Gli italiani in Brasile – III° parte

La grande emigrazione verso il Brasile

E’ invalso da tempo l’uso di definire gli anni dal 1870 al 1915 come quelli della “grande emigrazione” italiana. Si tratta infatti di un periodo, nel quale gli agenti d’immigrazione delle due Americhe trovano una forte rispondenza nel mercato delle braccia italiane e nel quale reti informali (familiari, comunali e persino provinciali) provvedono un continuo ricambio di partenti. In tale periodo si possono distinguere tre fasi: la prima, che si protrae dal 1870 al 1890, vede la preminenza dell’Argentina come meta migratoria; la seconda, che copre quasi tutto l’ultimo decennio del secolo, assegna al Brasile la palma di paese preferito; infine a partire dal 1898 l’irrobustirsi del flusso dall’Italia meridionale trasforma gli Stati Uniti nell’America per eccellenza, ma non dimentica neanche gli altri paesi americani.
Il Brasile è quindi la meta principale dal 1890 al 1898, ma anche nella prima e nella terza, delle fasi appena descritte, attrae una cifra non disprezzabile d’immigrati italiani. Questi tendono inoltre a stabilirsi nella nuova patria, in aperto contrasto con quanto avviene nel Nord America. Vedremo più avanti ragioni e caratteristiche di tale sviluppo. Per il momento è interessante notare come l’emigrazione italiana verso il Brasile tra il 1870 e la grande guerra possa essere ulteriormente suddivisa in base alle aree di arrivo e alle occupazioni prescelte dagli immigrati. Tra il 1876 e il 1896 un’immigrazione eminentemente agricola porta gli italiani a dissodare le terre delle province, poi stati, di Santa Caterina, Paraná e Rio Grande do Sul. Dopo il 1885 e almeno sino al 1901 molti si recano a coltivare il caffè nello stato di San Paolo: parte di questi emigranti rientra poi in Italia; altri preferiscono restare, ma rifluiscono lentamente verso i centri urbani. Questo abbozzo di filone urbano-centrico si protrae nel primo quarto del secolo e trova sbocchi secondari negli stati di Espirito Santo e Minas Gerais: anche in queste zone e anche nel Novecento, però, gli impieghi agricoli affiancano sempre quelli industriali o commerciali.

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Per una storia politica dell’Emigrazione

L’emigrazione fascista e neofascista nel secondo dopoguerra (1945-1985)

1. Premessa
Fino ad alcuni anni fa in una rassegna sull’emigrazione politica italiana l’inclusione di un saggio dedicato agli espatri dei fascisti dopo il 1945 e al ruolo da essi svolto all’estero, nelle comunità di connazionali, sarebbe probabilmente stata considerata una bizzarria.

Dei fascisti emigrati si erano infatti perse completamente le tracce già pochi anni dopo la conclusione della seconda guerra mondiale, quando la vittoria democristiana del 18 aprile 1948 sancì la definitiva chiusura della resa dei conti con il fascismo in tutte le sue articolazioni legali e non (giustizia sommaria, processi per collaborazionismo, epurazione degli apparati dello stato). L’anticomunismo divenne la cifra dei nuovi governi centristi e l’antifascismo fu costretto sempre più sulla difensiva. Le responsabilità e le colpe individuali erano già state cancellate, in nome della pacificazione nazionale, dall’amnistia del giugno 1946; quelle collettive del paese durante il fascismo furono rimosse.
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Gli Italiani in Brasile – II° parte

I prodromi della grande immigrazione (1848-1870)

Nonostante le preoccupazioni di Gaetano Bedini la presenza italiana in Brasile non aumenta tra la fine degli anni quaranta e gli anni sessanta dell’Ottocento, né i pochi immigrati italiani attirano l’attenzione degli evangelizzatori protestanti. Inoltre, negli stessi decenni, l’attività politica dei nostri esuli diminuisce notevolmente nell’impero luso-americano: il baricentro dell’emigrazione politica si sposta infatti verso Buenos Aires e New York.

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Gli italiani in Brasile – I° parte

I primi tentativi

La storia degli italiani in Brasile ha una genesi molto antica, che troppo spesso è tralasciata nelle storie dell’emigrazione. E’ invece importante per quanto ci permette di capire sulle modalità iniziali degli scambi tra due realtà apparentemente assai lontane.
Nel 1587 Ferdinando de’ Medici, già cardinale di Santa Romana Chiesa, succede al fratello Francesco I, morto senza eredi legittimi. Il nuovo granduca di Toscana abbandona lo stato ecclesiale e diviene in poco tempo uno degli uomini più ricchi d’Europa. Nell’arco di qualche anno intreccia una fitta rete di relazioni diplomatiche e commerciali. Appoggia Enrico di Navarra, il futuro Enrico IV di Francia, contro gli spagnoli; segnala ad Elisabetta d’Inghilterra la data di partenza dall’Avana della flotta spagnola, attesa al varco dai corsari della regina; finanzia la guerra contro i turchi dell’imperatore Rodolfo II d’Asburgo; invia emissari allo zar Boris Godunov.

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Gualdo mig. fest.

 

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II edizione

3 – 4 – 5 – 6 luglio 2008
Gualdo Tadino

Gualdo mig. fest. Storie e musiche migranti, si propone di avviare un processo di conoscenza come forma d’arricchimento e scoperta delle proprie identità e radici in rapporto con le altre culture. Una piccola finestra sul mondo, in cui da secoli popoli, lingue e tradizioni, si fondono per dar vita a nuovi processi di contaminazione culturale.

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Le politiche migratorie italiane, ieri ed oggi. Strategie e problemi a confronto

Il 15 maggio scorso si è tenuto presso il CSER di Via Dandolo l’incontro di “letturE dialoghi” dedicato alle politiche migratorie italiane. Occasione è stata la recente pubblicazione di due studi di argomento affine, (Michele Colucci, Lavoro in movimento. L’emigrazione italiana in Europa (1945-57), Roma, Donzelli editore, 2008; Luca Einaudi, Le politiche dell’immigrazione in Italia dall’Unità ad oggi, Roma-Bari, Laterza 2007) ma differenti per ottica disciplinare e per il periodo considerato.
Il quadro dell’attualità centrato sul tema “immigrati-sicurezza” ha offerto lo spunto per alcune considerazioni con cui P. Lorenzo Prencipe, Presidente del CSER ha aperto il pomeriggio. Si tratta in primo luogo di tener conto del divario spesso elevato esistente tra realtà e percezione dei fatti, come ampiamente dimostrato da sondaggi recenti sul tema della sicurezza: divario che compromette l’efficacia delle soluzioni e che dovrebbe essere tenuto nel debito conto. Di fronte al crescente numero di persone disposte a partire e ad una disponibilità all’accoglienza sempre più limitata, sono necessarie politiche migratorie mirate, che adottino “un approccio integrato e non la repressione poliziesca”.

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