Gli Italiani in Brasile – II° parte

I prodromi della grande immigrazione (1848-1870)

Nonostante le preoccupazioni di Gaetano Bedini la presenza italiana in Brasile non aumenta tra la fine degli anni quaranta e gli anni sessanta dell’Ottocento, né i pochi immigrati italiani attirano l’attenzione degli evangelizzatori protestanti. Inoltre, negli stessi decenni, l’attività politica dei nostri esuli diminuisce notevolmente nell’impero luso-americano: il baricentro dell’emigrazione politica si sposta infatti verso Buenos Aires e New York.

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Gli italiani in Brasile – I° parte

I primi tentativi

La storia degli italiani in Brasile ha una genesi molto antica, che troppo spesso è tralasciata nelle storie dell’emigrazione. E’ invece importante per quanto ci permette di capire sulle modalità iniziali degli scambi tra due realtà apparentemente assai lontane.
Nel 1587 Ferdinando de’ Medici, già cardinale di Santa Romana Chiesa, succede al fratello Francesco I, morto senza eredi legittimi. Il nuovo granduca di Toscana abbandona lo stato ecclesiale e diviene in poco tempo uno degli uomini più ricchi d’Europa. Nell’arco di qualche anno intreccia una fitta rete di relazioni diplomatiche e commerciali. Appoggia Enrico di Navarra, il futuro Enrico IV di Francia, contro gli spagnoli; segnala ad Elisabetta d’Inghilterra la data di partenza dall’Avana della flotta spagnola, attesa al varco dai corsari della regina; finanzia la guerra contro i turchi dell’imperatore Rodolfo II d’Asburgo; invia emissari allo zar Boris Godunov.

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Gualdo mig. fest.

 

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II edizione

3 – 4 – 5 – 6 luglio 2008
Gualdo Tadino

Gualdo mig. fest. Storie e musiche migranti, si propone di avviare un processo di conoscenza come forma d’arricchimento e scoperta delle proprie identità e radici in rapporto con le altre culture. Una piccola finestra sul mondo, in cui da secoli popoli, lingue e tradizioni, si fondono per dar vita a nuovi processi di contaminazione culturale.

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Per una storia politica dell’emigrazione

L’associazionismo tra gli emigrati italiani nell’Europa del secondo dopoguerra1

1. Il contesto
Il fenomeno dell’associazionismo tra i migranti rappresenta uno dei terreni di ricerca più fertili per chi si vuole interrogare sulle relazioni tra le comunità di migranti e i territori in cui si insediano, sui rapporti tra queste comunità e i rispettivi luoghi di partenza e sulle stesse dinamiche interne ai gruppi di migranti2. Ripercorrere l’evoluzione dell’associazionismo emigratorio italiano in Europa negli ultimi sessant’anni significa confrontarsi con alcuni nodi fondamentali di questa emigrazione. Per poter iniziare un simile percorso occorre allora innanzitutto chiarire cosa si intende per emigrazione italiana in Europa nel secondo dopoguerra e quali sono le caratteristiche del fenomeno da mettere maggiormente in evidenza per inquadrare le linee di sviluppo dell’associazionismo.

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Le politiche migratorie italiane, ieri ed oggi. Strategie e problemi a confronto

Il 15 maggio scorso si è tenuto presso il CSER di Via Dandolo l’incontro di “letturE dialoghi” dedicato alle politiche migratorie italiane. Occasione è stata la recente pubblicazione di due studi di argomento affine, (Michele Colucci, Lavoro in movimento. L’emigrazione italiana in Europa (1945-57), Roma, Donzelli editore, 2008; Luca Einaudi, Le politiche dell’immigrazione in Italia dall’Unità ad oggi, Roma-Bari, Laterza 2007) ma differenti per ottica disciplinare e per il periodo considerato.
Il quadro dell’attualità centrato sul tema “immigrati-sicurezza” ha offerto lo spunto per alcune considerazioni con cui P. Lorenzo Prencipe, Presidente del CSER ha aperto il pomeriggio. Si tratta in primo luogo di tener conto del divario spesso elevato esistente tra realtà e percezione dei fatti, come ampiamente dimostrato da sondaggi recenti sul tema della sicurezza: divario che compromette l’efficacia delle soluzioni e che dovrebbe essere tenuto nel debito conto. Di fronte al crescente numero di persone disposte a partire e ad una disponibilità all’accoglienza sempre più limitata, sono necessarie politiche migratorie mirate, che adottino “un approccio integrato e non la repressione poliziesca”.

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