L’epoca della Grande Emigrazione III° Parte

Monsignor Gaetano Bedini e l’emigrazione verso le Americhe

Il primo contatto di Gaetano Bedini con gli immigrati europei nel Nuovo Mondo avviene per caso. Dopo essere stato uditore della nunziatura di Vienna dal 1838, è promosso internunzio in Brasile il 28 ottobre 18451. Ritorna quindi a Roma, riceve le istruzioni per la sua missione e si imbarca a Civitavecchia2, dove in extremis Propaganda lo incarica d’indagare sulle accuse di eccessiva venalità rivolte al clero brasiliano3. Sbarca in Brasile nella seconda metà del gennaio 1846 e si dedica alle indagini sul clero locale e sulle missioni dei cappuccini4. Inoltre tiene Roma costantemente informata sulla guerra tra Argentina e Uruguay5.

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L’epoca della Grande Emigrazione II° Parte

La documentazione della Santa Sede sugli italiani in Nord America1

1. L’archivio storico della Congregazione “de Propaganda Fide” contiene pochi riferimenti alla presenza italiana nel Nord America sei-settecentesco. In compenso il materiale aumenta esponenzialmente mano a mano che ci si inoltra nell’Ottocento. D’altronde già subito dopo la Rivoluzione americana troviamo traccia di un nuovo interesse. Nel 1788 per esempio Propaganda scrive a John Carroll, vescovo di Baltimora, che un prete romano, Paolo Moretti, sta studiando l’inglese per varcare l’oceano e nei primissimi anni dell’Ottocento abbiamo diverse segnalazioni su sacerdoti italiani che hanno compiuto questo viaggio2. Inoltre nel 1809 la congregazione raccoglie informazioni sul francescano Antonio Lonigo, che si trova in Canada3.

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L’epoca della Grande Emigrazione I° Parte

Per  una storia degli italiani in Nord America

Negli ultimi venticinque anni diversi progetti di ricerca canadesi, italiani e statunitensi hanno permesso di catalogare la maggior parte delle carte relative al Nord America negli archivi della Santa Sede e in quelli di alcuni ordini e congregazioni religiose. In particolare tra i primi sono stati schedati: l’Archivio Segreto Vaticano, la sezione manoscritti della Biblioteca Apostolica Vaticana, l’archivio storico della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli o “de Propaganda Fide”, l’archivio della Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari, gli archivi del S. Uffizio e dell’Indice presso la Congregazione per la Dottrina della Fede, infine, sia pure sommariamente, l’archivio del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti.
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L’emigrazione lucana in età contemporanea Evoluzione e ricerca storiografica

A differenza di altre regioni in Basilicata l’emigrazione rappresentò sicuramente il fenomeno che, più di ogni altro, ne cambiò il volto, spopolandola ampiamente e privandola delle sue forze più importanti. Secondo Francesco Saverio Nitti questo enorme movimento migratorio, che non ebbe precedenti nella storia italiana, costituì la causa modificatrice più profonda dell’assetto economico, morale e sociale del meridione, all’infuori di ogni influenza del Governo e della borghesia1.

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Gli italiani in Brasile – VII parte

La nuova emigrazione degli anni cinquanta e sessanta

Nel secondo dopoguerra l’emigrazione italiana verso il Brasile registra nuovamente un consistente saldo positivo. Nel 1946 l’emigrazione è appena pari a 603 unità (contro 97 rimpatri), ma già l’anno successivo varca le 4.000 (contro 1.142 rimpatri) e nel 1951 le 9.000 (contro poco più di 2.000 rimpatri). Nel frattempo è risolto il contenzioso tra Italia e Brasile sui beni sequestrati a cittadini italiani durante la guerra e nell’accordo ratificato a Rio de Janeiro l’8 settembre 1949 è prevista la costituzione di una compagnia di colonizzazione e immigrazione mista, finanziata dall’Italia utilizzando anche i capitali appena sbloccati in Brasile. Nel 1952-1954 partono dalla Penisola rispettivamente 17.026, 14.328 e 12.949 emigranti, mentre sommando i dati dei tre anni i rimpatri non superano complessivamente le 10.000 unità. Il movimento delle partenze inizia a scendere dal 1955 (8.523 emigranti contro 2.592 rientri), ma si mantiene sopra le 1.000 unità sino al 1962, quando, però, i rientri sono 1.477. Nel corso dei restanti anni sessanta il saldo migratorio è sempre negativo e le partenze dall’Italia sono inferiori al migliaio. Questa cifra è nuovamente superata soltanto alla metà degli anni settanta, quando il saldo migratorio torna brevemente attivo.

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Gli italiani in Brasile – VI° parte

La comunità italiana in Brasile tra gli anni trenta e gli anni quaranta

Negli anni trenta giungono dall’Italia tra i 1.000 e i 1.700 immigrati, cifre che non bastano a sopravanzare i rientri, cosicché gli effettivi della comunità italiana scendono da 435.000 nel 1930 a 325.000 nel 1940. Nel decennio successivo poi la guerra e il secondo doloroso dopoguerra impediscono un’immediata ripresa dei flussi migratori. D’altra parte la crisi dell’economia brasiliana è accompagnata da quella politica e il paese non sembra offrire speranze di un facile inserimento.
Al termine degli anni venti la vecchia oligarchia è infatti in difficoltà, mentre si accentuano gli scontri tra il personale politico, amministrativo e militare e s’inaspriscono i contrasti tra i singoli stati. Nel 1930 Julio Prestes, candidato della previa amministrazione, vince le elezioni presidenziali contro Getulio Vargas, governatore dello stato del Rio Grande do Sul e rappresentante di un nuovo movimento politico, Alliança Liberal. La vittoria è, però, frutto di brogli elettorali e i seguaci di Vargas depongono il presidente, sostituendolo con il loro leader. Si tratta di una sorta di seconda rivoluzione che viene confermata dalle elezioni del 1934. A questo punto Vargas promulga una nuova costituzione, che rafforza il potere del governo federale e che gli permette di eliminare l’opposizione e di riorganizzare il paese come uno stato corporativo, simpatizzante con Italia e Germania.

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L’emigrazione lucana in età contemporanea

Evoluzione e ricerca storiografica

A differenza di altre regioni in Basilicata l’emigrazione rappresentò sicuramente il fenomeno che, più di ogni altro, ne cambiò il volto, spopolandola ampiamente e privandola delle sue forze più importanti. Secondo Francesco Saverio Nitti questo enorme movimento migratorio, che non ebbe precedenti nella storia italiana, costituì la causa modificatrice più profonda dell’assetto economico, morale e sociale del meridione, all’infuori di ogni influenza del Governo e della borghesia1.

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L’emigrazione italiana in Belgio nel secondo dopoguerra vista attraverso la televisione.

Per potere valutare le modalità e il livello d’integrazione nella società d’arrivo è particolarmente interessante soffermarsi sul posto che occupano gli immigrati italiani nei mass media del paese di accoglienza. Quale importanza ebbero nella “rappresentazione” mediatica della società belga?

Il Belgio alla fine della seconda guerra mondiale necessitava di una nuova mano d’opera, poco qualificata e disposta e scendere in miniera, cosa che gli operai belgi non erano più disposti a fare. Questa domanda di mano d’opera venne colmata dagli operai stranieri, in particolare da italiani sopratutto nel primo decennio post-bellico. L’Italia è la prima nazione ad inviare i suoi uomini a lavorare in Belgio nell’ambito di accordi bilaterali per lo scambio tra mano d’opera e carbone. Il Belgio impiegò in seguito mano d’opera in prevalenza dai paesi mediterranei in ritardo economico.

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