L’epoca della Grande Emigrazione II° Parte

La documentazione della Santa Sede sugli italiani in Nord America1

1. L’archivio storico della Congregazione “de Propaganda Fide” contiene pochi riferimenti alla presenza italiana nel Nord America sei-settecentesco. In compenso il materiale aumenta esponenzialmente mano a mano che ci si inoltra nell’Ottocento. D’altronde già subito dopo la Rivoluzione americana troviamo traccia di un nuovo interesse. Nel 1788 per esempio Propaganda scrive a John Carroll, vescovo di Baltimora, che un prete romano, Paolo Moretti, sta studiando l’inglese per varcare l’oceano e nei primissimi anni dell’Ottocento abbiamo diverse segnalazioni su sacerdoti italiani che hanno compiuto questo viaggio2. Inoltre nel 1809 la congregazione raccoglie informazioni sul francescano Antonio Lonigo, che si trova in Canada3.

Dopo il periodo napoleonico, l’attività missionaria della Chiesa cattolica è riorganizzata. Molti ordini, i gesuiti in primo luogo, cercano di riprendere possesso delle loro missioni oppure di aprirne delle nuove. Il Nord America si presenta come un vasto territorio disponibile, dove indirizzare numerosi missionari italiani: i vincenziani o lazzaristi (Congregazione della missione) sono attivi soprattutto nei territori del Mississippi; i gesuiti dalle missioni della California meridionale si spingono verso nord durante tutto il corso del secolo fino a giungere in Alaska; gli allievi del Collegio Brignole Sale Negroni di Genova, un seminario per la formazione del clero missionario dipendente da Propaganda, rinforzano molte diocesi statunitensi e canadesi. Il numero di questi italiani non è indifferente: nel 1858 solo tra i sudditi del Regno sardo (Piemonte, Liguria, Sardegna e Savoia) troviamo 174 missionari nelle due Americhe4. Inoltre alcuni assurgono alle più alte cariche gerarchiche. Il vincenziano Giuseppe Rosati giunge negli Stati Uniti verso il 1820 e nel 1822 è designato vicario apostolico dei Territori di Mississippi e Alabama, nel 1826 vescovo ausiliare di New Orleans e l’anno successivo vescovo di St. Louis. Il cappuccino Ignazio Persico si trasferisce nella diocesi di Charleston, dopo essere stato vicario apostolico in India. Nel 1870 diviene vescovo di Savannah; nel 1872 si dimette e si trasferisce a Québec, da dove informa regolarmente Propaganda sull’andamento della Chiesa locale5. Sempre nel 1870 Enrico Carfagnini, uno dei francescani stabilitisi nel Collegio di S. Bonaventura (Allegany, New York), diviene invece vescovo di Harbour Grace a Terranova: qui è assistito da Diomede Falconio, un confratello del Collegio di S. Bonaventura, che in seguito diventa delegato apostolico prima in Canada e poi negli Stati Uniti6. Tra fine Ottocento e primi Novecento Gherardo Ferrante diviene infine segretario e poi vicario per gli immigrati della diocesi di New York: la sua influenza è notevole ed è altrettanto importante la sua attenzione alle esigenze dei connazionali7.

La presenza di questi religiosi può essere considerata un piccolo flusso migratorio che si interseca con la presenza degli italiani immigrati8. Nella seconda metà dell’Ottocento gli insediamenti italiani nelle principali città crescono esponenzialmente e chiedono la formazione di parrocchie “nazionali”: il flusso di ecclesiastici provenienti dall’Italia acquista allora un’ulteriore ragion d’essere e aumenta ancora. Di pari passo la documentazione scambiata tra Roma e le diocesi d’immigrazione italiana diventa più abbondante. Si tratta di documenti particolari, che in genere segnalano solamente i punti e i momenti d’attrito, tuttavia ci permettono di tracciare un quadro delle vicissitudini religiose degli immigrati.

Dal 1857 al 1860, per esempio, la comunità italiana di New York, guidata dal sacerdote Antonio Sanguinetti, protesta per la demolizione della cappella di S. Antonio da Padova. Non tutti i parrocchiani sostengono, però, il sacerdote e l’arcivescovo John J. Hughes ha buon gioco a denunciarlo a Propaganda. La vicenda è rievocata nel 1868 da Leo Pacilio, uno dei numerosi francescani italiani di New York, quando espone alcune considerazioni sull’assistenza spirituale delle comunità italiane nei grandi centri urbani, in particolare a New York, Chicago e Filadelfia. In seguito, grazie al nuovo arcivescovo John McCloskey, Sanguinetti ritrova l’accordo con i parrocchiani di S. Antonio. Pacilio invece è sottoposto a un’inchiesta della Congregazione dei Vescovi e Regolari per le contrapposizioni interne ai francescani9.

In effetti la documentazione di Propaganda offre moltissimi materiali sulle controversie tra gruppi d’immigrati e vescovi nordamericani, oppure tra clero locale e clero italiano, o infine tra clero secolare e clero regolare. Da questi dossier risalta quanto i religiosi secolari di origine italiana siano visti con diffidenza dai vescovi per vari tipi di irregolarità che commettono, dalle differenze nell’osservanza delle leggi ecclesiastiche o del rituale alle vertenze sulla gestione economica delle parrocchie. D’altronde non va dimenticata la profonda differenza tra le esperienze nordamericane del clero secolare e di quello regolare. Gli appartenenti agli ordini possono appoggiarsi alle istituzioni dei confratelli americani ed usufruire di risorse, quali finanziamenti, chiese e residenze, cui i secolari non possono aspirare. Fatto tanto più grave in quanto i religiosi italiani si trovano di fronte a connazionali non abituati a contribuire al finanziamento della propria chiesa. Per questo i vescovi vogliono affidare la gestione delle parrocchie italiane soltanto ai regolari10.

Per i secolari l’esperienza nordamericana può essere dunque molto ardua, anche perché spesso sono personalmente in una posizione difficile: molti sono infatti scappati dall’Italia in seguito a episodi poco limpidi. Nell’archivio di Propaganda possiamo ricostruire i percorsi biografici di questi personaggi, che a volte sono giramondo ecclesiastici. A metà Ottocento abbiamo, per esempio, il caso di Cosimo Antonio Della Nave, cappellano della cattedrale di Pisa, cacciato per comportamento indegno dalla parrocchia di St. Juliana da William O’Hara vescovo di Scranton. Il ricorso a Propaganda del 1871, nel quale Della Nave accusa il superiore e il clero irlandese di boicottarlo, attesta che dal 1848 egli ha esercitato il suo ministero in Francia (Besançon, Digione, Troyes e Parigi), Inghilterra (Westminster) e Stati Uniti (Filadelfia e Newark), sempre alla ricerca di una sistemazione definitiva11.

In genere questi preti emigranti trovano sostegno presso le comunità che visitano. Queste ultime, d’altra parte, si battono per avere propri sacerdoti e quindi li lasciano partire soltanto se possono sostituirli. Nel 1868 gli italiani di Filadelfia reclamano presso Propaganda per la chiusura di St. Mary Magdalen de’ Pazzi, la prima parrocchia italiana degli Stati Uniti fondata nel 1857, e l’allontanamento del parroco Gaetano Sorrentini. L’arcivescovo James Wood si difende dalle accuse e garantisce la nomina di un altro italiano. Per questo motivo è richiesto un sacerdote al Collegio Brignole Sale Negroni di Genova, che già fornisce religiosi per le missioni nordamericane più deboli, quelle tra i neri del Sud (Giovanni Bertazzi) e i messicani della California (Giacomo Borgatta). Il rettore del collegio Francesco Dassano acconsente alla richiesta di Wood e invia nel 1869 Antonio Isoleri, seguito nel 1872 da Giuseppe Ascheri12.

Il fenomeno del ri-orientamento di religiosi preparati per le missioni in Africa o in Asia verso l’attività pastorale nelle comunità immigrate in Nord America prova che la Chiesa cattolica sta prendendo atto, non solo sul piano della raccolta di informazioni, dell’importanza dell’immigrazione nella realtà americana e, per conseguenza, del suo ruolo decisivo nel progetto di espansione della Chiesa stessa. La conoscenza romana degli insediamenti di immigrati porta a sostenere il principio delle parrocchie nazionali e la nascita di ordini missionari specificamente addetti alla cura degli emigranti13. I vescovi delle grandi città americane sono i primi a porsi questi problemi e a suggerire soluzioni14. Nel 1869, ad esempio, il già menzionato McCloskey domanda un sacerdote del collegio Brignole Sale Negroni15. A loro volta, gli esponenti degli istituti di vita consacrata cercano di aiutare i connazionali emigrati: così nel 1875 il ministro generale dei francescani Bernardino da Portogruaro invia una lista di clarisse pronte a partire per l’America16.

Nei primi anni 1880 i vescovi statunitensi descrivono a Propaganda la situazione spirituale degli immigrati e indicano le difficoltà da questi incontrate nel mantenimento della fede: in particolare la non comprensione della lingua, la mancanza di istruzione generale e di dottrina religiosa, le differenze liturgiche e rituali, i contrasti all’interno della comunità immigrata tra membri provenienti da varie regioni d’Italia17. Nell’ottobre 1883 la Relazione con Sommario e Nota d’archivio circa la presente condizione della Chiesa cattolica raccoglie le opinioni di molti vescovi americani convenuti a Roma18, mentre negli anni successivi sono sondati gli ordinari diocesani delle regioni di partenza. Nel 1887 infine Giovanni Battista Scalabrini, vescovo di Piacenza, fonda la Congregazione dei missionari di S. Carlo adibita proprio all’assistenza degli italiani d’oltreatlantico. La nascita dell’istituto scalabriniano è accompagnata da un approfondito studio che Propaganda presenta al papa nel novembre 1887. In esso è considerata la situazione nordamericana e quella sudamericana, in particolare brasiliana, e sono riportate le opinioni di vescovi americani e italiani, nonché dei missionari italiani che hanno avuto esperienze con i connazionali oltreoceano19. Nel 1888 Leone XIII recepisce tali indicazioni e invia una lettera circolare alla gerarchia americana raccomandando di favorire l’azione in soccorso degli italiani (Quam aerumnosa, 10 dicembre 1888)20.

Il contatto tra Propaganda e la congregazione scalabriniana resta abbastanza stretto fino al 1908, anno in cui la prima perde la giurisdizione sul Nord America. Le difficoltà che l’istituto affronta (accuse ai singoli religiosi, scarsa fiducia americana nei missionari per gli emigranti considerati come gli scarti delle diocesi di partenza, rapporti talvolta tesi con i vescovi) nell’attuazione della sua opera generano una documentazione, che, pur non abbondantissima, presenta nel vivo l’azione missionaria oltreoceano21. La fondazione della congregazione scalabriniana è strettamente connessa alla individuazione da parte di Propaganda di una strategia per affrontare la mutata situazione del cattolicesimo nordamericano. Nell’aprile 1887, pochi mesi prima della nascita dell’istituto dei missionari di S. Carlo, è definitivamente sancito il principio delle parrocchie nazionali per consentire la specifica assistenza spirituale alle singole comunità22.

L’interesse attivo e programmatico di Propaganda verso il fenomeno migratorio appare dunque concentrato nel tempo e soprattutto volto a una soluzione verticistica del problema. D’altronde la Congregazione è un organo burocratico e istituzionale della Curia romana e non gli spetta l’organizzazione concreta dell’attività missionaria, bensì la sua supervisione. Dopo la fondazione degli scalabriniani, Propaganda si limita dunque a gestire le pratiche correnti fino al 1908, quando il Nord America viene tolto alle sue competenze giurisdizionali. L’aumento del flusso migratorio moltiplica le occasioni di ricorrere alla Congregazione per le ragioni più svariate e così a cavallo tra Otto e Novecento documentazione si accresce considerevolmente. Alle lamentele relative alle diocesi statunitensi, in particolare quelle dei grandi centri urbani come New York, Brooklyn, Newark, Boston, e Buffalo, si aggiungono inoltre le proteste relative alle diocesi canadesi. La tipologia della documentazione non varia, però, rispetto al passato. Da un lato, abbiamo documenti di carattere generale che, una tantum o a scadenze ben precise, riferiscono sullo stato degli immigrati. Dall’altro lato, troviamo informazioni specifiche su singoli personaggi, che possono tuttavia esemplificare situazioni più diffuse.

Per la prima tipologia sono molto importanti le relazioni consegnate o spedite in occasione delle visite ad limina dei vescovi. Questi rapporti decennali, redatti secondo un modello uniforme, sono un vero e proprio punto di riferimento per conoscere i dati sulla popolazione (etnia, lingua, attitudini politiche e sociali), sul clero, sulle parrocchie, sugli istituti di istruzione e altro delle singole diocesi. Inoltre da essi è possibile desumere quale sia la posizione del vescovo e le misure che intende prendere. Fino al 1908 sono inviati a Propaganda; in seguito alla Concistoriale23. Accanto a questa fonte di informazioni regolari, abbiamo iniziative straordinarie, che servono comunque a tracciare un quadro generale. Nel 1904 Propaganda chiede a ogni vescovo statunitense un rapporto statistico sui fedeli di altra nazionalità e sulla presenza di clero straniero. Si tratta di una preziosa fonte, spesso arricchita dalle opinioni personali dei prelati, su 43 diocesi “fotografate” nello stesso anno, un’opportunità che nessun archivio di una singola diocesi può offrire24. Nel 1907 Roma domanda ai vescovi quali siano le lingue più usate nella loro diocesi, perché vuole sapere quali di esse i missionari o i sacerdoti debbano conoscere: 19 vescovi segnalano l’italiano25.

Un’altra fonte specifica dell’archivio di Propaganda è costituita dalle lettere che ogni due anni i missionari americani e canadesi formatisi nel Collegio Urbano devono inviare al cardinale prefetto, preferibilmente in italiano26. Quando la presenza italiana inizia a farsi massiccia, questi missionari sono chiamati dai vescovi a occuparsi dei nuovi arrivati, perché conoscono la loro lingua avendo trascorso dai quattro ai sette anni a Roma. Per il Canada, troviamo questi missionari nella Nuova Scozia, dove gli italiani lavorano nelle miniere di carbone27. Negli Stati Uniti li troviamo nelle diocesi di Buffalo, New York, e Davenport, Iowa28. Queste lettere hanno lo scopo di render conto dell’attività missionaria: sono quindi fondate sull’esperienza diretta e molto esplicite, spesso fanno quindi risaltare i pregiudizi degli scriventi e dei loro colleghi.

Oltre a questi filoni generali, nei fondi di Propaganda troviamo notizie sparse su vari luoghi e personaggi dell’immigrazione. Alcune riguardano problemi generali. Per esempio, le controversie tra preti italiani e i vescovi americani costituiscono un tema ricorrente, attorno al quale raggruppare molte fonti. Spesso i religiosi sono accusati di irregolarità di vario genere e la comunità insorge a loro difesa. Altre volte invece è proprio la comunità a accusare il sacerdote. Questa documentazione, da un lato, fa risaltare il percorso biografico dei religiosi in questione e mostra come esso spesso riproduca le fasi tipiche dell’esperienza migratoria: la molteplicità delle destinazioni, il richiamo del legame familiare, la provvisorietà delle sistemazioni. Dall’altro lato, fornisce informazioni sulle comunità italiane: queste, per esempio, spesso inviano a Roma petizioni con raccolte di firme utilissime per una ricostruzione anagrafica29.

Un altro campo di ricerca aperto dai documenti di Propaganda è quello sui matrimoni. Il controllo che la Chiesa detiene nei confronti dei fedeli in base ai principi tridentini è messo a repentaglio dal fenomeno migratorio. Il parroco del paese perde il contatto con coloro che sono partiti e questi spesso si rifanno una vita nel nuovo paese. Vi sono non solo rischi di bigamia, ma anche nascono situazioni irregolari e proliferano matrimoni misti che, secondo Roma, costituiscono un gravissimo pericolo per la salvaguardia della religione30. Nel 1892 Propaganda organizza un’inchiesta presso i vescovi nordamericani, ma non ottiene risposte univoche31. Nel 1894, in base a queste notizie, la Congregazione mette in allarme i vescovi italiani e li prega di spingere i loro parroci a fornire corrette informazioni ai colleghi americani in occasione dei matrimoni32. Il problema è che la Chiesa non può comunque rendere troppo difficile lo sposarsi, perché, fuori dalla parrocchia natia, gli immigrati cominciano a prender confidenza con il matrimonio civile. Un’ipotesi ancora peggiore per la Chiesa è quella del rito davanti a un ministro protestante e questa minaccia è spesso utilizzata dagli italiani per sollecitare la celebrazione delle nozze, oppure l’accettazione delle loro domande di dispensa per il matrimonio misto33.

Da altre lettere si hanno poi informazioni che mostrano le diverse usanze della Chiesa cattolica americana che turbano i cattolici italiani come, ad esempio, l’uso di far pagare per sedersi in chiesa34. All’inverso il clero americano considera la religiosità degli italiani, soprattutto quelli provenienti dal Mezzogiorno, alla stregua più di superstizione che di culto35. Per i vescovi inoltre l’assistenza agli italiani non deve turbare gli equilibri vigenti tra le varie comunità immigrate. Nel 1897 Michael A. Corrigan, arcivescovo di New York, respinge la proposta di fondare una missione italiana fattagli da Edgardo Levi Mortara, il sacerdote italiano di famiglia ebraica obbligato nel 1858 a una conversione al cattolicesimo che fece scalpore. Il prelato newyorchese teme infatti che la comunità ebraica possa risentirsi36.

Nel 1908 il Nord America cessa di dipendere da Propaganda e il flusso di informazioni viene deviato verso altre congregazioni romane. L’unica fonte che abbiamo qui citato che continua a arricchire l’archivio di Propaganda sono le lettere dei missionari usciti dal Collegio Urbano, il cui numero tende, però, progressivamente a diminuire in Nord America. Dopo il 1908 cala dunque drasticamente l’utilità dell’archivio della Congregazione per studiare la storia degli italiani in Canada e negli Stati Uniti.

2. La prima documentazione nell’Archivio Segreto Vaticano sugli italiani nel Nord America è contenuta nei citati rapporti di Bedini e Straniero. Il loro interesse per i connazionali emigrati è condiviso da Francesco Satolli e Diomede Falconio, primi delegati stabili rispettivamente a Washington e Ottawa. Satolli informa Roma sulla situazione degli italiani37, ai quali consacra anche parte del rapporto sulla prima visita alle diocesi degli Stati Uniti38. Falconio si interessa attivamente alla sorte dei suoi connazionali39, tanto da concertarsi con G. Spilimbergo, il console italiano a Montréal, per aiutare le scuole italiane in quella città40. Falconio mostra la stessa cura anche quando è promosso a Washington nel 1902, dove crea un dossier sull’emigrazione italiana e interviene in numerose diocesi41. In seguito la sua attenzione è stimolata dalle richieste della Santa Sede42 e dalle missive di sacerdoti italiani che suggeriscono progetti per assistere gli emigrati43. Donato Sbarretti, successore di Falconio in Canada, è invece meno pronto a seguire i progressi dell’emigrazione italiana e si interessa soltanto alle sorti delle comunità di Toronto e Montréal44.

In questa prima fase, che si arresta alla vigilia della grande guerra, la paura della propaganda protestante è ancora forte45, tanto che le lettere a Roma dei delegati sembrano ispirate da Bedini piuttosto che da Straniero. Tuttavia vi è una differenza tra quanto si scrive nell’ultimo decennio dell’Ottocento secolo e le riflessioni del primo decennio del Novecento. Nel nuovo secolo non si teme più l’attività dei protestanti americani, ma quella degli “eretici” italiani. Negli Stati Uniti i dossier seguono così le mosse di ex-sacerdoti come Giovanni Marchello, fondatore della Chiesa indipendente italiana a kansas City e a St. Louis46, oppure dei missionari formati al seminario valdese di Firenze47. I rapporti dalle diocesi canadesi di Hamilton, Montréal e Toronto sono a prima vista più consoni alla tradizione di Bedini48. Tuttavia nel Novecento ci si convince che gli immigrati sono sostanzialmente indifferenti nei riguardi della religione e che scelgono il pastore metodista o il parroco cattolico in base ai servizi loro offerti49.

Questi mutamenti di prospettiva producono una diversa messa a fuoco della condizione degli emigranti e una maggior durezza da parte dei rappresentanti vaticani. Molte volte questi condividono l’opinione del clero nordamericano sulla scarsa o cattiva religiosità degli italiani50, un popolo che in fondo ha preferito il governo sabaudo a quello della Chiesa, e ritengono che non si possa far molto per gli emigrati. Se all’inizio sono quindi pronti a subire il ricatto di chi minaccia di passare ai protestanti51, in seguito divengono molto rigidi, anche verso chi ha veramente bisogno di aiuto52.

A questo proposito sembra possibile distinguere la prospettiva romana, da quella dei rappresentanti di Roma nel Nord America. Nel Novecento la Santa Sede teme infatti l’apostasia degli emigranti negli Stati Uniti53, mentre in questo paese e nel Canada i delegati e la gerarchia ecclesiastica locale sostituiscono la paura dei protestanti con quella per gli anticlericali, i socialisti e gli anarchici e talvolta tremano per pericoli assolutamente irreali. Agli inizi del 1905 Diomede Falconio, il delegato apostolico a Washington, John Ireland, l’arcivescovo di St. Louis, e Raffaele Merry del Val, il segretario di stato di Pio X, tengono un carteggio su un complotto di anarchici emigrati in America che vogliono uccidere il papa. Quando informano Edmondo Mayor des Planches, ambasciatore italiano, vengono a scoprire che la storia è stata inventata da Carmine Ucci, un emigrato che sbarca il lunario rivelando, dietro compenso, complotti immaginari54. Se quella dei complotti, in particolare quelli per uccidere il papa55, è una strada senza uscite, almeno per noi che cerchiamo le tracce della presenza italiana, la lotta dei delegati contro l’anticlericalismo, il socialismo e l’anarchia offre spunti importanti. Falconio dichiara al Congresso Eucaristico di Pittsburgh (1907) che uno dei suoi compiti è quello di impedire l’importazione di giornali antireligiosi, tra i quali segnala “L’Asino”56. Inoltre nei primi due decenni del Novecento abbondano i moniti contro la partecipazione di operai italiani a organizzazioni sindacali57 oppure a circoli socialisti e anarchici58. Si tratta di un materiale abbastanza ricco, che viene ulteriormente rimpinguato dalle risposte dei vescovi canadesi e statunitensi a un questionario della Congregazione Concistoriale, da compilare in occasione della visita ad limina, nel quale è prevista una domanda sulle organizzazioni di tipo socialista59.

In generale queste grandi e ricorrenti paure passano in secondo piano rispetto alla gestione della situazione quotidiana. I primi delegati badano soprattutto ad assistere le comunità abbastanza stabili (vedi il caso già accennato di Toronto e Montréal in Canada), fornendo loro parrocchie e scuole. Grazie a un accurato catalogo di Claudio De Dominicis del materiale della delegazione apostolica negli Stati Uniti abbiamo un quadro esauriente di questa attività e possiamo seguire gli interventi dei delegati nelle diocesi di Albany, Alton, Altoona, Baltimore, Belleville, Boston, Brooklyn, Buffalo, Burlington, Cheyenne, Chicago, Cincinnati, Cleveland, Columbus, Dallas, Denver, Detroit, Duluth, Erie, Fall River, Filadelfia, Fort Wayne, Galveston, Grand Rapids, Great Falls, Harrisburg, Hartford, Helena, Indianapolis, Kansas City, La Crosse, Leavenworth, Little Rock, Los Angeles, Louisville, Marquette, Milwaukee, Mobile, Monterey, Nashville, Natchez, New York, Newark, New Orleans, North Carolina, Oklahoma, Omaha, Oregon City, Peoria, Pittsburgh, Portland, Providence, Richmond, Rochester, Sacramento, St. Augustine, St. Louis, St. Paul, Salt Lake, San Antonio, Santa Fe, San Francisco, Scranton, Seattle, Sioux Falls, Spokane, Springfield, Superior, Syracuse, Trenton, Wheeling, Wichita, Wilmington60. Tutti questi fascicoli ruotano attorno alla condizione degli italiani, ovvero alla mancanza di sacerdoti, di parrocchie e di scuole parrocchiali, con l’aggiunta di eventuali ricorsi contro vescovi o sacerdoti.

Lo stesso si può verificare anche nella documentazione canadese, nonostante che in Canada la cura degli italiani inizia con un certo ritardo: i primi parroci italiani sono nominati dopo il 1900 e soltanto in alcune città (Montréal, Hamilton, Toronto), mentre nelle altre si ricorre a incarichi pro tempore o si affidano gli immigrati a sacerdoti che hanno studiato a Roma e quindi conoscono l’italiano (come mostrano anche i dossier di Propaganda). In ogni caso il materiale sugli italiani in Canada è molto frammentario, anche se vi sono documenti sugli immigrati in Ontario61 e su quelli impiegati nella ferrovia in Colombia Britannica62 e nelle miniere sulla costa atlantica63.

Sia nei fondi canadesi, sia in quelli statunitensi un indice interessante della difficoltà di controllare gli italiani è dato dai fascicoli sulle scuole parrocchiali. Queste non sono molto diffuse, perché gli italiani preferiscono le meno costose scuole statali, anche quando non vi si insegna la dottrina cattolica. Di conseguenza i vescovi segnalano con meraviglia l’esistenza di scuole cattoliche per gli italiani e rilevano con grandissimo stupore che alcune sono completamente pagate dalla comunità italiana, come accade a Chicago64. Molto spesso infatti tali scuole sono finanziate da altri cattolici65 o ricevono aiuti da Roma: questo è il caso, per esempio, di Montréal66.

Altre notizie sugli emigrati si desumono dai carteggi relativi a o con i membri delle loro famiglie rimasti in Italia. Spesso i delegati sono un centro di smistamento di informazioni, in particolare nei momenti di crisi. I congiunti rimasti in Italia vogliono infatti notizie sugli emigrati e questi ultimi chiedono cosa sia accaduto ai loro cari. Durante la grande guerra si intrecciano le lettere di Sante Colussi da Sandusky, Ohio, che vuole sapere dove siano finiti i parenti evacuati da Casarsa67, e quelle della famiglia Minatta di Como che ha perso di vista il congiunto Giuseppe, emigrato in California e scomparso dopo aver imbucato l’ultima lettera a New Orleans nel 191468. Queste ricerche, cui i rappresentanti vaticani si assoggettano di buon grado, non danno sempre buoni risultati, ma rivelano improvvisi squarci di vita. Ugo Cangelmi, che non dava più notizie, si è arruolato nell’esercito per evitare guai (donnaiolo e ubriacone aveva provocato alcune risse) ed è di stanza in Francia69. Tommaso Canizza ha tentato la stessa via, ma è finito in carcere ed è rinchiuso a Leavenworth, kansas70.

Talvolta gli emigrati vogliono mantenere i contatti con l’Italia, scrivendo a Roma senza vera necessità. Abbiamo così casi singolari, come quello di Battista Pistono, nato a Fiorano Canavese nel 1879, che nel 1914 scrive a “Papa Pio 15” (sic!) da Estivanula, California, e si scusa di non aver mandato una cartolina: “dove io lavoro non ce né essendo soltanto un villaggio di qualche casa”71. Altre volte i contatti con il Vaticano sono sfruttati dagli emigranti per ragioni di lavoro. Da Roma si suggerisce al delegato a Washington di aiutare emigranti eccezionali: il conte Guglielmo Fea, rappresentante dei vini di Frascati negli Stati Uniti, e il maestro di musica Bonaventura Somma72. Le carte della delegazione a Ottawa sono piene di riferimenti ad emigrati che chiedono aiuti di varia natura: soldi73, raccomandazioni74, appoggi commerciali75 e assistenza giudiziaria76.

La ricerca di o l’aiuto a singoli personaggi si accompagna a diatribe che coinvolgono il clero dei due continenti. Da una sponda all’altra dell’oceano si chiedono certificati di matrimonio per evitare la bigamia transatlantica77. La difficoltà di controllare i costumi degli emigrati apre un serio contenzioso tra il clero italiano e quello americano. Così nel marzo del 1913 i parroci della diocesi di Avellino scrivono al cardinale Merry del Val, segretario di stato di Pio X, e gli ricordano che da due anni protestano perché i colleghi americani, in particolare quelli di Boston, non richiedono i debiti documenti per i matrimoni. In effetti, dopo anni di lamentele, Merry del Val ha scritto nel 1911 alla curia diocesana di Boston, ma gli hanno risposto che i parroci italiani chiedono troppo (“35 lire et ultra”) ai parenti degli sposi per quei documenti. Dopo aver preso in considerazione il ricorso del clero avellinese, Merry del Val passa il fascicolo alla Congregazione dei Sacramenti e se ne lava le mani78.

Se il clero italiano si lamenta di quello americano, quest’ultimo dunque contraccambia e inoltre non perde occasione di rimbrottare i sacerdoti italiani sbarcati nel Nuovo Mondo. Se in alcuni dossier ci si limita a registrare l’attività di questi ultimi79, in molti le critiche si sprecano. Nel caso migliore, quello per esempio di Marino Priori della chiesa dell’Holy Rosary a Indianapolis, lo stesso delegato apostolico Giovanni Bonzano giudica il sacerdote: “zelante e attivo, ma forse si spinge un po’ troppo innanzi per raccogliere fondi, onde portare a termine la chiesa italiana di Indianapolis, da lui cominciata sontuosa e dispendiosa più del necessario”80. In altri fascicoli ci troviamo di fronte a sottrazione di denaro a danno della parrocchia o di qualche parrocchiano81. In altri ancora l’ecclesiastico emigrato entra in conflitto con l’ordinario diocesano, che non gli dà tregua: nel 1921 l’arcivescovo di New Orleans diffida addirittura il cardinale segretario di stato dal dare onorificenze a Pietro Scotti82.

Talvolta i conflitti nascono da scontri di carattere o dalla volontà del sacerdote italiano di aiutare i propri connazionali a scapito dei fedeli di altra provenienza. Dietro agli sfoghi dei vescovi e dei delegati vi sono, però, anche motivi più seri. Nel Novecento l’emigrazione è divenuta una valvola di sfogo per il clero italiano, come dimostra una lettera del 1905 di Giovanni Francesco Ventrici, parroco di S. Pierfedele in provincia di Reggio Calabria, a Pio X. Ventrici scrive infatti al pontefice che, se non riceve l’aiuto richiesto, “cercherò [di] svignarmela nelle lontane Americhe, anche a fare il camorrista”83. Il problema non è solo italiano, come segnala John Farley, arcivescovo di New York, in un rapporto del 191384, ma i sacerdoti italiani sembrano distinguersi in negativo nelle diocesi nordamericane. La faccenda non è di poco conto, se nel 1909 Falconio scrive irritatissimo al cardinal Gennari, prefetto della Congregazione del Concilio, per deplorare “i risultati che si hanno quando, …, si permette ai rifiuti delle diocesi d’Italia di venire in America per esser causa di scandali e compromettere il buon nome e l’onore del clero italiano”85.

La situazione non è comunque sempre tragica86. Talvolta i preti italiani vanno d’accordo con il loro ordinario: nel 1910 il clero italiano della diocesi di Trenton, New Jersey, chiede al cardinale Merry del Val di ringraziare ufficialmente il proprio vescovo, Joseph A. McFaul, che ha fatto erigere ben 20 parrocchie italiane87. Inoltre non tutti i sacerdoti italiani sono scappati nel Nuovo Mondo. Alcuni vi sono stati mandati come padre Isoleri, parroco di St. Mary Magdalen de’ Pazzi a Filadelfia, inviato da Propaganda88 e molto lodato dalle autorità vaticane89. Inoltre i vescovi non lamentano soltanto l’assenza di buoni preti italiani, ma anche quella di sacerdoti italiani tout court. Per questo le autorità ecclesiastiche elogiano John Bure dei paolisti di Portland, che ha scritto un manuale per confessare gli italiani90.

Verso il 1910 comincia inoltre a divenire visibile l’opera dei sacerdoti inviati dal proprio ordine o congregazione per prodigarsi tra gli emigrati91. Tra questi benemeriti troviamo il gruppo che nasce o che confluisce nell’opera scalabriniana92: monsignor Gian Giacomo Coccolo, già fondatore della Società dei Missionari d’emigrazione per l’assistenza permanente degli emigranti93; Vittorio Gregori, parroco del Sacro Cuore di Boston94; il già ricordato Pietro Bandini, attivo nella diocesi di Little Rock95. I documenti vaticani ricordano inoltre i parroci che fondano o dirigono scuole italiane, come Umberto Rocchi di Cleveland, Ohio, o Spigardi di St. Louis, Missouri96. Inoltre dopo il 1910 alcuni sacerdoti informano direttamente la Segreteria di Stato vaticana come fa nel 1914 Gioacchino Maffei, parroco di Worcester nel Massachusetts97.

Se i rapporti tra vescovi americani e sacerdoti italiani appaiono complessi, ancora più aggrovigliata risulta la relazione tra sacerdoti, vescovi, delegati e comunità immigrata. Il caso più semplice è quello della ricerca di sacerdoti italiani. Gli italiani di Hamilton nella diocesi di Syracuse, New York, già nel 1894 chiedono al delegato un sacerdote loro connazionale98. Tale problema resta vivo nella Nuova Inghilterra sino alla prima guerra mondiale99. Da notare che in quest’area i fedeli di origine italiana tentano di guadagnare la simpatia dei vescovi di origine irlandese appoggiandoli contro le proteste di altri gruppi etnici, in particolare dei franco-canadesi100. Nel 1904, per esempio, Pio De Luca di Portland, Massachusetts, trasmette a Roma una petizione a favore del vescovo William O’Connell, futuro cardinale di Boston, contestatissimo dai franco-canadesi101.

Come tutti i gruppi di immigrati, gli italiani in genere non amano i sacerdoti di altra nazionalità e li accusano di aver costumi troppo diversi (gli irlandesi per esempio si preoccuperebbero soltanto di balli e pic-nic) e di chiedere troppi soldi per mantenere la parrocchia102. È una vecchia questione, già segnalata da Straniero e legata non soltanto alla povertà degli emigranti, ma anche alla volontà di non intaccare i guadagni americani che devono servire per il ritorno in patria. Comunque le comunità italiane non rifiutano sempre i sacerdoti di altra origine. Nel 1911 Joseph Lunghino, giovane avvocato di Buffalo, chiede a nome degli italiani un’onorificenza per John D. Biden103. Tre anni dopo Neil McNeil, arcivescovo di Toronto, domanda un’altra onorificenza per John M. Cruise che da venti anni segue la locale comunità italiana104.

In alcune delle richieste pro o contro un sacerdote o un vescovo traspaiono le attività comunitarie degli italiani. I già citati De Luca e Lunghino scrivono a nome di un circolo così come Luigi Scalmarca, fondatore del circolo cattolico giovanile di Cuyville, New York105. Gli italiani si preoccupano inoltre non soltanto della propria chiesa, ma anche del proprio prestigio nazionale. Qui le cose si imbrogliano con i rappresentanti vaticani. Il delegato a Washington accetta l’invito ad assistere all’inaugurazione del monumento a Dante a New York106, ma in genere, negli Stati Uniti come in Canada, non sono graditi i cortei o le feste che prevedano l’esposizione della bandiera italiana107, soprattutto se sono nella ricorrenza del XX Settembre o di altra festa nazionale108 oppure in presenza di rappresentanti del governo italiano109. Tale opposizione al “nazionalismo” degli emigrati non viene soltanto dai delegati apostolici, condizionati dalla politica vaticana in Italia, ma anche da alcuni vescovi, in particolare canadesi, che temono la possibilità che il principio di appartenenza nazionale divenga più importante di quello dell’appartenenza religiosa. Così Paul Bruchési, arcivescovo di Montréal di lontana origine italiana, invita nel 1913 a non iscriversi al circolo italo-canadese, poiché quest’ultimo accetta come membri sia i cattolici che i protestanti110. Arthur Béliveau, arcivescovo di St-Boniface, lamenta invece nel 1921 le attività delle associazioni “carbonare”, cioè patriottiche111.

Una discreta parte della documentazione statunitense nell’Archivio Segreto Vaticano, in particolare quella delle rubriche della Segreteria di Stato, riguarda questioni finanziarie. Scorrendo le liste delle offerte, troviamo altri dati sulle comunità italiane. In genere queste inviano donazioni per l’Italia, ignorando, come già detto, i bisogni della Chiesa americana. Tra tali offerte sono particolarmente cospicue quelle per il terremoto del 1908 in Calabria e Sicilia112, ma probabilmente in questo caso vi è anche un intervento di fedeli non italiani. Altre donazioni pervengono al Vaticano alla fine del primo conflitto mondiale per i “poveri d’Italia e di guerra”113. Per il terremoto sono raccolti fondi anche in Canada, dove il delegato Sbarretti sfrutta l’occasione per stringere rapporti con i prominenti delle comunità italiane114. Il suo successore, Francesco Pellegrino Stagni, declina invece educatamente l’invito dell’Italian Society di Ottawa a una raccolta di fondi per le vittime italiane della prima guerra mondiale115.

Negli anni che vanno dal terremoto del 1908 alla prima guerra mondiale sono raccolti a Roma nuovi rapporti sugli italiani. Già da tempo associazioni e congregazioni italiane si sono mosse per portare soccorso agli italiani in Nord America. Abbiamo già ricordato l’attività degli scalabriniani, ma non va dimenticata la società S. Raffaele per l’assistenza agli emigranti116. Tuttavia, dal punto di vista della documentazione vaticana, la figura di gran lunga più importante risulta quella di monsignor Pietro Pisani, che compie due viaggi di studio in Nord America (nel 1909 in Canada e nel 1909 in Canada e negli Stati Uniti) e fonda nel frattempo l’associazione “Italica Gens”117. I due viaggi di Pisani hanno l’appoggio di tutta la gerarchia vaticana, compresi i delegati a Washington e ad Ottawa e producono risultati di notevole importanza. Pisani tratta addirittura con il primo ministro del Canada, Wilfrid Laurier, che lo convince dell’importanza di colonizzare l’ovest: propone quindi di spingere gli italiani verso le grandi praterie, facendo loro abbandonare le grandi città. Per sostenere il suo punto di vista Pisani non soltanto esplora le regioni occidentali e offre le prime statistiche e analisi sugli italiani ivi dislocati, ma studia anche le grandi città canadesi e statunitensi, da Toronto (dove contribuisce a fondare la parrocchia italiana) a Chicago. Può così paragonare i vantaggi della colonizzazione agricola dell’ovest ai “pericoli” dell’emigrazione verso le fabbriche.

I risultati pratici delle iniziative di Pisani, creazione della parrocchia di Toronto a parte, non sono sempre entusiasmanti, anche se l’opera negli Stati Uniti di “Italica Gens” lascia una traccia, non sempre positiva, negli archivi vaticani118. Comunque sulla scia della sua visita la delegazione apostolica in Canada migliora la propria conoscenza della situazione italiana nell’ovest119, inoltre il delegato Stagni decide di utilizzare l’eredità di Johanna Upton, una ricca cattolica, per aiutare gli italiani di Toronto, Ottawa, Calgary, Winnipeg e Montréal, nonché quelli di Copper Cliff, Port Arthur, Fort William e North Bay nella diocesi di Sault Ste-Marie120. Pisani non molla la presa neanche dopo il suo ritorno in Italia: in quanto incaricato dei problemi dell’immigrazione nella Congregazione Concistoriale invia nel 1912 un questionario per i vescovi canadesi. Grazie ad esso abbiamo una ricca messe di dati sugli italiani nelle diocesi di Chatham, St. John, Halifax, Trois-Rivières, Montréal, Chicoutimi, Hamilton, Kingston, Ottawa, Toronto, Prince Albert, Victoria121. Sempre Pisani ispira una nuova tornata di indagini sugli italiani nel 1915 e ottiene risposte da Québec, Montréal, Hamilton, Sault Ste-Marie, Antigonish, Témisckamingue, Vancouver, St-Albert122.

3. Il materiale disponibile negli archivi della Santa Sede rivela la straordinaria varietà della presenza italiana nel Nord America e mostra come soltanto un’istituzione altrettanto onnipresente, quale la Chiesa cattolica, possa registrare le dimensioni reali del fenomeno. Gli organismi ecclesiastici romani costituiscono un punto di osservazione privilegiato, perché i loro archivi mostrano lo sviluppo dell’immigrazione italiana in tutto il continente. Per quanto riguarda il periodo coloniale i fondi consultati permettono di individuare soprattutto casi individuali, che tuttavia spesso segnalano situazioni più complesse. Inevitabilmente, lavorando in archivi ecclesiastici, troviamo soprattutto materiali su religiosi e religiose, talvolta senza specifici collegamenti con comunità o gruppi di immigrati: molti di questi primi missionari hanno comunque fatto conoscere in patria il Nuovo Mondo e hanno anche accennato ai problemi dell’emigrazione cattolica123.

Dalla documentazione emerge che, nel corso dell’Ottocento, vi è una presenza costante di religiosi italiani in Nord America, originata da motivazioni di tipo diverso: vocazione missionaria (come per il già citato Giuseppe Rosati o per Samuele Mazzucchelli124) o scelta migratoria (come nel caso di Angelo Inglesi)125. Tale presenza si lega in misura diversa alle comunità di origine italiana. Inizialmente la connessione è assai labile, anche per la scarsa presenza di immigrati, tra i quali, per giunta, si trovano molti rifugiati politici risorgimentali che sono su posizioni decisamente anticattoliche. I religiosi italiani oltreoceano forniscono alle autorità romane materia di scandalo, ma anche preziose informazioni. In questo secondo caso, essi possono diventare parte della Chiesa nordamericana, conservando un legame peculiare con Roma, grazie ad amicizie e contatti personali. Malgrado lunghe permanenze soprattutto negli Stati Uniti, essi mantengono un punto di vista specifico e osservano la situazione nordamericana criticamente, come il gesuita Giovanni Antonio Grassi agli inizi del secolo126. Questa tipologia di ecclesiastico italiano permane nel tempo. Si pensi a Gennaro de Concilio, vincenziano napoletano e allievo del già ricordato Collegio Brignole Sale Negroni di Genova, al quale viene richiesto nel 1880 un rapporto sulla Chiesa americana in vista dell’organizzazione del III Concilio Plenario di Baltimora e che scrive nel 1888 un saggio sul problema dell’emigrazione italiana127. Oppure si pensi al cappuccino Ignazio Persico, vescovo di Savannah, poi trasferitosi in Canada: come abbiamo già rammentato diviene uno dei principali informatori di Propaganda sulle cose nordamericane e, quando rientra in Italia, ne diviene il segretario128.

Questi religiosi non svolgono programmaticamente un’opera di assistenza o anche soltanto di informazione sugli immigrati; costituiscono tuttavia un punto di riferimento a disposizione di Propaganda o della Segreteria di Stato. Le loro opinioni corroborano quindi le relazioni dei delegati apostolici o di quei non numerosi prelati italiani che raggiungono posizioni di rilievo nella gerarchia statunitense. All’interno della Chiesa nordamericana esiste pertanto una “Chiesa italiana” o per meglio dire “romana” che garantisce un canale preferenziale e fidato di informazione per gli organismi centrali della Santa Sede. Essa è formata da religiosi italiani o anche nordamericani, ma formatisi nei collegi romani o genovesi e che dunque conoscono la lingua, i quali prima informalmente e spontaneamente, poi all’interno di un vasto programma di assistenza, si occupano anche degli immigrati. A loro si aggiungono alcune figure particolari, quali i missionari scalabriniani o salesiani, oppure alcuni ecclesiastici che si recano nel Nord America per studiare la situazione. Abbiamo già accennato a Bedini e Pisani, ma esistono altri personaggi da tenere presenti. tra la corrispondenza di Pio X troviamo, per esempio, due lettere del duca Tommaso Pugliatti di San Giorgio, sbarcato a New York nel settembre 1905. Grazie alle raccomandazioni del cardinal Andrea Ferrari, arcivescovo di Milano, e di altri prelati italiani, Pugliatti, che è un ecclesiastico, è ricevuto nelle diocesi di Newark, Brooklyn, New York, Filadelfia e riferisce sulla non confortante situazione dei connazionali immigrati. A suo parere questi sono “[i]ndifferenti di loro natura, mancano di qualsiasi spinta” e troppo spesso abbandonano la pratica religiosa. Gli scalabriniani fanno molto per loro, ma ci vorrebbero più sacerdoti e soprattutto sarebbe necessario un collegio statunitense dove formare chi deve occuparsi degli immigrati. Monsignor Giovanni Bressan, segretario particolare del pontefice, gli risponde che “per l’opera, che ella avrebbe intenzione di fondare è necessario che prenda la iniziativa uno dei vescovi di costà” e poi chiedere l’approvazione di Propaganda. Probabilmente Pugliatti cerca soltanto un impiego oltreoceano, ha infatti chiesto nel 1902 a Falconio di trovargli una posizione canadese, ma le sue missive enucleano un problema vero, quello di un collegio per i missionari, poi risolto in altro modo129. Nel 1914 è infatti decisa la fondazione a Roma del Pontificio Collegio per l’emigrazione italiana, che dovrebbe formare il clero diocesano per seguire gli italiani in tutto il mondo: l’apertura effettiva avverrà, però, solo nel 1920130.

I sacerdoti che curano effettivamente le parrocchie italiane o che prestano la loro opera presso gruppi di connazionali sono più vicini alle comunità immigrate. Abbiamo già accennato all’attività di questi religiosi e alle difficoltà da loro incontrate. Dalle loro testimonianze emergono nitidamente le principali questioni che agitano le comunità italiane, sia al loro interno (su tematiche politiche e confessionali, ma anche su contrapposizioni tra meridionali e settentrionali), sia nel più vasto contesto sociale e religioso nordamericano. Inoltre la documentazione romana ci presenta una folta rappresentanza di ecclesiastici, spesso rifiutati dai vescovi americani, che si spostano da una diocesi all’altra, appoggiandosi a parenti e compaesani. Essi ci appaiono emarginati dalla struttura della Chiesa nordamericana, nella quale tentano vanamente di reinserirsi anche tramite appelli a Roma131. Molti sono emigranti al pari dei laici e con questi ultimi condividono alcuni leitmotiv dell’esperienza migratoria, come la pluralità e la mutevolezza delle destinazioni, il richiamo della parentela, la possibilità o l’impossibilità di un ritorno in patria132.

Questa composita varietà di religiosi italiani presenti nel Nord America costituisce la fonte principale di informazioni sui connazionali emigrati. Essa assicura un flusso di notizie che contribuisce, continuativamente e progressivamente, a formare e perfezionare la conoscenza sia della Chiesa nordamericana in generale, sia dei problemi sociali (integrazione, istruzione, religiosità, strategie familiari) che interessano le comunità italiane nel Nord America. Gli archivi ecclesiastici consentono anche di seguire itinerari biografici, reti di conoscenze e di parentela nelle quali i religiosi costituiscono personaggi di grande interesse per lo storico dell’emigrazione. A fianco di queste informazioni, abbiamo anche dati quantitativi, spesso seriali (come quelli derivati dalle periodiche relazioni dei vescovi), che coprono tutte le diocesi nordamericane e consentono pertanto una percezione d’insieme e su un periodo abbastanza lungo della presenza italiana e un continuo passaggio dal generale al particolare e viceversa.

Si tenga inoltre conto che nella nostra disamina ci siamo basati sugli archivi della Santa Sede, ma che non bisogna trascurare quelli degli ordini e delle congregazione religiose. In questi non troviamo soltanto documenti su protagonisti già noti del periodo133, ma vediamo come la Compagnia del Gesù sia ancora obbligata agli inizi del Novecento di assistere gli italiani nel sud e sulla costa pacifica degli Stati Uniti134. Gli archivi dei salesiani e degli scalabriniani mostrano come l’assistenza agli immigrati si irraggi intanto da New York a tutti gli Stati Uniti e poi anche al Canada135. Quello dei pallottini spiega come essi siano invitati a raggiungere New York, dopo aver assistito gli emigrati italiani a Londra, e poi si occupino anche di altre diocesi vicine136. Infine alcuni carteggi coinvolgono direttamente esponenti degli istituti di vita consacrata e i pontefici, abbiamo già accennato a quello tra Scalabrini e Leone XIII, ma è altrettanto importante quello di Francesca Cabrini e Pio X137. Dal 1904 al 1911 la prima scrive regolarmente, informando il secondo dei progressi negli Stati Uniti. Questo scambio epistolare ci ricorda infine come sia ancora da esplorare l’universo delle congregazioni femminili italiane, alcune delle quali molto attive in Nord America138. Negli archivi della Santa Sede troviamo infatti diversi riferimenti all’attività delle congregazioni religiose femminili, ma ci vorrebbe un riscontro negli archivi di queste ultime139.

Note

1 La paternità del paragrafo 1 è di Giovanni Pizzorusso, il 2 spetta a Matteo Sanfilippo, il 3 è opera comune.

2 Per Moretti, cfr. APF, Lettere, vol. 252 (1788), ff. 73r-75v. Per i sacerdoti italiani negli Stati Uniti tra il 1805 e il 1810, cfr. Fonti ecclesiastiche romane per lo studio dell’emigrazione italiana in Nord America (1642-1922), a cura di Giovanni Pizzorusso e Matteo Sanfilippo, “Studi Emigrazione”, 124 (1996), p. 618.

3 APF, Congressi, America Settentrionale, vol. 2 (1792-1830), ff. 175r-176v.

4 [Giuseppe Ortalda], Quadro nominativo dei missionari apostolici sudditi sardi sparsi nelle missioni estere delle cinque parti del mondo, Torino, Giacinto Marietti, 1857.

5 Su Persico, cfr. Josef Metzler, Präfekten und Sekretäre des Kongragation in Zeitalter der neueren Missionära (1818-1918), in Memoria Rerum, III, 1, pp. 30-66, e Roberto Perin, Rome in Canada. The Vatican and Canadian Affairs in the Late Victorian Age, Toronto, University of Toronto Press, 1990, passim.

6 Su questi due personaggi, cfr. Hans Rollmann e Matteo Sanfilippo, Carfagnini, Enrico, in Dictionary of Canadian Biography, XIII, Toronto, Toronto, University Press, 1993, pp. 166-168, e M. Sanfilippo, Diomede Falconio et l’Eglise catholique en Amérique du Nord, “Rivista di Studi Canadesi”, 5 (1992), pp. 43-47.

7 APF, Nuova Serie, vol. 459 (1908), ff. 615rv-683rv e ASV, Fondo Benigni, scatola 21, ff. 8rv-9rv. Cfr. inoltre la voce Italians in the United States, in The Catholic Encyclopedia, VIII (1910), ora disponibile in linea: http://www.newadvent.org/cathen/08202a.htm.

8 Per i dati archivistici sui quali si basa questo paragrafo, cfr. Fonti ecclesiastiche romane, cit.

9 APF, Congressi, America Centrale, vol. 17 (1855-1857), ff. 873rv-873rv; vol. 18 (1859-1860), ff. 117rv, 120rv; 283rv-285rv; 325rv-326rv; 1269rv-1270rv; 1278rv-1279rv, 1426r; 1468rv-1476rv; 1524rv-1538rv; 1606rv-1607rv; vol. 22 (1868-1869), ff. 295rv-325rv; 437rv-438rv; 448rv-449rv; 700rv-703rv; Udienze, vol. 159 (1868), f. 1292r; SOCG, vol. 997 (1870), ff. 96rv-97rv; Lettere, vol. 360 (1868), f. 874rv; 1232rv-1233rv; vol. 361 (1869), f. 670rv.

10 Michael A. Corrigan, arcivescovo di New York, decide di non accettare più secolari, che vogliono esser pagati, e di prendere soltanto i regolari, che non pretendono stipendio dalle povere missioni italiane e sono coadiuvati dai loro ordini o congregazioni: APF, Nuova Serie, vol. 332 (1897), ff. 126-127, vedi infra, capitolo terzo. Cfr. Gianfausto Rosoli, Istituti religiosi ed emigrazione in epoca contemporanea, “Studi Emigrazione”, 106 (1992), pp. 287-307. Sarebbe da valutare quanto il pregiudizio anti-italiano ed anti-emigrati pesi in tali decisioni, cfr. Peter R. D’Agostino, Craniums, Criminals, and the “Cursed Race”: Italian Anthropology in American Racial Thought, 1865-1925, “Cushwa Center for the Study of American Catholicism: Working Paper Series”, 24 (2002), pp. 319-343, e Orthodoxy or Decorum? Missionary Discourse, Religious Representations, and Historical Knowledge, “Church History”, 72, 4 (2003), pp. 703-735.

11 APF, Congressi, America Centrale, vol. 23 (1870-1871), ff. 721-802.

12 APF, Congressi, America Centrale, vol. 22 (1868-1869), ff. 162rv, 319rv-325rv, 1028r; vol. 24 (1872-1873), ff. 62r, 274r, 388v, 421rv, 1081rv-1084rv; Lettere, vol. 361 (1869), f. 670rv; vol. 362 (1869), f. 743rv; vol. 363 (1870), ff. 59rv-60rv; vol. 366 (1871), f. 846rv; vol. 368 (1872), ff. 841rv, 1067rv-1068rv, 1187rv; vol. 369 (1873), f. 589v; Udienze, vol. 180 (1875), f. 114rv. Sul Collegio Brignole Sale Negroni vedi anche APF, Congressi, Collegi d’Italia, 3. Brignole Sale Negroni (Genova) (1846-1901). Sui rapporti tra il Collegio e il Nord America, cfr. Luigi Pautasso, The Genoese Connection in Toronto (1879-1901), “Italian Canadiana”, 8 (1992) pp. 65-81. Sulla vicenda di Filadelfia, cfr Richard N. Juliani, Building Little Italy. Philadelphia’s Italians Before Mass Migration, University Park, Penn., The Pennsylvania State University Press, 1998.

13 Mario Francesconi, Giovanni Battista Scalabrini vescovo di Piacenza e degli Emigrati, Roma, Città Nuova, 1985.

14 Matteo Sanfilippo, La Chiesa cattolica, in Storia dell’emigrazione italiana, II, Arrivi, a cura di Piero Bevilacqua, Andreina De Clementi ed Emilio Franzina, Roma, Donzelli Editore, 2002, pp. 481-487.

15 APF, Lettere, vol. 361 (1869), f. 670rv.

16 APF, Congressi, America Centrale, vol. 26 (1875), f. 315rv. Esistevano già legami tra le clarisse italiane e il Nord America: nel 1842-1843 alcune clarisse di Porto Maurizio si recano in Texas: APF, Congressi, America Centrale, vol. 13 (1841-1844), ff. 267rv, 332r-333v, 363rv, 368rv, 407rv, 413v, 722rv.

17 Cfr. Silvano M. Tomasi, Piety and Power. The Role of Italian Parishes in the New York Metropolitan Area, New York, Center for Migration Studies, 1975; Rudolph J. Vecoli, Prelates and Peasants: Italian Immigrants and the Catholic Church, “Journal of Social History”, 2 (1969), pp. 217-268, e Cult and Occult in Italian American Culture: The Persistence of a Religious Heritage, in Immigrants and Religion in Urban America, a cura di Randall Miller e Thomas D. Marzik, Philadelphia, Temple University Press, 1977, pp. 25-47; Gary Mormino, The Church Upon the Hill: Italian Immigrants in St. Louis, Missouri 1870-1955, “Studi Emigrazione”, 66 (1982), pp. 203-223; Robert Orsi, The Madonna of the 115th Street: Faith and Community in Italian Harlem 1880-1950, New Haven, Yale University Prss, 1985; George E. Pozzetta, The Parish in Italian American Religious History, in Scalabrini tra vecchio e nuovo mondo, cit., pp. 481-489; Matteo Sanfilippo, L’affermazione del cattolicesimo nel Nord America. Elite, emigranti e chiesa cattolica negli Stati Uniti e in Canada, 1750-1920, Viterbo, Sette Città, 2003.

18 APF, Acta, vol. 252 (1883), ff. 1080rv-1108rv.

19 Rapporto sull’emigrazione italiana con Sommario, APF, Acta, vol. 257 (1887), ff. 507rv-529rv. Cfr. Stephen Di Giovanni, The Propaganda Fide and the “Italian Problem”, in Scalabrini tra vecchio e nuovo mondo, a cura di Gianfausto Rosoli, Roma, Centro Studi Emigrazione, 1989, pp. 443-452.

20 Vedi la corrispondenza tra Leone XIII, il suo segretario di stato Mariano Rampolla del Tindaro e Scalabrini in Scalabrini e le migrazioni moderne. Scritti e carteggi, a cura di Silvano M. Tomasi e Gianfausto Rosoli, Torino, SEI, 1997, pp. 191-206. Questo carteggio è ora in linea: http://www.scalabrini.org/Scalabrini%20e%20le%20Migrazioni/Carteggi.htm.

21 Vedi infra, capitolo terzo.

22 Relazione con Sommario e Voto intorno all’elezione di quasi-parrocchie distinte per Nazionalità negli Stati Uniti d’America, APF, Acta, vol. 257 (1887), ff. 187rv-217rv.

23 Matteo Sanfilippo, Documents d’intérêt canadien dans les Archives Secrètes du Vatican. Le fonds “Sacrée Congrégation Consistoriale. Relationes” (1900-1922), “Annali Accademici Canadesi”, 10-11 (1994-1995), pp. 77-134.

24 APF, Nuova Serie, voll. 396 e 397 (1907).

25 APF, Nuova Serie, vol. 397 (1907), ff. 504-606.

26 Giovanni Pizzorusso, Le “Lettere di stato”: una fonte documentaria dell’Archivio della congregazione “de Propaganda Fide” di particolare interesse canadese (1893-1908), “Annali Accademici Canadesi”, 5 (1989), pp. 101-114, e Romani d’intelletto e di cuore: seminaristi canadesi del Collegio Urbano di Propaganda Fide (1829-1908), “Il Veltro”, XXXVIII, 3-4 (1994), pp. 151-162.

27 APF, Nuova Serie, vol. 77 (1896), ff. 613rv-614rv; vol. 198 (1901), ff. 164rv-165rv; vol. 220 (1902), ff. 173rv-175rv; vol. 337 (1906), ff. 361rv-362rv; vol. 418 (1908), ff. 460rv-461rv.

28 APF, Nuova Serie, vol. 124 (1898), ff. 279rv-280rv; vol. 370 (1907), ff. 463rv-465rv; vol. 372 (1907), ff. 77rv-79rv e 421rv-422rv; vol. 494 (1911), ff. 389rv-391rv.

29 Cfr. infra, capitolo terzo. Per un inquadramento storico, cfr. S.M. Tomasi, Piety and Power, cit., e The Religious Experience of Italian Americans, a cura di Id., New York, The Italian American Historical Association, 1975.

30 Vedi la corrispondenza tra Propaganda e il S. Uffizio, nonché le deliberazioni di quest’ultimo, in particolare Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede, S. Uffizio, Decreta 1892, 17 agosto 1892 sui quesiti dell’arcivescovo di New York.

31 Cfr. infra, capitolo terzo.

32Episcopato S.[tati] U.[niti] Circolare sulla Fede di Stato Libero per gli Italiani, APF, Nuova Serie, vol. 157 (1899), ff. 192rv-247rv; Morano Pasquale e Musto Maria. Causa Matrim.[oniale], vol. 254 (1903), ff. 735rv-749rv, e vol. 437 (1908), ff. 841rv-842rv.

33 Per i dati archivistici sui quali si basa questo paragrafo, cfr. Fonti ecclesiastiche romane, cit.

34 Cfr. infra, capitolo terzo.

35 Si veda il già citato dossier “Emigranti Italiani. Reclami”.

36 APF, Nuova Serie, vol. 332, ff. 126r-129v: il progetto di Mortara e la freddezza di Corrigan sono riportati in un’intervista al religioso apparsa sul “New York Herald”. Sul caso Mortara, cfr. David I. Kertzer, Prigioniero del papa re, Milano, Rizzoli, 1996; per il risvolto statunitense, cfr. Giovanni Pizzorusso, Il caso Mortara: due libri e un documento americano, “Il Veltro”, XLII, 1-2 (1998), pp. 134-141, e Peter R. D’Agostino, Rome in America. Transnational Catholic Ideology from the Risorgimento to Fascism, Chapel Hill and London, The University of North Carolina Press, 2004, pp. 34-37. Su tali conversioni, vedi ora Marina Caffiero, I battesimi forzati, Roma, Viella, 2004.

37 Per le prime ricerche di Satolli e poi del suo successore Sebastiano Martinelli sull’emigrazione italiana, vedi ASV, DASU, II, fasc. 1b/1-2 (anni dal 1893 al 1900).

38 Cfr. Colman J. Barry, Tour of His Eminence Cardinal Francesco Satolli, Pro-Apostolic Delegate through the United States (of the North) from 12 February to 13 March 1896, in United States Catholic Historical Society, “Historical Records and Studies”, XLIII (1955), pp. 27-94.

39 ASV, ANC, scatola 26, fasc. 1; scatola 50, fascc. 8 e 13; scatola 88, fasc. 39; scatola 157, fasc. 1; ASV, LBF, 267, 315, 478, 614, 668-669, 706, 715, 725, 825, 886, 960, 1009, 1032, 1254-1256, 1269-1270, 1387, 1356, 1448, 1451, 1455, 1484-1485.

40 ASV, LBF, 43.

41 ASV, DASU, II, fasc. 78 (anni 1905-1906).

42 ASV, DASU, II, fasc. 169/1-3 (anni 1913-1926).

43 Per il progetto di un seminario italo-americano proposto da Pacifico Capitani nel 1913, ibid., fasc. 171; per le proposte di Ernesto Coppo, ibid., fasc. 186 (anni 1916-1935).

44 M. Sanfilippo, L’affermazione del cattolicesimo, cit., passim, e John Zucchi, The Catholic church and the Italian Immigrant in Canada, 1880-1920: A Comparison between Oltremontane Montreal and Hibernian Toronto, in Scalabrini tra vecchio e nuovo mondo, cit., pp. 491-508.

45 ASV, DASU, IX, Helena (Montana), fasc. 41; DASU X, fascc. 183 e 445.

46 ASV, Segr. Stato, 1912, rubr. 12, fasc. 3, ff. 34-37.

47 Cfr. M. Agnes Gertrude, o.s.f., Italian Immigration in Philadelphia, “Records of the American Catholic Historical Society of Philadelphia”, LVIII (1947), pp. 204-207. Per un quadro dall’altra parte, vedi Gaetano Conte, Dieci anni in America. Impressioni e ricordi, Palermo, Spinnato, 1903. La propaganda protestante tra gli italiani di Boston e di Milwaukee è studiata da Anna Maria Martellone, Una Little Italy nell’Atene d’America. La comunità italiana di Boston dal 1880 al 1920, Napoli, Guida, 1973, e John Andreozzi, Converting the Italians: Protestants and Catholic Proselytizers in Milwaukee, in Italian Ethnics: Their Languages, Literature and Lives, a cura di Dominic Candeloro, Fred L. Gardaphe e Paolo A. Giordano, New York, The American Italian Historical Association, 1990, pp. 245-269.

48 ASV, ANC, scatola 16, fascc. 12-13 e 16; scatola 19, fasc. 1; scatola 24, fasc. 1; scatola 29, fasc. 31.

49 Cfr. M. Sanfilippo, L’affermazione del cattolicesimo, cit., capitolo VIII.

50 Vedi i rapporti sui matrimoni civili degli italiani in ASV, S.C. Concistoriale. Relationes Dioecesium, fasc. 219 (Chicago); sugli italiani che non vanno a messa la domenica ibid., fasc. 509 (Milwaukee), e ASV, ANC, scatola 97-98 (diocesi di Victoria); sugli italiani che non mandano i figli alle scuole cattoliche in ASV, S.C. Concistoriale. Relationes Dioecesium, fasc. 747 (San Francisco); sulla pessima condizione degli italiani a New York in ASV, Fondo Benigni, scatola 21, ff. 6-10; sugli italiani che non sanno il catechismo in ASV, Fondo Benigni, scatola 2, f. 69, e ANC, scatola 58, fasc. 7/1. Per altri giudizi sulla religiosità degli italiani in Canada, cfr. ASV, ANC, scatola 39, fascc. 25 e 38.

51 ASV, ANC, scatola 29, fasc. 20.

52 Cfr. infra, capitolo quarto.

53 Vedi il promemoria vaticano in ASV, Segr. Stato, 1914, rubr. 18, fasc. 8, f. 119rv, oppure il motu proprio di Pio X De itali ad externa emigrantibus la cui preparazione rinnova l’attenzione alla situazione nel Nord America, cfr. ASV, Segr. Stato, 1914, rubrica 18, fasc. 3.

54 ASV, Segr. Stato, 1905, rubr. 251, fasc. 1, ff. 23-33. Per l’attenzione di Mayor des Planches agli italiani negli Stati Uniti, cfr. Matteo Sanfilippo, Problemi di storiografia dell’emigrazione italiana, Viterbo, Sette Città, 2002, cap. III.

55 Cfr. anche Matteo Sanfilippo, Una lettera dal Manitoba sulle elezioni romane del 1907, “Archivio della Società Romana di Storia Patria”, 109 (1986), pp. 239-250.

56 M. Agnes Gertrude, Italian Immigration, cit., p. 194. Sugli anticlericali italiani negli Stati Uniti, vedi anche ASV, DASU, X, fasc. 511b.

57 ASV, ANC, scatola 3, fascc. 6-7 e 9-11; scatola 4, fasc. 20; scatola e 10, fascc. 1 e 4. Per la partecipazione di italiani a società operaie, come i Knights of Pythias, negli Stati Uniti, vedi ASV, DASU, IX, Scranton, fasc. 57; ASV, S.C. Concistoriale. Relationes Dioecesium, fasc. 219, Chicago.

58 ASV, DASU, IX, Baltimora, fasc. 52 e X, fasc. 82.

59 Le risposte date ai questionari tra il 1909 e il 1922 sono in ASV, S.C. Concistoriale. Relationes Dioecesium, e sono ripartite per diocesi elencate in ordine alfabetico. Negli Stati Uniti e in Canada i vescovi delle grandi città segnalano l’apparizione di organizzazione socialiste (vedi per esempio: ASV, S.C. Concistoriale. Relationes Dioecesium, fasc. 219, Chicago, e fasc. 547, New York) e ne attribuiscono la colpa agli immigrati europei (fasc. 622, Filadelfia; fasc. 379, Hamilton; fasc. 484/1, Montréal; fasc. 868, Toronto). Cfr. M. Sanfilippo, L’affermazione del cattolicesimo, cit., cap. X.

60 Claudio De Dominicis, Italian Immigrants in the Archives of the Apostolic Delegation of the United States, New York, Center for Migration Studies, 1992.

61 Montréal: ASV, ANC, scatola 27, fasc. 17, scatola 29, fasc. 29, scatola 30, fascc. 12 e 17, scatola 129, fasc. 2. Toronto: ASV, ANC, scatole 89-92; ASV, DASU, X, fasc. 543; APF, Nuova Serie, 370 (1909), ff. 19-35. Ontario: ASV, ANC, scatola 16, fasc. 12-13 (Hamilton) e 19, scatola 18, fasc. 10, scatola 19, fasc. 13, scatola 20, fasc. 25, scatola 24, fasc. 1, scatola 39, fascc. 24-25, 28, 37, 43, scatola 40, fasc. 3, scatola 41, fascc. 6 e 11 (Ottawa), scatola 44, fasc. 1f, scatola 66, fasc. 8 (Fort William), scatola 80, fascc. 2 (Fort William), 4, 6 e 9 (Sault St. Marie), scatola 88, fasc. 42, scatola 142, fasc. 15, scatola 182, fasc. 2/2 (Sault Ste. Marie), scatola 186, fasc. 40. St. Boniface e Winnipeg: ASV, ANC, scatola 81, fascc. 1 e 2.

62 ASV, ANC, scatola 50, fasc. 13, scatola 95, fasc. 2, 182 fascc. 2 e 2/2.

63 ASV, ANC, scatola 3, fasc. 6 e 10, scatola 4, fasc. 21, e scatola 180, fasc. 8.

64 ASV, S.C. Concistoriale. Relationes Dioecesium, fasc. 219 (Chicago). Su Chicago, cfr. anche Peter R. D’Agostino, When Friars Became Missionaries: an Interpretive Review of Scholarship on Italian Servites in Chicago, “Studi Storici dell’Ordine dei Servi di Maria”, XLIII (1993), pp. 93-109, e Italian Ethnicity and Religious Priests in the American Church: The Servites, 1870-1940, “Catholic Historical Review, 80 (1994), pp. 714-740.

65 Nel 1920 il vescovo di Syracuse, New York, segnala che gli italiani di quella città sono seguiti dalle suore, mentre a Utica esiste una istituzione per l’educazione dei ragazzi italiani finanziata con una colletta pubblica (ASV, S.C. Concistoriale. Relationes Dioecesium, fasc. 834).

66 ASV, Segr. Stato, 1913, rubr. 100, fasc. 2, ff. 91-92: il 4 aprile 1913 l’arcivescovo Paul Bruchési ringrazia Pio X per la bontà nei riguardi della scuola dei “petits Italiens de Montréal”.

67 ASV, Segr. Stato, 1919, rubr. 251, fasc. 1, ff. 20-27. Altri casi simili ibid., fasc. 2, ff. 13-27.

68 Vedi l’inventario delle carte della Segreteria di Stato, in Fonti ecclesiastiche romane, cit., e ASV, DASU, I, fasc. 141a-141k.

69 ASV, Segr. Stato, 1918, rubr. 251, fasc. 9, ff. 88-94.

70 ASV, Segr. Stato, 1921, rubr. 251, fasc. 15, ff. 199-206.

71 ASV, Segr. Stato, 1914, rubr. 1, fasc. 18, f. 123rv.

72 ASV, Segr. Stato, 1921, rubr. 251, fasc. 16, ff. 179-189 e 190-206.

73 ASV, ANC, scatola 39, fascc. 24 e 37, scatola 40, fasc. 3, scatola 44, fasc. 1f, scatola 182, fasc. 1, scatola 186, fasc. 53.

74 ASV, ANC, scatola 38, fasc. 4, scatola 181, fascc. 22 e 37, scatola 187, fasc. 30.

75 ASV, ANC, scatola 26, fasc. 1, scatola 157, fasc. 1; ASV, LBF, lettera 1451.

76 ASV, ANC, scatola 185, fascc. 8, 12 e 22.

77 ASV, Segr. Stato, 1921, rubr. 251, fasc. 15.

78 Per questa vicenda si veda ASV, DASU, II, fasc. 145, e ASV, Segr. Stato, 1913, rubr. 18, fasc. 11, ff. 42-44. Problemi del genere si erano presentati sin dal 1893, vedi ASV, DASU, II, fasc. 40.

79 ASV, DASU, II, fascc. 191a e 191b (anni 1917-1920) e fasc. 198 (anni 1915-1918).

80 ASV, Segr. Stato, 1914, rubr. 162, fasc. 1, ff. 165-172.

81 Per i casi di Francesco Crociata, Joseph A. Accorsini e Leonardo Mazziotta, vedi il quarto capitolo di questa parte. Questi sacerdoti continuano per anni a spostarsi di diocesi in diocesi, vagando tra Canada e Stati Uniti, con l’unica eccezione di Mazziotta, che si ferma e si riscatta curando la comunità di Montréal. Per altri scandali, cfr. ASV, ANC scatola 16, fasc. 25, scatola 49, fasc. 6, scatola 80, fascc. 6 e 8, scatola 88, fasc. 39, scatola 181, fasc. 13, nonché ASV, LBF, lettere n. 1350, 1448 e 1455.

82 ASV, Segr. Stato, 1921, rubr. 251, fasc. 16, ff. 68-72. Non è l’unico intervento di un vescovo americano per annullare un’onorificenza vaticana. Nel 1914 il cardinale William O’Connell, arcivescovo di Boston, protesta con successo contro il cavalierato concesso a Marciano Di Pesa, raccomandato da Antonio Mele, parroco di Taurasi nella diocesi di Avellino. O’Connell dichiara che Di Pesa, da 20 anni a Boston, ha derubato i suoi connazionali, ha fatto più volte bancarotta e ha infine aperto un albergo di pessima reputazione. Cfr. ASV, Segr. Stato, 1914, rubr. 220, fasc. 5, ff. 169-198.

83 ASV, Segr. Stato, 1905, rubr. 36, fasc. 8, ff. 48-49.

84 ASV, S.C. Concistoriale. Relationes Dioecesium, fasc. 547.

85 ASV, Segr. Stato, 1910, rubr. 251, fasc. 1, f. 113rv

86 Bisogna tener inoltre conto del fatto che l’archivio di cui ci serviamo raccoglie soprattutto dossier sui problemi della Chiesa e quindi segnala quasi esclusivamente i casi peggiori.

87 ASV, Segr. Stato, 1910, rubr. 221, fasc. 4, ff. 32-38.

88 ASV, Segr. Stato, 1914, rubr. 100, fasc. 1, ff. 63-66.

89 ASV, Segr. Stato, 1916, rubr. 251, ff. 106-113.

90 ASV, Segr. Stato, 1916, rubr. 251, fasc. 9, ff. 97-105.

91 Per l’opera negli Stati Uniti del già citato Ernesto Coppo, vedi ASV, Segr. Stato, 1905, rubr. 100, fasc. 2, ff. 22-27; ASV, DASU, XIX, fascc. 391 e 1062. Per il gesuita A.F. Trivelli a San Francisco, ASV, Segr. Stato, 1914, rubr. 100, fasc. 3, ff. 104-111.

92 Su Scalabrini e Delegazione Apostolica negli Stati Uniti, vedi ASV, DASU, I, fasc. 3a, nonché, per i documenti dell’archivio generalizio scalabriniano, Silvano M. Tomasi, Scalabrini e i vescovi nordamericani, in Scalabrini tra vecchio e nuovo mondo, cit., pp. 453-467.

93 Per l’opera di Gian Giacomo Coccolo negli Stati Uniti, cfr. ASV, DASU, XIX, fasc. 687, e Archivio Particolare di Pio X, busta 42 (1907), f. 78, e busta 119 (1914), f. 909.

94 ASV, Segr. Stato, 1911, rubr. 12, fasc. 11, ff. 67-68; 1914, rubr. 9, fasc. 2, ff. 25-26. Per gli scalabriniani a Boston, vedi anche ASV, DASU, X, fasc. 119.

95 ASV, DASU, IX, Little Rock, fasc. 3 e 34.

96 ASV, Segr. Stato, 1913, rubr. 16, fasc. 7, ff. 29-32; 1914, rubr. 1, fasc. 10. Per la scuola italiana delle battistine nella diocesi di Albany, cfr. ASV, S.C. Concistoriale. Relationes Dioecesium, fasc. 24.

97 ASV, Segr. Stato, 1914, rubr. 18, fasc. 11, ff. 64-67.

98 ASV, DASU, IX, Syracuse, fasc. 1.

99 Vedi la supplica di Giovanni Scagnelli di Brockton, Massachusetts, in ASV, Segr. Stato, 1914, rubr. 18, fasc. 4, f. 57.

100 Cfr. Matteo Sanfilippo, La question canadienne-française dans les diocèses de la Nouvelle-Angleterre, 1892-1922: les sources documentaires romaines, in Canada ieri e oggi 2, II, Sezione storica e geografica, a cura di Massimo Rubboli e Franca Farnocchia Petri, Fasano, Schena, 1990, pp. 62-63.

101 ASV, Segr. Stato, 1904, rubr. 100, fasc. 1, ff. 118-122. I franco-canadesi contraccano sottolineando in più di una occasione l’ambiguità dei rapporti tra O’Connell e De Luca, cfr. ASV, Fondo Benigni, scatola 18, ff. 394-406. Al di là di specifiche collusioni, l’alleanza tra italiani e irlandesi sembra ricorrente. Anche in Canada troviamo che gli italiani di Montréal si appoggiano agli irlandesi contro i franco-canadesi, cfr. ASV, ANC, scatola 27, fasc. 17, e 29, fasc. 29.

102 Vedi ASV, Segr. Stato, 1914, rubr. 18, fasc. 2, ff. 6-11. Cfr. N. J. Russo, Three Generations of Italian in New York City: Their Religious Acculturation, in The Italian Experience in the United States, a cura di Silvano M. Tomasi e Madeline H. Engel, New York, Center for Migration Studies, 1970, pp. 195-209; Italians and Irish in America, a cura di Francis X. Femminella, New York, The American Italian Historical Association, 1985; James Hennessey, Italian Immigration and the Church in the United States, in Scalabrini tra vecchio e nuovo mondo, cit., pp. 431-442.

103 ASV, Segr. Stato, 1912, rubr. 221, fasc. 2, ff. 149-175.

104 ASV, Segr. Stato, 1914, rubr. 283, fasc. 14.

105 ASV, Segr. Stato, 1914, rubr. 1, fasc. 18, ff. 117-118. Vedi inoltre ASV, DASU, XII, fasc. 96, sugli Indipendent Sons of Italy dal 1913 al 1921, e XIV, fasc. 23 sull’Unione Cattolica Italiana di New York dal 1917 al 1919. Cfr. Rudolph J. Vecoli, Italian religious organizations in Minnesota, “Studi Emigrazione”, 66 (1982), pp. 191-200, e Gianfausto Rosoli, Insieme oltre le frontiere. Momenti e figure dell’azione della Chiesa tra gli emigrati italiani nei secoli XIX e XX, Caltanissetta-Roma, Sciascia, 1996.

106 ASV, Segr. Stato, 1921, rubr. 251, fasc. 16, ff. 61-62.

107 ASV, ANC, scatola 4, fasc. 21; DASU IX, Boston fasc. 61, nel 1910. Talvolta tale atteggiamento del clero, spinge immigrati e ambasciatori italiani a lagnarsi presso il delegato, cfr. ASV, DASU, IX, Detroit, fasc. 109, e IX, Rochester, fasc. 29. Cfr. P.R. D’Agostino, Rome in America, cit., capp. I e II.

108 ASV, DASU, X, fasc. 659a. Cfr. M. Sanfilippo, L’affermazione del cattolicesimo, cit., cap. V. La partecipazione, provata o meno, ai festeggiamenti per il XX Settembre diviene motivo di confronto fra religiosi, vedi la polemica tra missionari di S. Carlo, salesiani e altri in ASV, Segr. Stato, 1894, rubr. 17, ff. 116-139.

109 Come nei casi della nave da guerra giunta negli Stati Uniti e del viaggio di Ernesto Nathan, ex-sindaco di Roma: cfr. ASV, Segr. Stato, 1919, rubr. 251, fasc. 3, ff. 46-51, e 1920, rubr. 251, fasc. 12, ff. 69-72, nonché M. Sanfilippo, Una lettera dal Manitoba, cit. Cfr. infine P.R. D’Agostino, Rome in America, cit., cap. III.

110 ASV, ANC, scatola 30, fasc. 17.

111 ASV, S.C. Concistoriale. Relationes Dioecesium, fasc. 734, St-Boniface.

112 ASV, Segr. Stato, 1909, rubr. 36, fasc. 11, ff. 182-219; ASV, DASU, II, fascc. 127/1-4.

113 Vedi per esempio ASV, Segr. Stato, 1919, rubr. 25a, fasc. 3, ff. 13-25.

114 ASV, ANC, scatola 183, fasc. 19/1-2, e Segr. Stato, 1909, rubr. 36, fasc. 7. Per i rapporti di Sbarretti con i prominenti di Montréal, cfr. ASV, ANC, scatola 180, fascc. 27 e 59.

115 ASV, ANC, scatola 128, fasc. 1/2.

116 ASV, DASU IX, New York, vecchia serie, fasc. 109, e IX, Providence, fasc. 50, nonché ASV, Segr. Stato, 1914, rubr. 18, fasc. 12, ff. 21-55. Questi documenti sono da inquadrare nel contesto analizzato da Edward C. Stibili, The Italian St. Raphael Society for the Protection of Italian Immigrants in the United States, in Scalabrini tra vecchio e nuovo mondo, cit., pp. 469-480.

117 Vedi infra, cap. quinto, per i documenti che prendiamo in esame nelle righe che seguono.

118 Vedi ASV, DASU X, fasc. 595, nonché ASV, Segr. Stato, 1914, rubr. 18, fasc. 9, ff. 45-73 e 85-154, e fasc. 11, ff. 55-63. Cfr. inoltre Gianfausto Rosoli, La federazione “Italica Gens” e l’emigrazione italiana oltreoceano 1909-1920, “Il Veltro”, XXXIV, 1-2 (1990), pp. 87-99, e Silvano M. Tomasi, Fede e patria: the “Italica Gens” in the United States and Canada, 1908-1936. Notes for the history of an emigration association, “Studi Emigrazione” 103 (1991), pp. 319-340.

119 ASV, ANC, scatola 10, fasc. 5, scatola 81, fasc. 2, scatola 81, fasc. 7, scatola 96, fasc. 1, scatola 99, fasc. 1; ASV, DASU, XVI, 99.

120 ASV, ANC, scatola 24, fasc. 1.

121 ASV, ANC, scatola 131, fasc. 2.

122 ASV, ANC, scatola 129, fasc. 14.

123 Giovanni Pizzorusso e Matteo Sanfilippo, Viaggiatori ed emigranti. Gli italiani in Nord America, Viterbo, Sette Città, 2004.

124 APF, Congressi America Centrale, voll. 9-14 (1827-1848).

125Fonti ecclesiastiche romane, cit., pp. 620-621. Su Inglesi è anche aperto un fascicolo al S. Uffizio, si tratta per altro di uno dei primi dossier sugli Stati Uniti: Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede, S. Uffizio, Rerum Variarum 1814-1830, nr. 53 (Filadelfia).

126 Giovanni Pizzorusso, Grassi, Giovanni Antonio, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 58, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 2002, pp. 625-628.

127 APF, SOCG, vol. 1018 (luglio-dicembre 1883), ff. 1048-1050, e Gennaro de Concilio, Su lo Stato Religioso degl’Italiani negli Stati Uniti d’America, New York, Tipografia, J.H. Carbone, 1888. In questo libro raccoglie statistiche sugli italiani e suggerisce rimedi per la loro “drammatica” situazione. La pubblicazione ha molta eco in Italia ed è ampiamente recensita su “La Civiltà Cattolica”, serie XIII, vol. XI (settembre 1888), pp. 641-653.

128 M. Sanfilippo, L’affermazione del cattolicesimo, cit., pp. 165-166 e 194-200.

129 Per la corrispondenza con Falconio, vedi ASV, ANC, scatola 157, fasc. 1/4, e LBF, nr. 1377. L’arcivescovo Farley riferisce sul viaggio a New York in APF, Nuova Serie, vol. 411 (1907), ff. 721-738. La corrispondenza con il pontefice e Bressan è in ASV, Archivio Particolare di Pio X, busta 18 (dicembre 1905), ff. 799-803. Pugliatti torna alla carica l’anno successivo, assicurando di avere l’appoggio dei vescovi locali e dei salesiani, ma Bressan lo rimanda a Propaganda, frenandolo nuovamente: ibid., busta 21 (marzo 1906), ff. 453-454.

130 Antonio Perotti, Il Pontificio Collegio per l’Emigrazione Italiana 1920-1970, Roma, Pontificio Collegio, 1970.

131 Nel 1855 Jeremy Cummings, ex-alunno del Collegio di Propaganda, scrive a Roma di aver incontrato a New York Nicola Marcocci, canonico di Frosinone scomunicato per essere stato nominato amministratore dell’abbazia di Trisulti dalla Repubblica Romana. Il sacerdote statunitense intercede per il religioso italiano e lo fa assolvere l’anno successivo. Marcocci non deve, però, rientrare in Italia e viene mandato nella diocesi di Lione in Francia. APF, Congressi, America Centrale, vol. 17 (1855-1857), ff. 360-361, 617-618 e 624-625. Cummings è un informatore prezioso e riferisce anche le vicissitudini americane di esuli di lunga data, come Felice Foresti, o più recenti come Giuseppe Avezzana, ibid., vol. 15 (1848-1851), ff. 205r-208v e 1289r-1289Ar.

132 Cfr. infra, capitolo quarto, ed Emilio Franzina, Gli Italiani al Nuovo Mondo. L’emigrazione italiana in America, 1492-1942, Milano, Mondadori, 1995, pp. 215-233.

133 Nell’Archivio Generale dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, H 10, cartella “America Sept-USA (saec. XIX)”, troviamo documenti su Persico.

134 ARSI, Assistenza America Settentrionale, 1004, New Orleans (1906-1918), fasc. 18 Tampa; 1001, California (1909-1921), fasc. 4-5.

135 Gianfausto Rosoli, Archivio dei Missionari di S. Carlo (Scalabriniani), in Fonti ecclesiastiche romane, cit., pp. 693-697, e Luigi Cei, Archivio Salesiano Centrale, ibid., pp. 700-702.

136 Maria Susanna Garroni, Archivio Generale della Società per l’Apostolato Cattolico (Pallottini), ibid., pp. 703-705.

137 ASV, Archivio Particolare di Pio X, buste 4, 6, 13, 17, 23, 30, 43, 50, 62, 67, 75, 88.

138 Maria Susanna Garroni, Cristina Mattiello, Caterina Ricciardi ed Elisabetta Vezzosi, Identità femminile e americanizzazione: l’esperienza delle suore italiane negli Stati Uniti, in Società italiana delle storiche, Donne sante, sante donne. Esperienza religiosa e storia di genere, Torino, Rosenberg & Sellier, 1996, pp. 309-334; E. Vezzosi, Mediatrici etniche e cittadine: le Maestre Pie filippini negli Stati Uniti, in Santi, culti, simboli nell’età della secolarizzazione (1815-1915), a cura di Emma Fattorini, Torino, Rosenberg & Sellier, 1997, pp. 495-514; M.S. Garroni, “Immigrants women religious: A Splintered Ethnic and Spiritual Identity” ovvero le pallottine: le molteplici identità di una istituzione religiosa femminile, in America and the Mediterranean, a cura di Massimo Bacigalupo e Pierangelo Castagneto, Torino, Otto Editore, 2003, pp. 227-236; C. Mattiello, Salesian Sisters of don Bosco, ibid., pp. 237-245.

139 Oltre ai riferimenti offerti in questo capitolo alle lettere di madre Cabrini e ai movimenti delle clarisse, possiamo ricordare che si accenna alle Maestre Pie Venerini in relazione a Waterbury, Connecticut, in ASV, Fondo Benigni, scatole 50 (7064) e 53 (dossier 8100-8101), e alle Maestre Pie Filippini che partono per l’America in Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e Itineranti, Altre posizioni, 1220/14.