Il mondo in italiano. Varietà e usi internazionali della lingua
Barbara Turchetta, Laura Mori ed Elisa Ranucci, Il mondo in italiano. Varietà e usi internazionali della lingua, Roma-Bari, Laterza, 2007, 158 pp.
Barbara Turchetta e le sue collaboratrici si sono poste l’obiettivo di studiare “quelle forme di italiano nel mondo per così dire 'divergenti' dalla varietà di lingua di riferimento in Italia” (p. 1). Hanno dunque esplorato l’italiano come lingua: seconda in Europa e nel mondo, cioè l'italiano delle comunità emigrate; ufficiale e di lavoro nelle istituzioni comunitarie; della legislazione europea; appresa dai non italiani. […]
Giovedì 8 novembre, sarà presentato dall’Isuc in collaborazione con il Museo Regionale dell’Emigrazione “Pietro Conti”, nell’ambito di “Umbria Libri”, l’interessante volume “Gli italiani di Tunisia. Storia di una comunità (XIX-XX secolo)”, di Marinette Pendola, Editoriale Umbra. Ne parlerà l’antropologo Alberto Sorbini, Direttore dell’Isuc e curatore della collana “I quaderni del Museo dell’Emigrazione”, insieme all’autrice.
Ad eccezione del caso degli insediamenti in California, la presenza degli italiani nelle regioni degli Stati Uniti a ovest del Mississippi è stata oggetto di scarsa attenzione da parte degli storici. Non a caso, il principale lavoro di sintesi su questo tema resta ancora lo studio, per certi aspetti pionieristico, di Andrew Rolle, The Immigrant Upraised (Norman, University of Oklahoma Press, 1968). La sua riedizione senza modifiche sostanziali, nonostante un titolo differente (Westward the Immigrants. Italian Adventurers and Colonists in an Expanding America, Niwot, University Press of Colorado, 1999), a trent’anni dalla sua prima uscita attesta ulteriormente la stasi delle ricerche in tale settore. Di per se stessa, però, la ripubblicazione del libro di Rolle è indicativa della crescita di un interesse per le vicende degli italiani al di fuori dei centri urbani dell’est e del mid-west, come dimostrato in tempi più recenti dai contributi raccolti negli atti del XXXIV congresso annuale dell’American Italian Historical Association (Italian Immigrants Go West: The Impact of Locale on Ethnicity, a cura di Janet E. Worrall, Carol Bonomo Albright e Elvira G. Di Fabio, Cambridge, MA, American Italian Historical Association, 2003) o dall’eccentrico libro di Alessandro Trojani, Go West! Alla ricerca degli italiani nel West americano (Firenze, Nuova Toscana Editrice, 2004).
Gli studi svolti o coordinati da Werner Sollors a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta hanno contribuito all’affermazione sia del concetto di etnia come fluida costruzione sociale e culturale, soggetta a un continuo processo di rinegoziazione tramite l’interazione tra le comunità immigrate e la società di adozione (Beyond Ethnicity, New York Oxford University Press, 1986; The Invention of Ethnicity, ivi, 1989), sia del principio che l’americanistica debba includere anche l’analisi dei testi creati dalle minoranze statunitensi in lingue differenti dall’inglese (Multilingual America, New York, New York University Press, 1998). Marina Cacioppo ricorre a queste due nozioni per svolgere un’acuta riflessione su come sia stata rappresentata e si sia trasformata l’identità italo-americana attraverso un esame attento e originale di tre generi […]
Un paese, l’Argentina, di lunghissima tradizione immigratoria dalla penisola, al quale in circa dieci anni, tra il 1947 e la seconda metà degli anni Cinquanta, approdano oltre 400.000 italiani; una nuova fase, quella postbellica, nella storia delle migrazioni internazionali, caratterizzata dall’intervento massiccio dello stato nella gestione dei flussi; una documentazione ricca e in larga misura inedita, proveniente da archivi pubblici e privati, argentini e italiani. Sono gli ingredienti che consentono a Lucia Capuzzi di sbozzare questo originale “profilo politico e sociale dell’immigrazione italiana in Argentina nel secondo dopoguerra”, che ha il merito non piccolo di costituire il primo studio organico su una vicenda migratoria sin qui quasi trascurata dalla storiografia, nonostante la vicinanza temporale (o forse proprio a causa di essa, come suggerisce Emilio Franzina nella prefazione).
Questo volume si presenta come un’occasione di confronto tra esperti di migrazioni internazionali passate e recenti, nonché come una verifica sull’applicabilità di alcune nuove definizioni al paradigma migratorio italiano. Sollecitate dai più recenti fenomeni di globalizzazione, le discipline sociali hanno sviluppato un linguaggio considerato più aderente ad un mondo in rapido mutamento. Si è ricercato così un vocabolario ampio, capace di rappresentare i fenomeni che si manifestino a cavallo di più Stati, e che spieghi la tendenza dei migranti contemporanei a non assimilarsi nelle società di accoglienza ma a mantenere una rete di fitte relazioni con i luoghi di origine.
Janine Ponty, specialista dell’immigrazione polacca in Francia, ha raccolto e commentato più di duecento documenti, in gran parte testi, ma anche carte geografiche, tabelle statistiche e alcuni facsimili di manifesti e documenti amministrativi. Dalla costituzione francese del 1791 ai vuoti accordi dell’ex-primo ministo Raffarin nel 2002, troviamo molti testi normativi, leggi e decreti, nonché rapporti, pamphlets, ricordi e testimonianze, articoli di giornale, interventi politici, ecc.. Gli italiani non godono di certo della parte del leone, neanche per il lungo periodo nel quale sono la prima comunità immigrata del paese, ma sono comunque ben presenti, anche al di fuori dei testi generali, dalla carta delle regioni di partenza del 1900 e dalla presentazione della Francia di Luigi Campolonghi a suo figlio nel 1910 alla lapide tolosana che commemora l’azione di Silvio Trentin e al discorso di Victor Basch al funerale dei fratelli Rosselli. Si potrebbe rimpiangere l’assenza particolarmente pesante di documenti successivi al 1945,