Le elezioni politiche italiane del 9 aprile 2006 in Germania

Diciamo la verità. Noi italiani che viviamo in Germania eravamo convinti che soltanto una minoranza dei circa 650 mila italiani qui residenti avrebbe votato. Prima ancora che ci giungessero a casa i plichi con le schede elettorali, ci venivano in mente le percentuali ridicole (meno del 10%) della partecipazione a scadenze importanti come le consultazioni amministrative comunali tedesche, alle quali noi stranieri comunitari siamo ammessi, oppure le cifre ancora più basse del voto per eleggere i Comitati consultivi degli stranieri (organismi a livello locale). Tutte esperienze diventate lo specchio di un disinteresse sconcertante e pericoloso dei nostri connazionali.
Un altro “dubbio” della vigilia era la domanda: a cosa serve avere una rappresentanza al Parlamento di Roma, quando non ne abbiamo una a Berlino? Al Bundestag la comunità turca ha cinque rappresentanti, quella italiana zero. Gli italiani sono arrivati in Germania, con in mano i primi contratti di lavoro per l’industria e l’agricoltura tedesche, ben cinquanta anni fa e le condizioni della loro vita vengono dettate dalla politica tedesca, non da quella italiana.
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Il voto italiano all’estero: dossier

Introduzione

Si ritorna a parlare con particolare insistenza del voto da accordarsi agli italiani all ’estero che non lo domandano, mentre, ben altre, finora insoddisfatte, loro rivendicazioni non sono riuscite a trovare in Italia cervelli e cuori che le ascoltassero1.

 

Con queste parole il “Bollettino quindicinale dell’emigrazione” annunciava nel marzo 1956 la propria contrarietà al voto ai residenti all’estero. Il dibattito, nella primavera del 1956, si era fatto particolarmente intenso in coincidenza con le discussioni più generali sulle riforme legislative sull’emigrazione. Il mondo degli “addetti ai lavori” tuttavia sembrava particolarmente scettico sulla questione, tanto che non solo il “Bollettino quindicinale” ma anche la rivista “Italiani nel mondo” – attraverso un articolo del direttore, Leonida Felletti – espresse una posizione contraria:
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