guerra. Storie d’amore e di emigrazione, Milano, Feltrinelli, 2014, e Paolo Barcella, Migranti in classe. Gli italiani in Svizzera tra scuola e formazione professionale, Vemona, Ombre Corte, 2014. In entrambi i casi gli autori arricchiscono la narrazione storica attraverso notazioni antropologiche (Cassamagnaghi) e il ricorso alle interviste (Barcella). In effetti in questo momento lo studio delle migrazioni offre frutti maturi proprio grazie al ricorso ad input da più discipline. Di qui l’importanza degli incroci, per esempio fra storia, antropologia, sociologia ed etnologia, si pensi agli eccellenti lavori di Carlo Capello, Pietro Cingolani e Francesco Vietti, Etnografia delle migrazioni. Temi e metodi di ricerca, Carocci, Roma 2014, più attento al piano teorico, e Giulia Fassio, L’Italia non basterebbe. Migrazioni e presenza italiana a Grenoble dal secondo dopoguerra, Roma, Cisu, 2014, più calato sul campo.

Questa riproposizione di una interdisciplinarità necessaria per capire gli sviluppi odierni della mobilità non è tanto rivendicata in linea teorica, quanto piuttosto praticata sul campo: possiamo ancora ricordare l’incrocio fra storia, sociologia e inchiesta giornalistica in Le tragedie del fordismo in migrazione, a cura di Sandro Cattacin e Toni Ricciardi, “Studi Emigrazione”, 196 (2014). Oppure possiamo citare la nuova ondata di lavori sulla religiosità, non solo cattolica, dei migranti italiani: si leggano nell’ultimo numero di “Altreitalie” (49, 2014) i contributi di Stefano Villani e Massimo Di Gioacchino sulle esperienze episcopali e metodiste fra gli italiani negli Stati Uniti[20], nonché il fascicolo monografico Diaspore, espulsioni ed esuli religionis causa nell’Europa della prima Età Moderna (sec. XIV-XVIII), a cura di Gianclaudio Civale, del “Bollettino della Società di Studi Valdesi” (214, 2014). Infine non va taciuto il filone di studi su migrazioni ed esposizioni universali ora brillantemente sintetizzato da Matteo Pretelli, Italian Migrants in Italian Exhibitions from Fascism to the Early Republic, in Moving Bodies, Displaying Nations National Cultures, Race and Gender in World Expositions Nineteenth to Twenty-first Century, a cura di Guido Abbatista, Trieste, EUT, 2014, pp. 173-196[21].

In vario modo dunque numerosi ricercatori stanno muovendosi oltre la semplice storia delle migrazioni o meglio stanno incorporando in questa elementi che prima non erano presi in considerazione. In questo tentativo uno dei più costanti è Francesco Ricatti, Cassamarca Senior Lecturer in History and Italian Studies presso la University of the Sunshine Coast in Australia. Se si legge il suo ultimo Migration and place: Italian memories of North Queensland, “Queensland Review”, 21, 2, 2014, pp.177-190, è evidente l’attenzione all’analisi “letteraria” delle testimonianze migratorie alla ricerca di una geografia delle emozioni dei migranti al contatto con il loro nuovo ambiente. D’altronde Ricatti ha teorizzato questo approccio assieme a Maurizio Marinelli, Emotional Geographies of the Uncanny. Reinterpreting Italian Transnational Spaces, “Cultural Studies Review”, 19, 2, 2013, pp. 5-18, e lo ha sperimentato, sempre assieme a Marinelli, nello specifico dell’incontro con le popolazioni aborigene: The Emotion of Truth and the Racial Uncanny: Aborigines and Sicilians in Australia, “Cultural Studies Review”, 19, 2, 2013, pp. 125-149. Inoltre ha partecipato all’elaborazione di un volume su Emozioni e politica nella storia d’Italia dal 1848 ad oggi, assieme a Penelope Morris e Mark Seymour (Roma, Viella, 2012).

Con Ricatti ho avuto modo di scontrarmi accesamente dopo una mia recensione negativa del suo Embodying Migrants: Italians in Postwar Australia (Bern, Lang, 2011). Leggendo i suoi ultimi lavori, vedo confermati alcuni miei dubbi. Da un lato, mi sembra sempre che la mentalità dei migranti sia analizzata troppo con gli occhi di oggi, senza valutare adeguatamente la lontananza del loro orizzonte culturale e temporale dal nostro: sarà scontato, ma una delle conquiste intellettuali del Novecento è la famosa frase del romanziere britannico L.P. Hartley “The past is a foreign country” (The Go-Between, 1953). Dall’altro, mi pare che la geografia delle emozioni sia un ammodernamento, non dichiarato, di tentativi più antichi: forse sarebbe utile segnalare che si tratta di un operazione di “revamping”. Tuttavia, perseverando nella loro ipotesi, Ricatti e il suo gruppo mostrano una sempre maggiore padronanza della letteratura e delle fonti su cui lavorano e sembrano ormai prossimi a realizzare quell’immersione “nelle sfere private della diaspora”, invocata da Donna Gabaccia nel primo numero di questa rivista (Amore per il paese: intimità, nazione e italiani nel mondo, “Archivio storico dell’emigrazione italiana”, 1, 2005, pp. 153-158)[22]. Inoltre, rileggendoli nella prospettiva di questa rassegna, balza agli occhi quanto la loro aggressiva politica di marketing culturale (il “rivampamento” clandestino) sia stata e sia una necessità per chi appartiene al terzo fronte degli studi migratori italiani ed, emigrato, deve trovare non soltanto un salario, ma anche i fondi per la ricerca.

La vicenda professionale di Ricatti e dei tanti studiosi, soprattutto giovani, appena richiamati, confermano dunque l’estrema vitalità, ma anche la drammatica difficoltà di un settore di ricerca, che è comunque ben più attivo e in grado di farsi ascoltare di quanto si potrebbe pensare. Sennonché questi studiosi, intenti a perseguire una carriera accademica ormai difficilissima, si trovano a fare i conti con una crisi economica (e quindi universitaria) di portata inusitata. In compenso appaiono molto più a loro agio di quanti li hanno preceduti nel cavalcare le nuove realtà digitali e nello scrivere in inglese o in altre lingue, ottenendo così una grande visibilità sul mercato internazionale, che, però, non si traduce nella possibilità di un rientro.

[1]           Nel reperimento dei testi sono stato aiutato da Michele Colucci, Matteo Pretelli e Gino Roncaglia.

 

[2]           Matteo Sanfilippo, Emigrazione italiana: il dibattito storiografico nel nuovo millennio, “Studi Emigrazione”, 150 (2008), pp. 376-396.

 

[3]           Su tale argomento si incentra anche Eugenio Marino, Andarsene sognando. L’emigrazione nella canzone italiana, Isernia, Cosmo Iannone Editore, 2014.

 

[4]           Sempre in merito dell’opera di Vecoli e al suo legame con la ricerca in Italia, adombrato anche nella rassegna di Massimo Di Gioacchino in questo numero dell’“Archivio”, si vedano Rudolph Vecoli e Francesco Durante, Oh Capitano! La vita favolosa di Celso Cesare Moreno in quattro continenti, 1831-1901, Marsilio, Venezia 2014. In quest’opera il secondo autore ha trasformato gli appunti del primo in un libro coerente e ha rimpolpato quest’ultimo con ulteriori ricerche. Sempre sui rapporti con la Penisola di Vecoli è molto utile il commovente documentario di Bruno Ramirez, Sempre, Rudi (2008), che ora può essere visto alla luce delle riflessioni del regista su cinema, emigrazione e storia: Inside the Historical Film, Montreal-Kingston, McGill-Queen’s University Press, 2014.

 

[5]           Emilio Franzina, Nievo, le migrazioni e gli indiani. Riflessioni in ordine sparso sugli esuli risorgimentali nel Sudamerica di metà Ottocento, “Archivio storico dell’emigrazione italiana”, 9, 2012, pp. 66-83. Su Nievo e le migrazioni, vedi anche Matteo Sanfilippo, L’émigration dans Les confessions d’un Italien d’Ippolito Nievo, in Ippolito Nievo et le Risorgimento émancipateur, a cura di Elsa Chaarani Lesourd, “P.R.I.S.M.I.”, 11 (2013), pp. 259-270.

 

[6]           Andreina De Clementi, Di qua e di là dall’oceano. Emigrazione e mercati nel meridione (1860-1930), Roma, Carocci, 1999, e Il prezzo della ricostruzione. L’emigrazione italiana nel secondo dopoguerra, Roma-Bari, Laterza, 2010.

 

[7]           Per il proseguimento di quell’esperienza missionaria fra i migranti, cfr. Una comunità di immigrati italiani e i padri scalabriniani. La chiesa di Sant’Antonio da Padova a Buffalo, a cura di Maria Antonietta Abenante, Vito Antonio Leuzzi e Cristina Vituli, Bari, Edizioni dal Sud, 2014.

 

[8]           Sull’affannosa confusione di questo trapasso, cfr. quanto asserisce Gino Roncaglia in una recente intervista disponibile a http://aulalettere.scuola.zanichelli.it/interventi-d-autore/lettura-e-digitale-intervista-a-gino-roncaglia-prima-parte/. Per le possibilità offerte da libri e strumenti elettronici, cfr. Id., Creare strati, animare i dati. Dove vanno gli e-book multimediali, “Mondo digitale”, 45 (2013), pp. 1-14, e Web 2.0 and the future of research: new tools for research networks, in L’histoire contemporaine à l’ère numérique; Contemporary history in the digital age, a cura di Frédéric Clavert e Serge Noiret, Bruxelle-Bern, Peter Lang, 2013, pp. 43-56.

 

[9]           Vedi Tribunale di Roma, Ufficio VI GIP, Ordinanza di applicazione di misure cautelari, 28 novembre 2018, disponibile all’indirizzo http://www.sudpress.it/_/wp-content/uploads/2014/12/ORDINANZA-MONDO-DI-MEZZO.pdf?be1d20 (consultato il 18 dicembre 2014).

 

[10]          Vedi I cinquant’anni del Centro Studi Emigrazione di Roma, a cura di René Manenti e Vincenzo Rosato, “Studi Emigrazione”, 192 (2013).

 

[11]          Vedi Migrazione e nuova evangelizzazione, a cura di Aldo Skoda Pashkja, Quaderni del Simi 11, Città del Vaticano, Urbaniana University Press, 2013.

 

[12]          L’emigrazione di ricercatori qualificati è stata recentemente molto studiata, vedi ad esempio Francesca Conti, The present significance of national identity issues: the case of Italian graduates in the UK, “Bulletin of Italian Politics”, 4, 1 (2012), pp. 5-22; Thomas Pfirsch, Entre circulations individuelles et immobilité familiale: les élites napolitaines face au déclin, “e-migrinter”, 11 (2013), pp. 78-93; Dario Ansel e Ornella Bianchi, Le migrazioni qualificate dalla Puglia contemporanea, “Studi Emigrazione”, 195 (2014), pp. 472-493, oltre al volume di Tirabassi e Del Pra’, citato più avanti, e ai regolari contributi sul tema di Maria Carolina Brandi nei vari Rapporti sugli italiani nel mondo. Iniziano anche gli studi sugli arrivi di studenti stranieri in Italia: Andrea Pelliccia, Mobilità studentesca, transnazionalismo e ibridizzazione culturale, “Studi Emigrazione”, 195 (2014), pp. 495-512.

 

[13]          Roberto Sala, Fremde Worte. Medien für Gastarbeiter in der Bundesrepublik im Spannungsfeld von Außen- und Sozialpolitik, Paderborn, Ferdinand Schöningh, 2011, nonché Id. e Giovanna Massariello Merzagora, Radio Colonia. Emigrati italiani in Germania scrivono alla radio, Torino, UTET, 2008, ed Id. e Oliver Janz, Dolce Vita? Das Bild der italienischen Migranten in Deutschland, Frankfurt a.M., Campus, 2011.

 

[14]          Sempre sulla riscoperta delle donne migranti e della loro importanza, cfr. Paola Corti, Temi e problemi di storia delle migrazioni italiane, Viterbo, Sette Città, 2013, che tratta approfonditamente anche di scritture autobiografiche, nonché Matteo Sanfilippo, La otra mitad de los flujos migratorios. La historiografia sobre las mujeres protagonistas y testisgos de las migraciones, in Mujeres en la frontera, a cura di Margarita Almela, María García Lorenzo, Helena Guzmón e Marina Sanfilippo. Madrid, UNED, 2013, pp. 15-37, ed Emilio Franzina, Se anche la donna è mobile. Profili, canti e immagini dell’emigrazione femminile dall’Italia e in Italia, Vicenza, Agorà Factory, 2013.

 

[15]          Matteo Sanfilippo, Il controllo politico e religioso sulle comunità straniere a Roma e nella penisola, in Ad ultimos usque terrarum terminos in fide proganda. Roma fra promozione e difesa della fede in età moderna, a cura di Massimiliano Ghilardi, Gaetano Sabatini, Matteo Sanfilippo e Donatella Strangio, Viterbo, Sette Città, 2014, pp. 85-110.

 

[16]          Per il contesto generale, cfr. Paola Corti e Matteo Sanfilippo, L’Italia e le migrazioni, Roma-Bari, Laterza, 2012.

 

[17]          Oltre a quanto citato più avanti, cfr.: Mezzogiorno e migrazioni interne, a cura di Corrado Bonifazi, Roma, IRP-CNR, 1999; Integration of migrants in Europe: data sources and measurement in old and new receiving countries, a cura di Corrado Bonifazi e Salvatore Strozza, “Studi Emigrazione”, 152 (2003); Corrado Bonifazi, L’immigrazione straniera in Italia, Bologna, il Mulino, 20072; Frank Heins e Maria Paola Nanni, Le migrazioni interne in Italia dal secondo dopoguerra alla metà degli anni ‘60, in Fondazione Migrantes, Rapporto italiani nel mondo 2007, Roma, Idos, 2007, pp. 117-128; Corrado Bonifazi, Frank Heins ed Enrico Tucci, Le migrazioni interne degli stranieri al tempo dell’immigrazione, “Meridiana”, 75 (2012), pp. 173-190.

 

[18]          Sul tema si vedano pure gli Annali della Storia d’Italia, 24, Migrazioni, a cura di Paola Corti e Matteo Sanfilippo, Torino, Einaudi, 2009.

 

[19]          Molto indicativa in merito la rilettura della storiografia sugli insediamenti urbani degli immigrati offerta da Concordia Discors – Convivenza e conflitto nei quartieri di immigrazione, a cura di Ferruccio Pastore e Irene Ponzo, Roma, Carocci, 2013, frutto delle ricerche del Forum internazionale ed europeo di ricerche sull’immigrazione (Fieri) di Torino.

 

[20]          Per inquadrare questi saggi, vedi Paolo Naso, Il protestantesimo in Italia fra emigrazione e immigrazione, in Cristiani d’Italia, a cura di Alberto Melloni, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 2011, pp. 617-628, e Il metodismo nell’Italia contemporanea. Cultura e politica di una minoranza tra Ottocento e Novecento, a cura di Paolo Naso, Roma, Carocci, 2013. Leggi inoltre Massimo Di Gioacchino, Evangelizzare gli italiani, salvare l’America: l’Italian Mission della Methodist Episcopal Church degli USA (1908-1916), “Protestantesimo”, 67, 2012, 335-348.

 

[21]          Di questo argomento, come rivista, ci siamo già interessati: Emilio Franzina, La tentazione del museo: piccola storia di mostre ed esposizioni sull’emigrazione italiana negli ultimi cent’anni (1892-2002), “Archivio storico dell’emigrazione italiana”, 1 (2005), pp. 165-182, e Il Cinquantenario dell’Unità d’Italia (1911) e l’emigrazione, a cura di Giovanni Pizzorusso, “Archivio storico dell’emigrazione”, 7 (2011). Vedi inoltre Patrizia Audenino, La Mostra degli italiani all’estero. Prove di nazionalismo, “Storia in Lombardia”, 1 (2008), pp. 111-124.

 

[22]          Si vedano i risultati in Intimacy and Italian Migration: Gender and Domestic Lives in a Mobile World, a cura di Loretta Baldassar e Donna R. Gabaccia, New York, Fordham University Press, 2010.